
Per me il poeta – per dirla con un termine coniato dallo scrittore Piero Scanziani – è un “entronauta”, un essere che ha scelto di navigare le profondità di se stesso e a volte precipita nei mondi che lo abitano. Quando torna in superficie riemerge con una parola scolpita nel silenzio, dal silenzio, una parola rivelatrice che fa tremare.
Il poeta è una persona in viaggio che si lascia penetrare dal mistero, che si interroga e interroga sul senso del limite, che ha scelto di scrivere ciò che vedono i suoi occhi negli occhi degli altri, di abbracciare il proprio dolore e dargli voce facendo sì che l’implorazione diventi esplorazione.
“la poesia è un dono fatto agli attenti, un dono che implica destino” (Paul Celan)
Poesia d’inciampo – scritta in occasione della posa della pietra d’inciampo il 24-3-2024 a Guidizzolo, dedicata allo zio Bruno Rodella fucilato alle fosse ardeatine.
I versi iniziali ricordano il racconto che tante volte ho ascoltato quando ero bambina e ragazzina, tramandato dalla bisnonna Gemma ai/alle nipoti.
Lo zio durante il rastrellamento si era nascosto in una latrina ma quando uno dei suoi compagni venne preso, nella disperazione gridò il suo nome…
Ho voluto ricordare anche una donna, Fedele Rasa, che era andata a raccogliere la cicoria nei campi (vicini alle fosse ardeatine) ed essendo un po’ sorda non capì che la guardia le stava dicendo di allontanarsi.
Lei è la martire numero 336.
Infine mi è sembrato giusto citare Padre Libero Raganella, il religioso giuseppino che durante l’occupazione nazista a Roma salvò tantissime Persone.
“Bruno! Bruno!”
quel grido amico ti ha tradito – rapito
dalla latrina gettato nella fossa ardeatina
chissà in quale delle 67 file per 5 – se a sinistra
a destra al centro – chissà quale tormento
quale ultimo pensiero piegato in ginocchio
abbagliato dalla torcia nell’occhio
per tua madre che meditava queste cose nel suo grembo?
per l’ultima donna che hai abbracciato?
hai gridato o hai pregato in silenzio?
le mani sporche di rena legate dietro la schiena – il colpo
è stato inferto da vicino per risparmiare tempo e munizioni
(alle guardie, nel frattempo, sono state asportate tutte le emozioni –
come i pezzetti dell’allegro chirurgo il pomeriggio quando piove).
Eravate tanti, per sbaglio cinque di troppo – divieto assoluto di liberarli
“gli occhi della libertà son pericolosi, bisogna cavarli,
e poi 5 in più 5 in meno che vuoi che sia”
un foro sulla nuca, bam… neanche il tempo di un’avemaria
“Ma quali 5! Non sapete che la morte si calcola al cubo
di famiglie distrutte? 5×5×5 e ancora ×5×5…”
“Anzi, sapete cosa facciamo? Per esser della morte certi
alla fine dell’esecuzione una bella esplosione…
non sia mai che qualcuno sopravviva! Evviva,
evviva, è finita! Abbiamo fatto bene il nostro lavoro”
“Complimenti colonnello Kappler, direi piuttosto un capolavoro!
di Hannah Arendt la banalità del male o siete così vuoti
che in voi la presenza del maligno è abissale?
O forse avete la coscienza della più bassa forma
che però non riesco a immaginare? Quale
minerale vegetale animale ha mai commesso simile strage?
Anche nella savana si uccide, ma per fame.
Colonnello se lei fosse stato un mostro di universi sconosciuti e
se li fosse mangiati tutti, avrei avuto più comprensione;
così si smarrisce la ragione
Ora mi lasci parlare.
Il 24 marzo vogliamo ben altro celebrare,
di ogni primavera il 24 marzo è dovere – sì, il dovere –
di ogni vivente celebrare il rumore del mandorlo in fiore,
il silenzio del bacio, il risveglio dell’amore”
per questo Fedele Rasa andò solerte, eran quasi le 17,
a raccogliere la cicoria nei campi, perché – sapeva –
al suo sposo piaceva il gusto dell’amaro in bocca
“Ma non così. No, così no! Non così amaro, vi prego,
fermate la mano non voglio sentire lo sparo.
È sorda la mia Fedele, il vostro Alt! non lo ha potuto ascoltare…
lasciatela stare, nulla potrà riferire, china sulla cicoria
il suo unico pensiero è Cristo in gloria!
Noooooooo”
Nella pentola d’acqua a bollire in cucina affogano
grida di terrore e di Padre Libero Raganella le parole
“voglio andarli tutti a benedire prima di morire, fatemi passare”
“no, non può entrare, non tornerebbe indietro, né io né lei… non so se mi spiego”
Fedele è morta il giorno dopo il fuoco – il corpo rosa-rosso di magnolia e sacrificio
il 25 marzo, in cielo, raccontò agli altri 335 che prima di salire, in sogno
un arcangelo le volle apparire – grande bello, munifico
Gabriele il suo nome. Rimasero tutti senza parole.
*
da quando mia madre è morta
un pezzo di eternità mi cammina a fianco
nel respiro
lo stupore della fine
l’attesa dell’incanto
*
Gizem è un miracolo di tre mesi e mezzo di vita.
Il suo vero nome è Vetin Begdas, ma Gizem in turco significa mistero.
Così i soccorritori hanno ribattezzato la neonata estratta viva dalle macerie sotto cui era rimasta intrappolata per 128 ore, in seguito al terremoto del 6 febbraio 2023.
Trasportata ad Ankara per le cure mediche, dopo 54 giorni – grazie a un test del dna – viene riconsegnata alle amorevoli braccia di Yasemin, la sua mamma.
Anche lei si era salvata ma era stata ricoverata in un altro ospedale, nella città di Adana.
La foto di quel ritrovarsi è intrisa di disperato incredulo dolore.
Gizem (mistero)
Scuoto la polvere
dalle mie ali insanguinate
intorno solo pietre
frantumate
nella bocca il ricordo
del latte
– dov’è mia Madre?
Al mio fianco
solo le sue ciabatte
sei per caso Tu Donna celeste
che mi porti da bere
sgorgando acqua
dalla tua veste?
Aydin il tuo nome,
lo leggo sulla fronte, Aydin
nel sonno ti ho chiamata
– l’illuminata –
dai capelli di castagna
il tuo sguardo scende su di me
da vette inafferrabili
di chissà
quale montagna
Ciao
io sono Gizem
(non so perché sono qui)
ho contato le ore,
in tutto 128
come i bimbi sul canotto
prima di annegare
ma Tu mi vuoi salvare
Perché? Perché?
Gizem, è il mio nome
Gizem, mistero
Ilaria Maria d’Urbano, scrittrice, poetessa e attrice – ha lavorato al fianco di Sergio Castellitto nel film Dante di Pupi Avati e come controfigura al fianco di Tom Hanks nel film Inferno di Ron Howard.
Diplomata al Centro Scuole Counseling e Psicoterapia di Firenze, tiene seminari, laboratori esperienziali e conferenze sulla “dislessia emotiva” e sul “dolore come risorsa”.
L’agenzia LS Eventi (www.agenziadispettacolo.com) ne cura i rapporti con le aziende.
Ex velocista della nazionale di atletica leggera (cinque convocazioni in nazionale e due titoli italiani), laureata con lode in scienze motorie (IUSM Roma), è esperta in tecniche di meditazione profonda e yoga.
Mirra è la sua ultima raccolta poetica – pubblicata nella prestigiosa collana Rive (Italic Pequod) – da cui è nato lo spettacolo “Parola, tra musica e poesia” in collaborazione con il cantautore e prefatore dell’opera Giovanni Caccamo.
Il suo romanzo Alma il dolore agile, con prefazione di Pupi Avati, e la raccolta poetica Frantoio (FirenzeLibri) con prefazione del poeta Massimiliano Bardotti, hanno ottenuto importanti riconoscimenti in premi letterari internazionali, tra cui la Targa d’Onore al premio Alda Merini e la Menzione d’Onore al premio Salvatore Quasimodo.
Dal libro è nato Alma: un progetto cinematografico di cui Ilaria ha curato soggetto e sceneggiatura.
Mida è il suo ultimo romanzo di prossima pubblicazione.
http://www.ilariamariadurbano.com
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