*

Custodi ed invasori

Brume sull’acqua in fiumi alla confluenza
scambiano antichi amori sul velo dell’immagine riflessa

hanno indossato forme non sospette custodi ed invasori:
gabbiani dalle ali di crocifisso
conoscono le segrete distanze nel cavo della sfera
cormorani dal volo che si chiude
e si dilata all’inviolabile ora senz’ombra e senza luce.

Al dorso è l’ansito di un’orazione per il nume del borgo
dietro la collinetta lieve d’aceri e la strada che porta al regio parco
tra torri si nascondono                  candele senza fiamma.

*

Questa è la via dei colonnati in marmo
dei portali intarsiati, dei gargoiles senza occhi che sogghignano
dove s’arrocca la pietà e l’inverno.
C’è sempre qualcuno a mezzo tra il corpo
e l’ombra, appeso a un nome che non torna,
il passo è meno che un cammino lento, un trascinarsi muto
di qua dall’argine delle begonie, dal nostro discettare a voce bassa:
i feriti, i derubati del sonno, i sanguinanti sopra e sotto pelle
nella notte lo scarno sogno è larva e lottano sonno e veglia morso a morso:

un rito che non sai come chiamare,
si direbbe un morire
senza sbocco e compimento: un dolore
senza male e lamento.

*

Nessuno
dirà chi nel tempo del sonno
passò, che messaggio
trascorse ignorato si sperse

Lucio Piccolo

Combatte guerre ad ogni plenilunio
negli abissi dell’al di qua, per l’ora e
nell’ora che sfiorisce nel crepuscolo
quando le forme indossano corpi e contorni incerti.

Mai pronunciare il nome nemico ad alta voce.

L’altro, il buono, il fratello maggiore
e il convertito, il fedele alla regola
di tutti gli inviolabili silenzî
e, lei pure, dagli occhi color menta
sono e non sono andati via, sono
eppure non sono rimasti qui, per l’abbraccio
e la carezza. Con il capo chino
restano e vanno via,
come una quieta aurora al frastuono del giorno.

*

Aerostato

Spogliarsi, alleggerire le zavorre
tutti i metalli: l’oro e gli strumenti
di bordo. Scarnificarsi, se occorre,
dissanguarsi fino all’estrema lacrima.

Tu che non mostri il volto
marca con inchiostro rosso le sdrucciole
e i versi che nella caduta pèrdono suono, l’insostenibile spirale
del precipizio, quando anche i dittonghi
si slegano per destini di stallo
come le anime dai corpi e le colpe dai rimorsi.

Prepara un asterisco verde erba
dove si stima il punto dell’impatto,
e un lino chiaro, se sudario o veste
si vedrà, se morti o sopravvissuti.
Ma in ogni caso arriveremo nudi.

*

Chiedi uno spazio e un tempo certi al suono
della voce, anche se sai che è trama e sostanza inconsistente,
alla parola che distilli vitrea da quali esplosi atomi,
una via per reticoli di solchi ed incisure tra la pelle e faglie
sotterranee dove serpeggia il sangue,
un verbo che non giaccia come creta nell’impasto di sonni senza vita.
Ma qui nella mia cella non c’è spazio
non c’è fessura aguzza che le mani ci lasci avvicinare e
filtrare quella luce indecifrabile e inquieta in mezzo agli occhi:
ma posso crearti un luogo lontano da ogni luogo
mio pallido compagno, visitatore insonne,
per camminare scalzi e senza passi sulla cresta del giorno
un luogo che non sia neppure un luogo
dove ogni verso resti impronunciato
e lampeggi per me e per me solo,
si consumi nella sua stessa fiamma
e fino a un altro sonno non risorga.

*

Alfredo Rienzi, Custodi ed invasori, Arcipelago itaca, 2024

Alfredo Rienzi è nato a Venosa nel 1959, vive a Torino. Ha pubblicato diversi volumi di poesia, da Contemplando segni, in 7 poeti del Premio Montale (Scheiwiller, 1993, prefazione di Maria Luisa Spaziani) a Sull’improvviso (Arcipelago itaca, 2021, prefazione di Maurizio Cucchi). Altri volumi, Oltrelinee (Edizioni dell’Orso 1994), Simmetrie (Joker, 2000) e Custodi ed invasori (Mimesis-Hebenon, 2005), sono in parte confluiti ne La parola postuma. Antologia e inediti (puntoacapo, 2011). Nel 2015 ha pubblicato Notizie dal 72° parallelo (Joker) e nel 2019 Partenze e promesse. Presagi (puntoacapo). Nel 2024 è uscita la riedizione di Custodi ed invasori, con un’antologia critica di sintesi (Arcipelago itaca). Suoi testi poetici tradotti sono stati pubblicati in Romania, America latina e Russia. Ha tradotto testi di L. S. Senghor in Nuit d’Afrique ma nuit noire/Notte d’Africa mia notte nera (Harmattan, 2004). Ha inoltre dato alle stampe il volume di saggi Il qui e l’altrove nella poesia italiana moderna e contemporanea (Edizioni dell’Orso, 2011). Ha fondato e gestisce il lit-blog “Di sesta e di settima grandezza”.

Foto di Raffaela Fazio


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