Screenshot_20230211_100442
Per me scrivere poesie è sempre stato il tentativo di modulare un grido.

*un anatema* 

Tutti dovranno abbandonarti un giorno:
soltanto allora si compirà il bene 
supremo. Quando tutti quelli intorno 
che credi avviluppati alle tue vene 

come fossi tu cuore dentro un forno 
bruceranno il tuo cuore e cantilene
non ci saranno per il capo adorno 
della piccola Lara di benzene —

allora sì che sarai quella fiamma 
da far tremare i polsi della terra. 
Allora sì che sarai la bambina, 

la nutrice, la stella, la turchina
fata di fiabe, il contrario di guerra 
e distruzione: la donna che infiamma. 

*

*invano*

Ditemi in ogni lingua del mondo 
possibile la fuga dello scoiattolo,
la folta pelliccia delle volpi,
il branco dei lupi quando accerchia —
l’usignolo innamorato, il gatto 
sornione che ronfa poi graffia,
il cane gioia fattasi corpo e tartufo
che corre incontro e salta 
per una carezza da strappare. 

In ogni lingua del mondo voglio il suono
dell’umano che invano s’ingegna 
a fermare in qualche sillaba il bello. 

*

Quest’arte che è morire soli —
senza manifesti, senza clamori,
quest’arte di disperdersi nei cieli 
senza farne una questione privata…

Quest’arte che è morire soli
che è tua e degli altri animali 
stretti in una palla di pelo e di gelo 
nella canicola dell’ora più buia —
questa morte dice dell’amore — 
quest’arte che è morire soli. 


Lara Pagani è nata nel 1986 a Lugo, in provincia di Ravenna.
È laureata in lingue e letterature straniere. Scrive e legge poesie fin dalla prima adolescenza.