scappini

inventiamoci un inizio che non sia obbligato inventiamolo tu ed io nel silenzio quando spezziamo il bianco pane dello stare insieme. saranno le giornate polle d’acqua sorgiva mentre la parola lontanando cresce.


nostalgia

vorrei che mi tenesse per mano questa assurda nostalgia. a piedi nudi, tra petali trasparenti solcati da impronunciati perché, scorgere tra le ombre una meta dove posare dopo traguardi confusi nel sonno di dialoghi franti sul marmo di un tempo breve. mi guarda la luna e s’allontana più io m’avvicino. eppure ho calcato invisibili orme serbando nudi i piedi e puri. tra petali trasparenti ho cercato risposte.
e sarà pure assurda la nostalgia di questa sera divenuta notte sarà anche disperata o solo confusa e gravida di memoria. sarà tutto questo o nulla forse. ma la sento, mio Dio, mi tormenta mi fa compagnia mi scava nelle viscere: e sono conchiglia trepida creatura che cerca un varco fino a Te


sei

come aggiorna la prima alba dell’estate alta un’emozione riempie ogni spiazzo della memoria entra nei suoi sospiri. alzo lo sguardo per un’orazione, scavo nella coscienza, approdo a una cavità con tanti appigli. mi abbaglia un lume, stringo gli occhi ma non vedo. allora abbraccio il silenzio mi piego mi metto in ascolto prendo tempo i minuti trascorrono, le ore, termina il giorno. torno a piegarmi bruciano le meningi.

dove trovarti in questi giorni scuri? mi sfugge il tuo sguardo di custodia ho fame di bellezza di fertili orti di orazioni bambine di una mano sui capelli dall’angelo custode che lavi l’ostinazione di un passo ripiegato.
alzo lo sguardo ancora spiando una nuova orazione mandaci una lettera d’amore, la trasparenza dove sostare, le stelle a benedire questo mondo prigioniero di sé cattivo. sì, mi dolgo delle assenze delle distrazioni e delle imprudenze dei vani tramestii dei falsi bisogni e di tutte le ottuse urgenze. mandaci la brezza che sa di buono la campanula che fiorisce nella crepa il gesto umile di chi si piega.



Dalla postfazione Il ritmo dell’essere insieme di Franca Alaimo

Entità piccolissime governano il mondo. Lo capirono già i filosofi greci Democrito ed Epicuro:
era sufficiente una parénklesis, una deviazione per quanto insignificante nella traiettoria degli atomi, per mettere in moto una catena di trasformazioni impensabili.
Qualcosa di simile può verificarsi nel mondo dei segni che è la scrittura, l cui significazione si fonda spesso su variazioni minime degli elementi che la costituiscono, a cominciare da quello più aereo e impalpabile che è il suono, imputato sempre colpevole di ogni traduzione da una lingua ad un’altra.
Così può accadere ad un pota di dubitare a lungo sulla necessità di scegliere questo o quel termine, questo o quell’aggettivo, di lasciare, perfino, una virgola o eliminarla, come se da ciò dipendesse qualcosa di capitale per l’armonia stessa dell’Universo. E la questione, a prima vista, potrebbe apparire risibile se, come scrive Marina Cvetaeva, non si riflettesse su questa sorta di assioma: <<l’essenza è la forma, e la forma l’essenza>>.
Ci si deve, allora, chiedere quali urgenze etico-estetiche abbiano spinto Nadia Scappini – chiamata a mettere insieme questa autoantologia – ad ‘alterare’ la disposizione grafica dei testi poetici tratti dalle sue sette sillogi precedenti, a cui si aggiunge un buon numero di inediti, eliminando quello che ad un certo punto del suo fare le è probabilmente sembrato un sovrappiù di vuoto fra l’inizio e la fine di ogni verso e tra le strofe, e persuadendola a disporre le parole in un flusso continuo (interrotto talvolta da spaziature più o meno lunghe) prossimo, almeno per ciò che riguarda l’assetto tipografico, alla prosa, posto che il confine tra quest’ultima e la poesia è diventata sempre più labile da quando la versificazione si è liberata dalle gabbie metriche, e che una prosa poetica resta, comunque, assai distante dal linguaggio della prosa non-poetica, se mantiene accensione verbale, ritmo e ricerca costanti di soluzioni linguistiche ‘altre’ rispetto al dire comune.
Di fatto, sebbene le parole siano rimaste inalterate, la prima impressione di chi legge è quella di trovarsi di fronte a dei testi nuovi. Il respiro si è accorciato, il rarefatto si è addensato, il silenzio smorzato. Anche la punteggiatura ha scelto la disobbedienza; il punto fermo c’è, ma la frase successiva comincia con una lettera minuscola, come a dire che, se nella lettura quella pausa va rispettata, nessuna delle due parole che vengono a trovarsi affiancate può aspirare ad ergersi sull’altra sia pure solo tipograficamente, e, dunque, visivamente.
La parénklesis è avvenuta. […]

 

https://www.italicpequod.it/books/sul-fianco-del-mattino/


Nadia Maurizia Scappini, nata a Bagno di Romagna il 30 dicembre 1949, vive a Trento. Dopo l’insegnamento di discipline umanistiche nei Licei di Trieste e Trento, si occupa di promozione culturale, scrittura e critica. Collabora con la pagina culturale di riviste nazionali e cura per il Tquotidiano indipendente del Trentino Alto Adige una rubrica dedicata alla poesia. Presente sul sito di “Italianpoetry”, ha organizzato Convegni e Seminari di studio su Poesia e Mito nonché il Premio di poesia Città di Trento-oltre le mura 2018.
Autrice di due romanzi, due saggi e un libro di racconti, per la poesia ha pubblicato Le parole del cuore, stampa Mondadori, 2003; La luna nuda, Travenbooks, 2007; Il ruvido mistero, Ancora, 2008; Un’ora perfetta, Aragno, 2015; Come dire dell’amore, Moretti&Vitali, 2019; La bilancia del cielo, traduzione in inglese, spagnolo, russo, cinese del monologo in versi tratto dal romanzo minimo Sonia e il poeta (musicato dal Maestro Daniele Lutterotti per voce violino violoncello) Graphie / Il Vicolo, 2021; preghiere imperfette, Moretti&Vitali, 2022; la plaquette Nu suntem singuri / Non siamo soli, Cosmopoli Bucarest, 2023. Numerosi i riconoscimenti nazionali.


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