
Il dono
L’indugio merita ogni attimo
____di tempo
sull’osso
____laterale
__di entrambi gli alluci.
Seguire col respiro
i contorni
dei tuoi piedi
___mentre puntano
indefiniti un orizzonte
è ciò su cui
di questa scena
e panorami di personaggi
val la pena poggiare
ogni stanchezza
mentre al tatto
____delle mie mani
attendo
__il tuo arrenderti a me
Ferocemente
Recensioni e segnalazioni
Recensione di Felicia Buonomo su The Book Advisor
Nota di lettura di Nicola Romano
Nota di lettura di Salvatore Contessini
Nota di lettura di Franca Alaimo
Nota di lettura di Marvi Del Pozzo
Silvia Rosa su il manifesto
nel-morso-dellassenza-vivendo-con-il-presagio-della-fine-di-unepoca
Marvi Del Pozzo su ParolaPoesia
Sebastiano Adernò su L’EstroVerso

“Libro di argute sincerità, di dissimulata capacità letteraria: questo di Sblando offre i suoi momenti più forti quando – cedendo dai territori più sicuri della sagacia e della letteratura – quasi si perde, sgomento e quasi attonito, dinanzi a certe dismisure della esistenza. Intendo che una controllata composizione, una trama di riferimenti letterari tra gli assodati e conclamati non impediscono al tramviere «prestato alla poesia» di essere una «chiave da 14» che «tenta di stringere un bullone da 11». Il libro abita questa sproporzione, al limite tra l’ironico e il tragico. E la abita attraversando vari livelli del problema – già messo a fuoco da Montale – della inappartenenza. Che è poi il problema della poesia che nasce nell’ambito borghese contemporaneo, una poesia che sembra galleggiare in una espressione infinita e sfinita dell’io che appartiene solo a se stesso. Sblando una poesia del genere non la vorrebbe, ma tale sua volontà non si esprime come fanno altri – più facilmente – in una forzatura ideologica che interviene in modo esteriore sul corpo della poesia, bensì soffre interamente la situazione dall’interno.
Mi piace quando riconosce qualcosa che attorno a lui gli parla una lingua non immediatamente decrittabile in pensieri e riflessioni […] E questa capacità percettiva, viva, si sposa talora ai movimenti dettati da vivacità e da una certa acribia auto-riflessiva.
Il lavoro di questo scrittore disincantato e acuto, per il quale non esiste la felicità ma la speranza, mi pare rappresenti un libro che dice di un’epoca, di un noi, e non sia solo lo strano diario di un tramviere.”
(dalla prefazione di Davide Rondoni)
Siamo
Siamo le parole che non scriviamo
quelle che pronunciamo
siamo gesti tra i pensieri
la carica a molla di un orologio
da taschino
le poesie rubate ai malanni
di Ripellino
Siamo la voce che non sentiamo
nel diniego in trasparenza
di una amicizia
Siamo la luce infinita dei lucernari
la disciplina del sorriso di Mandel’stam
aperto come una strada,
non docile
non servo
Siamo l’assoluta ragione del consorte
la quiete nell’irrazionalità di una accusa
Perché voglio il silenzio in questa vita
l’urlo eterno nella mia discendenza
dopo la morte
(In copertina acquerello di Roberto Matarazzo)
RECENSIONI E SEGNALAZIONI Emilio Paolo Taormina su "Ogni volta che pronuncio te" Franca Alaimo su "Ogni volta che pronuncio te" Nicola Romano su "Ogni volta che pronuncio te" Lucio Zinna su "Ogni volta che pronuncio te" Maria Grazia Galatà su "Ogni volta che pronuncio te" Rita Pacilio su "Ogni volta che pronuncio te" Angela Greco su "Ogni volta che pronuncio te" Deborah Mega su "Ogni volta che pronuncio te" Daìta Martinez su "Ogni volta che pronuncio te"
Anteprima "Ogni volta che pronuncio te" sulla rivista L'EstroVerso "Ogni volta che pronuncio te" sul blog Rai News poesia di Luigia Sorrentino "Ogni volta che pronuncio te" su Irisnews di Chiara De Luca

“[…] due argomenti universali si trovano qui declinati con estrema precisione e determinatezza: lo spazio e il tempo. Così come il tema del tempo balza agli occhi con icastica urgenza nel titolo della silloge, in quella clessidra semivuota che è poi non a caso anche l’incipit di una poesia, parallelamente le due sezioni in cui si articola la raccolta, “Paesaggi possibili” e “L’altrove”, evocano immediatamente una spazia lità che si gioca tra la concretezza e la potenzialità.
E, come si è detto, questa geografia dell’anima che percorre i testi è ali mentata da riferimenti precisi e determinati, fra cui senza dubbio emer ge inconfondibile il profilo di Torino, la città dell’autore. Una Torino in dividuata con un’esattezza toponomastica e descrittiva che stempera il coinvolgimento emotivo dell’autore verso i paesaggi e i personaggi che animano le scene di vita urbana quotidiana. […] Il tempo esatto del passaggio degli autobus che si contrappone e completa un altro tempo, un tempo che sfugge e che spesso non si riesce a definire […]Le ore, gli attimi che sfuggono ritornano con una ricorsività che si fa qua si angoscia […](è) una figura di donna ad apparire al termine della raccolta (Esmeralda), una “sconosciuta” che piace pensare sia figura della poesia stessa.”
(Dalla prefazione di Serena Focaccia)
SENZA METAFORE
Hai chiesto come stai; ho risposto, felicemente indifeso.
E non importa se dovrò attendere il minuto che occorre
per respirare questo tuo continuo venirmi incontro.
Perché siamo testardi come il verde degli alberi
sui rettilinei della mia città e belli
come la scoperta di una canzone al primo ascolto
Mentre il letto non fa riposo e le lane sulla punta
dei nostri nasi scaldano ogni cosa prossima allo sguardo
noi rimaniamo fitti senza trovar metafore nel passare
su tutto quello che spontaneamente ci appartiene
Ed allontaniamo muri che non fanno case
giorni che non compiono anni
Una recensione di Giorgio Linguaglossa a "Due granelli nella clessidra" Una recensione di Emilia Barbato a "Due granelli nella clessidra"