*

La casa è un luogo comune, come le vite degli altri 
quando le guardi da lontano. È ancora un luogo 
adatto a questi uomini, l’incubo delle scale 
per andare in bagno, il cambio di stagione nell’armadio
sorridere quando la donna apre la porta e fischia
e sotto, nel salone, sulla poltrona di pelle c’è qualcuno. 
Vedere nel posto vuoto a tavola com’è fatto il tempo 
e dentro le persone, quello che è stato
il loro destino, avere un destino.

*

Ogni malattia è contagiosa in qualche forma, una massa
che curva lo spazio attorno al tavolo della cucina
e sopra il tavolo i discorsi. Odia la metafora
vorrebbe dire che le cose stanno così
fisicamente. Pensa al poeta morto da poco
come un amico lontano con il guasto
alla guaina mielinica quando scrive che il suo braccio
forse non esiste. Conosce un uomo
con gli stessi dubbi, ha visto di cosa parla il testo
finito il pranzo sale i gradini con il corrimano
si mette sopra il letto come si appoggia qualcosa
sul mobile accanto alla porta di casa per uscire
dimenticare ciò che si è appoggiato.

*

Da sotto il tavolo guardava le pareti tremare, la statua 
di una donna che regge sulla testa un vaso è caduta 
dalla mensola ha lasciato un buco nel pavimento di legno
in giardino hanno potuto anche ridere in pigiama
pensando alla scena vista da fuori. Forse è il ricordo 
di un viaggio, quanto caldo per essere pieno inverno
a volte le case crollano, è stata una forma di onestà 
nel corpo dell’uomo la malattia. L’abitudine 
a cercare le parole ha reso il loro tempo più sottile
la sera stessa si sono ritrovati con la faccia nel brodo 
come uomini sopra il tavolo 
emergevano per dirsi qualcosa da un vuoto
apparecchiato da qualcuno.

*

Quando vedeva da piccolo la gente chiudere le finestre
tirare le tende nelle case l’uomo provava disagio
ma adesso capisce i propri simili e i più vecchi 
avere paura e l’idea della paura. Cosa c’è da ridere
è stata un’educazione importante come la tenda chiusa
ha appreso molte nozioni sull’universo nelle aule
della scuola gli eventi che determinano 
la nascita il corso di una società, i possibili ruoli
di un individuo al suo interno. C’è il viso di una donna 
da dove entra la luce che adesso lo illumina
tiene la mano dell’uomo per la prima volta 
in questa storia lo aiuta a salire le scale ripete 
non ti lascio cadere mentre lui vorrebbe, forse c’è tempo 
per ridere nelle loro mani prima del tempo della paura.

C’è posto nel parcheggio, è sempre occupato
di fronte al portone non servono le chiavi
ogni lampadina accesa come a fare
luce, le facce nella casa irrigidite della gente
inverno con le finestre spalancate cos’è
che deve uscire, tre scalini per la camera la mano
più vecchia del babbo un uomo fratello mio
il niente che sarà di tutto questo
il lenzuolo azzurro e sotto la mamma.

Riccardo Socci,  Al risveglio c’è un lenzuolo, prefazione di Claudia Crocco, Le Lettere, 2025

Riccardo Socci è nato a Recanati nel 1991. Insegna materie letterarie nella scuola secondaria. Ha svolto un dottorato di ricerca in Studi italianistici presso l’Università di Pisa, occupandosi in particolare di poesia del secondo Novecento. È autore del saggio Modi di deindividuazione. Il soggetto nella lirica italiana di fine Novecento (Mimesis, 2022). Ha pubblicato i libri di poesia Lo stato della materia (Arcipelago itaca, 2020) e Al risveglio c’è un lenzuolo (Le Lettere, 2025).


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