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Vorrei che la poesia, avesse la consistenza di un sasso, dura e materica, in sé dovrebbe conservare la memoria di una incandescenza. Allo stesso tempo, avere il potere di saperla scagliare, di avere uno scatto, un’intuizione che le doni leggerezza, la faccia planare come sul filo dell’acqua. Nella possibilità di cedere, tra il peso e il volo, trovare un equilibrio. Farla arrivare lontano, il più possibile, fare un buco, affondare.


Infine non ho scelto
c’è stato un solo autunno
un solo sangue venire
di ruggine
una gola secca
annodarsi al nero.

Eppure l’amore era uguale
non somigliava mai all’ombra.

*

Quale sereno oggi. Quale sperpero
di tutti gli spazi e inchiostri azzurri.

Dove luce più luce, deserto di ombre
io rimango vaga, così stretta a convivermi.

*

Qualcosa sempre sfugge alle congiure
il cielo grigio cifra ogni cosa lontana
che a perdita d’occhio non c’è estate.

Eppure per un dono di radici
avvampa la carne delle rose

-e tu che dicevi di sparire.


Paola Di Toro, nata a Campobasso nel 1975, dove vive e lavora. Specializzata in Criminologia, ha fatto ricerca nell’ambito di progetti e sperimentazioni. Nello specifico si è occupata di violenza di genere, violenza sui minori, disturbi del comportamento, traffici illeciti. Ha avuto esperienza giornalistiche, anche televisive, in testate ed emittenti della propria regione. Coltiva la passione per la scrittura dall’adolescenza, ha partecipato a concorsi letterari, ricevendo premi e menzioni. Partecipa a presentazioni di opere letterarie ed è stata convocata nella giuria del Premio L’inedito, sulle tracce del Sanctis, per due edizioni consecutive e nella giuria del Premio Ciafardini. Ha pubblicato, nel 2022, la sua prima silloge, Stato liquido, con Delta3 edizioni.


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