Dalla prefazione di Massimo Morasso

Oltre il confine delle cose certe

Fa piacere se in un libro di versi contemporanei troviamo nascosto in evidenza il pensiero di Simone Weil. La poesia, in generale, si nutre in primo luogo di sé stessa, ma è quasi sempre un bene se, nel percorso che porta dalla prima intuizione al compimento di un testo in bella forma, chi scrive ha l’umiltà di porsi di fronte a una riflessione rilevante, che quasi per forza di cose – per irradiazione? – può avvicinarla al centro della propria ispirazione. Scrive la Weil, nel 1943: ‹‹Il radicamento è forse il bisogno più importante e più misconosciuto dell’anima umana. È tra i più difficili da definire.›› E ottant’anni dopo, Annamaria Scopa nel dare il bel titolo di Radicanti a questa sua nuova raccolta poetica sembra quasi voler giocare con l’eco rifratto di tali affermazioni, chiamandoci subito a interrogarci sui motivi della scelta del vocabolo e invitandoci, al contempo, a spostare la nostra attenzione all’indietro – o meglio: all’indietro e all’indentro –, verso l’humus linguistico che dà sostanza semantica alla parola intesa, sentita, weilianamente, come specchio dell’anima […]

Come quando mi guardi
e hai una specie di dolore
dentro agli occhi
e fai rumore
o un traffico di stelle
e costruiamo insieme
argini per le formiche.
Un perimetro di terra
Tra ciottoli e ferite.
Dimmi che va tutto bene
fino alla pelle delle cose.

*

Dentro il petto, una gabbia per i silenzi
e qualche stagione
che nessuno si accorse era giusto dire.
Così restavo per non mancarmi
dove ogni cosa ha un posto che non trovo.
Fui bambina e madre,
strada di campagna e mare aperto
agnello sacrificale per l’altrui felicità
era un altro mondo
e le parole erano perno nella nebbia.
Tracce impercettibili di me
ovunque per fingere l’estate.

*

Preferisco il sonno della volpe.

Parlarti dello scarto della luce
che cova il mio sentire qui per terra.

Sono tra le piante diventate secche
quando penso.

In tutto identica a quella camelia che mi regalasti
e che morì per troppa acqua
o forse chissà, per troppo amore,
ché si vive per il troppo o il troppo poco.

È così che succede, un giorno ti svegli
nella vita breve delle cose
come se la mano imbrattata di dolore
toccasse foglie che un tempo erano felici.

Guarda quella bambina, dici
aspetta un mutamento.


Annamaria Scopa nasce a Vasto (Ch) in Abruzzo, ma ha vissuto prevalentemente a Roma. Attualmente vive e risiede a Genova. Dopo gli studi superiori si iscrive in conservatorio a Pescare dove studia canto lirico. L’amore per il canto, la musica e l’arte in genere fanno parte del suo modo di sentire. Ha partecipato a Reading, Poetry Slam, ha un profilo fb dove scrive sotto lo pseudonimo di Annawrite Annamaria Major. È presente in diverse antologie, le ultime: Nel corpo della voce edito da Controluna edizioni; Una furtiva lacrima, Poeti del tempo del dolore, curata da Vincenzo Guarracino, Di Felice edizioni. Collabora con diverse riviste, tra queste “Nova” Rivista d’arte e scienza di Antonio Limoncelli. Le sue poesie appaiono in diversi blog. Pubblica nel 2017 la sua prima silloge Dove nevicano le viole edito da Letteratura alternativa edizioni. Lavora come Education trainer nel mondo del beauty

 

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