*

Lo chiamo padre

Diceva che il respiro di Dio è sempre
il respiro di Dio, anche se passa
da un uomo all’altro in eterno

Cormac McCarthy

C’è un uomo prima di tutto
e io lo chiamo padre

e non vedo la casa costruita
con gli occhi miopi della rinuncia

Io nella foto sono quello tra le braccia
ancora non lo so
ma quello che chiamiamo cadere
è il modo in cui una stella declina la propria luce

C’è un uomo all’inizio di questa luce
la montatura squadrata degli occhiali
che sembra un telescopio di precisione –
io l’ho chiamato padre, ed è un uomo
non un dio che blatera di assurde stelle
e dinastie tra la sabbia

*

Sotto stelle inquiete

Dormiamo sotto stelle inquiete

Fingiamo di non essere chi siamo
e che niente ci spaventa

che una stella risplende per ripicca
del buio finché non si stanca

e che un led acceso sia richiamo
di dispersi e non di falene

Dall’altra parte del globo
quando mi sveglio e non ci troviamo
è già giorno

*

Memorie

In un’altra storia
ho alzato le braccia per salutare il mattino
e le parole erano proprio mie
e conoscevo il posto da cui provenivano
come il luogo più sicuro sotto il cielo
non troppo distante dal fango

era la voce con cui parlavo più spesso
e sapevo accordarla con ogni taglio di luce

fabbricavo collane di ricordi per mia figlia
e insegnavo a mio figlio a difendersi
dalla stanchezza dei passi
più che dalle bestie feroci

Mi chiedo a volte come sono morto
e se accadrà ancora in maniera diversa

ma più di tutto prego il Signore dei sogni
di non cancellare le sue tracce
tra me e il nuovo mattino

*

12

sono davanti alla mia solitudine
Dio è il teschio che ogni giorno divengo

la lettera mutila la casa dove credevo
di poter vivere per sempre

ho un cuore di animale e uno da costruire
a partire da come mi guardi

*

14

siamo qui
e un giorno canteremo al nulla

cosa ne sarà della meccanica
e prima ancora della materia
che apre gli occhi grida

                 Noi
per dire io e te voce
del verbo amare
sotto il sigillo del sole

per quello avremo vissuto
per un ti amo in faccia al buio più feroce
il sorriso chiaro, largo della nostra voce.

*

Pietro Russo, Tutte le ossa cantano la canzone d’amore, peQuod, 2024

Pietro Russo è nato nel 1986 a Catania, dove vive. Insegna lingua italiana agli stranieri. Si occupa di poesia e di critica letteraria. Il suo primo libro di poesie, A questa vertigine (Italic, 2016), ha vinto il Premio Violani Landi per l’opera prima. In seguito  ha pubblicato la plaquette in dialetto siciliano Eppuru i stiddi fanu scrusciu (Le Farfalle, 2022) e il libro di poesie Tutte le ossa cantano la canzone d’amore (peQuod, 2024). Ha curato, insieme ad Ana Ilievska, Contemporary Sicilian Poetry. A multilingual Anthology (New York & Bristol, 2023). Alcuni suoi testi sono stati tradotti in Canada, negli Usa e in Germania.


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