dalla quarta di copertina di Silvia Comoglio
Salvatore Marrazzo in questa raccolta si addentra nella dimora che il filosofo Eraclito ha costruito fondandola sul logos e sulla ricerca. Un addentrarsi che ha innanzitutto il significato di aprirsi incondizionatamente all’uomo, di guardare quei confini che si spostano sempre più avanti e risuonano sempre altrove, in uno schiudersi che smaschera soglie e che presume un riequilibrio continuo tra l’uomo e ciò che costituisce la sua essenza più profonda. Ed è qui, quando si parla di essenza più profonda, che entra in gioco il logos, quella legge che tutto orienta e che è principio costitutivo dell’uomo e del mondo. Logos che in questa raccolta coincide inequivocabilmente con il linguaggio, meglio con il linguaggio che si fa perno, fulcro, di una dimora rifondata e risostanziata da Salvatore Marrazzo guardando all’identità della parola, della scrittura, del libro. L’uomo è il linguaggio, da un lato, e la parola/libro/scrittura, dall’altro vengono così a trovarsi in una relazione dialettica di strana e enigmatica simmetria in cui ogni riconfigurazione ha nel linguaggio il suo moto primo. […]

Le scritture con il passare del tempo
Si fanno noiose
I guerrieri riprendono le armi
E le nuvole cambiano di forma e di colore
Qualcuno dice che la guerra non è mai andata via
Che è lo spirito profondo dell’uomo
Le parole dicono dell’inquietudine dei momenti,
L’abitudine delle ore
La terribile potenza delle ripetizioni
Musil era un sapiente
Scriveva nelle ore nelle quali non viveva

*

L’universo non è pianificato,
È amareggiato
Invidia, memoria, disperazione, canti
Dunque, un metodo, un gergo successivo
Una dannazione certa per ognuno
Un che di vocazione, di elettiva angoscia
E bocche enormi
Tanta diplomazia sopra la libertà e il delirio
Meraviglia in abbondanza e sussulti di salvezza
Sottrarsi sarebbe come provocare offesa
Oppure una formidabile sintassi

*

Invece, tenuti in disparte,
S’impara il silenzio
L’innocenza del tempo è quest’abbraccio
Illimitato al mondo
Una vecchia poltrona che smonta il suo corpo
Imperfetto, intatto d’assoluto
Miseria d’assenza, seme indelicato, premura,
Una voce bassa
E un’ombra sul confine di agrumi antichi
Chi scrive è già nel precipizio
Assaggia le more pungenti e il timido volo dell’ape


Salvatore Marrazzo, nato a Mercato S. Severino (Salerno) nel 1961.
Artista. Fotografo. Filosofo. Critico d’arte. Collezionista di vuoti. E cose simili.
Scrive di libri su blog di letteratura e quotidiani.


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