NICOLA ROMANO DELLA POESIA DICE

Dire della poesia in genere, o volerne dare una probabile sua connotazione, è impresa davvero ardua. Per dirla con Montale, sapremmo meglio soffermarci sulla sua antinomia e quindi elencare in abbondanza tutto ciò che invece non è poesia, e in tal maniera sapremmo essere di gran lunga più precisi. Allora, penso che per potere accennare ad una pur minima correlazione sia necessario parlare dell’essenza della poesia con una certa autorefenzialità, perché ognuno di noi ha un diverso “sentire” e un differente approccio con essa. Per quel che mi riguarda, e senza enfasi, parlare in generale della poesia per me vuol dire esprimermi su di una materia che, intimamente, da tempo mi è compagna (da cum panis = condividiamo lo stesso pane), dal momento che essa ha permeato più della metà della mia vita, fino a diventare un luogo neutrale ed estraneo a quella che è la realtà quotidiana, sicuramente una “patria” in cui mi sono rifugiato e dove finora ho vissuto bene perchè ha rappresentato uno spazio in cui, in buona sostanza, mi sono sempre organizzato senza condizionamenti, e come meglio ho creduto.

Certo, mi sarei aspettato che la poesia – intesa come ricca metafora per quello che è il riconoscimento delle bellezze da assegnare alla vita – fosse risultata più incisiva in ambito sociale, ma tant’è;  in mezzo a troppa e ineludibile dispersione la poesia oggi più che mai rappresenta veramente una “pratica” privilegiata per mettersi in contatto con se stessi – unici interlocutori affidabili – e tentare una necessaria operazione di salvaguardia, se non altro per poter conservare intatta quella logica e quelle aspirazioni esistenziali messe a dura prova da un consorzio umano attualmente instabile perché turbato da infinite “preoccupazioni”. Quindi, è da ritenere molto importante il fatto che attraverso la poesia ci si affaccia nella parte meno esplorata di se stessi, ed è cosa buona se alla fine un testo riesce ad offrire – col necessario intreccio autore/lettore – una seppur minima “rivelazione”, un qualche nuovo scenario interiore, una tal cosa che poco prima non si sapeva, sia essa anche una semplice conquista lessicale.

LA SUA POESIA CI DICE

da “Tra un niente e una menzogna” (Passigli editori, ottobre 2020)

Une femme blessée
(a Camille Claudel)

Davvero troppo ingrata
l’epopea che ti calò nell’ombra
come una barca fradicia alla cala
e strinse la mordacchia ad un talento
che movimenti dava alla passione
Ferita dagli inganni
e dagli amori instabili e inquieti
donavi la tua anima alle forme
che portavano in seno
il tuo tormento
e forse orgoglio fu la solitudine
che presto avvolse
il corpo e la tua voce
quando un bel sogno poi
diventa inferno
Ma femmina rimani
donna e amante
ora che tardi arriva il tuo dolore
per quella libertà mai rassegnata
fino all’ultima lacrima d’argilla

Meraviglia

È bello stare qui
non manca nulla
confabulo col sole
che scalda le finestre
le vie sono un teatro
dove tutto è palese
e quel che busco
è più del necessario
per mantenere lune
sempre accese

D’intorno strappo
cespi di parole
che poi sminuzzo
come vuole il cuore
e a compendio
di tanta meraviglia
accanto a me trattengo
corbezzoli ed aloe

e una valigia piena
per fuggire

 

(un inedito)

Straniamento

Potrei anche non essere
anzi non sono
e se mi vedi andare
con passo immateriale
sono davvero io
tremolio d’una assenza
o corpo inconsistente
che s’atteggia a presenza
insomma nube informe
che in quota non s’addensa

perciò presto componimi
ritrovami un’essenza
procurami salvezza
dammi due venature
lucenti e irregolari
come nel marmo rosso
degli altari


DICONO DI LUI E DELLA SUA POESIA

Gesualdo Bufalino: Versi dignitosi e sensibili, in cui trovo una sensuosità tutta mediterranea che non dispiace ai miei gusti.  

Maurizio Cucchi: Poesia che ha la capacità di accogliere un rigoglìo di vive immagini e di metafore.                                                 

Mario Luzi: Ho letto i suoi amori lunari, astrali e panici, provando molta “simpatia”.                                           

Dante Maffia: Romano sa guardare il mondo con sapienza, traendo alimento per tracciare le linee d’un contesto intasato di cose, avvenimenti, sentimenti, il tutto detto con il passo felpato d’una carezza.                   

Sergio Endrigo: I suoi testi manifestano una limpidezza di sentimenti ed una felice intuizione dentro le complesse immagini dell’amore. Inoltre la musicalità del verso rende molto espressivi i suoi momenti di poesia.

Roberto Pazzi: Mi colpisce il dono naturale dell’endecasillabo, che si allinea all’esercizio e allo studio della tradizione lirica più alta che da Petrarca arriva, via Leopardi, a Saba.

Roberto Deidier: In Romano c’è come una patina sensoriale attraverso la quale i fenomeni giungono al soggetto, per essere filtrati e trasferiti sulla pagina.                      

NICOLA ROMANO E I POETI “INFLUENCER”

Così come l’assassino lascia sempre qualcosa di sé sul luogo del delitto, anche i poeti penso che lascino su chi li legge l’impronta della loro consistenza espressiva. Più che ricordare un verso in particolare, dalle letture intraprese mi è capitato di apprezzare molto talune “atmosfere” distintive, come – per esempio – la compostezza formale di un Alfonso Gatto, l’asciuttezza di Bartolo Cattafi, l’eleganza di Lucio Piccolo, l’incedere arioso e semplice di Giorgio Caproni o il dire a vasto raggio di T.S. Eliot. Qualche “contaminazione” potrebbe residuare – di certo inconsciamente – in chi scrive, ma sicuramente è sempre meglio assorbire e dimenticare, essere se stessi e non diventare mai epigoni di qualcuno.

In dono a Nicola e ai lettori di larosainpiù, di Giorgio Caproni da “Il conte di Kevenhuller”, 1986:

La Bestia assassina
La Bestia che nessuno mai vide.

La Bestia che sotterraneamente
– falsamente mastina –
ogni giorno ti elide.

La Bestia che ti vivifica e uccide.
…..
Io solo con un nodo in gola,
sapevo. E dietro la Parola.


Nicola Romano risiede a Palermo, dove è nato nel 1946. Giornalista pubblicista, collabora a quotidiani e periodici con articoli d’interesse sociale e culturale. Con opere edite ed inedite é risultato vincitore di diversi concorsi nazionali di poesia. Alcuni suoi testi hanno trovato traduzione in esperanto e su riviste spagnole, irlandesi e romene. Nel 1984 l’Unicef ha adottato un suo testo come poesia ufficiale per una manifestazione sull’infanzia nel mondo svoltasi a Limone Piemonte.

Con il circuito itinerante de “La Bellezza e la Rovina” ha partecipato a letture insieme a noti poeti italiani. È presente nella rubrica “Fahrenheit” di Radio Rai 3. Attualmente dirige la collana di poesia dell’editrice palermitana “Spazio cultura”.

Le sue ultime raccolte sono state pubblicate da Passigli editori e s’intitolano “D’un continuo trambusto” (2018), con la prefazione di Roberto Deidier e “Tra un niente e una menzogna” (2020), con la prefazione di Elio Pecora.