getsemani

Prefazione di Roberto Deidier

Per questo niente che il niente
riapre, nel punto dove la vita
geme, muta presenza del mare,
i giorni della solitudine

I giorni del silenzio sull’adito della notte e che la notte dal silenzio rischiara quando nell’io scava quel vuoto che giunge al pensiero di sé come trasparenza conoscitiva dell’esperienza antropica della solitudine. Una solitudine che trova suo volto compiuto nel verso che l’accoglie all’interno del perimetro esistenziale di un piccolo oliveto qual è Getsemani, ultimo libro di Luca Pizzolitto, dove ogni parola ha esattezza di un sentire cristologico/umano, il suo significare viva e radicale lesione, tutta interiore, cresciuta in ombra sull’ombra di una pietra che in sé si schiude alla consapevolezza di un fiore odoroso di luce, l’antico fiore del canto.
Ed è un canto, questo, che ha bianca levità di neve quando sulla terra scende e di innocenza copre e scopre la ferita di Cristo spezzato dalla sete, la ferita dell’amore che non resta e quella dell’uomo nella livida luce dell’alba che pure si fa germoglio come gesto di preghiera, salmo di una rondine che segna sugli occhi l’impronta di Dio, il respiro che è Sua sete, e nostra vuota memoria dell’acqua nelle lunghe veglie d’inverno. Inverno quale sintomo di sottrazione di quel bagliore concepito nel giorno taciuto allo sguardo, proposito e sfioro di perdita e di assenza, e, ciò nonostante, àncora al principio di assoluto udire il ni-Ente nel silenzio custodito dal cuore.
Perché è il cuore la ragione aperta al mistero dell’esistente, interludio di quella distanza che designa la soglia tra l’incondizionato, quale sorgiva appartenenza al verbo, e la riflessione di una coscienza poetica avvertita nel sensibile avvicinarsi alla disarmata bellezza portata in dono al sacrificio delle mani tese e intese quale fonte aurorale di un tempo che cerca riparo nel vento.
Un tempo che ha compiuta sintesi nel coraggio di sapersi guardare dentro a una esperienza di assoluta gratuità di fronte alla verità fondativa dell’essere trama di una vita scelta e poi donata alla consistenza di un desiderio di redenzione attraverso la scrittura, il secondo esilio del poeta. In questa scelta, di attesa e contemplazione, lo spazio semantico del linguaggio, sensibile antesi di un discorso autentico ed essenziale come un soffio dove la mano si posa sul viso della vita.

Daìta Martinez

Cadono addosso i giorni,
aria pesa scalza consuma
la carne – nel tempo altro,
refusi d’ombra sulle tue mani,
vicino al pozzo rimane, fredda.

rimane la sete.

Le lunghe veglie d’inverno,
la ferita accesa delle tue labbra.

*

Nella calma di candele
nei muri in pietra
di questo monastero

ora che tutto torna
alla vita, ora che
ogni cosa volge al riposo.

La sacra attesa
è odore di incenso
e candele, il respiro
del giorno

l’antico, sfiorato mio tempo.

*

Cerca ora solo bellezza
quiete, la soglia stretta
della contemplazione

Spegni la luce

Tessi la tela, l’ordito
freddo del fiore che
nasce da queste tue spine.


Luca Pizzolitto nasce a Torino il 12 febbraio 1980, città dove attualmente vive e lavora come educatore professionale. Da più di vent’anni si interessa ed occupa di poesia. I suoi ultimi libri pubblicati sono: Il tempo fertile della solitudine (Campanotto), Tornando a casa (Puntoacapo).
Con la casa editrice peQuod ha pubblicato, nella collana Rive: La ragione della polvere (2020) e Crocevia dei cammini (2022).
Nel 2023, è stato inserito all’interno dell’antologia Nord. I poeti (Volume secondo), edita da Macabor. Da fine 2021 dirige la collana di poesia Portosepolto, sempre per conto della casa editrice peQuod.
È ideatore e redattore del blog poetico “Bottega Portosepolto”. Cura la rubrica Discreto sguardo per la rivista on line “Poesia del nostro tempo” e Polaroid – istantanee di poesia per FaraPoesia.

http://www.italicpequod.it/2020/books/getsemani/


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