
Getsemani di Luca Pizzolitto, ed. peQuod, p.88, €14,00 è un percorso poetico coinvolgente e arduo nel quale il poeta dà la sua risposta all’urgenza di umana spiritualità in un tempo laico, aridamente laico e sofferente: “Fili elettrici luci al neon / cortili di stracci abbandonati / vele piegate dal pianto…”, “Per questo niente che il niente / riapre, nel punto dove la vita / geme…”. E seguendo l’esortazione di Odisseas Elitis quando ritirò il Nobel nel ’79: “Proprio perché i tempi sono oscuri dovremmo avere una visione più ampia, più luminosa delle cose” Luca Pizzolitto in Getsemani orchestra il suo desiderio di spiritualità come sete di quell’acqua di cui si parla nel Vangelo, che ha un rapporto strettissimo con Gesù, la cui vita è scandita dall’acqua, dal battesimo alle nozze di Cana, al dialogo con la Samaritana, all’acqua del costato della crocefissione. Il titolo Getsemani, pur nella evidente implicazione evangelica, si fa metafora della permanente condizione umana che ripete il dramma del tradimento, dell’abbandono, della solitudine, del silenzio di dio, della morte: “Chi getta il tuo nome nell’abisso/ per trenta denari? / Chi dorme durante la veglia / Chi stringe i polsi e ti spinge / in catene?… Nessuno torna innocente / da questo Getsemani, nessuno è mai stato/ fedele davvero.” E questa condizione di estrema caducità e fragilità è accettata dal poeta e generosamente aperta all’altro: La vita scelta e poi donata. La silloge si articola coesa nell’interrogazione costante della perdita, dello svanire di ogni cosa (il senso smarrito delle cose… piegarsi al niente), in quattro sezioni, Geografia della sete, Nelle stanze senza fuoco, Noi resi a noi stessi, Come i gigli dei campi, Parole per Ugo. Dedicata all’amico Ugo Fama per avermi tratto in salvo / ed insegnato il mare aperto, si conclude con parole di ricordo e preghiera per la sua scomparsa: siete andati via insieme: / la mente altrove, il silenzio del fiore. Nei versi di Luca Pizzolitto l’homo sum terenziano trova compiutezza nell’Ecce homo evangelico: “Mi arrendo all’ineffabile… Io oggi solo in Te / trovo pace, riposo.” Queste parole concludono la sezione Come i gigli dei campi dove trasfigura l’attesa, / l’umano tormento / in danza. La piccioletta barca della copertina del libro, la sua forma essenziale con quel rematore in piedi a poppa, intento nella direzione del viaggio è l’emblema della navigazione solitaria del poeta, Luca Pizzolitto, verso un altrove di senso tra terra e cielo: “Dio di misericordia e dei ruvidi… Dio dei crolli improvvisi, delle rovine… io attendo, e di me ancora non so.” Un viaggio poetico che non conosce tempo, che ha la calma e il fascino del mistero. Intima la corrispondenza col drammatismo lirico del fotografo indonesiano Hengki Koentjoro, autore della foto da cui è tratta l’immagine di copertina. Luca Pizzolitto colloca nell’opera le notazioni di uno sguardo poetico declinato verso silenzi e suoni, metamorfosi di una lingua che, attingendo a tutte le proprie risorse, esprime, sempre in equilibrio tra suono e senso, quel che resta delle cose: “Dalla gerbera sul davanzale / sono caduti i petali uno ad uno” e nel vuoto la poesia sboccia come “fiore che nasce da queste tue spine… soglia della tua sete/nome del dio perduto.” Un libro immenso Getsemani che accoglie una personalissima idea di poesia come κοινὴ che comprende versi dei Salmi e di altri poeti che hanno avvertito, come Luca Pizzolitto, l’abbandono e il bisogno di sostegno, hanno fatto i conti col dolore e la morte. Getsemani è “il libro del dolore e del lutto… e soprattutto della proiezione tra le due rappresentazioni, padre e figlio, di uno stesso soggetto. E come nelle Scritture è solo il secondo che può dare voce al primo…” scrive il prefatore Roberto Deidier, toccando un aspetto fondamentale dell’opera che è quello del senso e dell’esperienza del “limite” umano, quel limite che ci rende figli e uomini, al di là della fede, ciascuno nel proprio getsemani.
Gabriella Maggio
Fili elettrici luci al neon
cortili di stracci abbandonati
vele piegate nel pianto
di cosa si veste,
di cosa ha memoria il fuoco?
*
Per questo niente che il niente
riapre, nel punto dove la vita
geme, muta presenza del mare,
i giorni della solitudine –
rondini immobili nel cielo,
innocente la mano si posa
sul viso.
*
Dio di misericordia e dei ruvidi
affanni, Dio delle reti divelte
e della pesca mancata,
Dio dei crolli improvvisi, delle rovine
tu che abiti il vuoto di cieli divisi,
tu che ti fai permanenza, stasi, dimora
– io attendo, e di me ancora non so.
Luca Pizzolitto nasce a Torino il 12 febbraio 1980, città dove attualmente vive e lavora come educatore professionale. Da più di vent’anni si interessa ed occupa di poesia. Tra i suoi libri, figurano: Dove non sono mai stato (Campanotto), Il tempo fertile della solitudine (Campanotto), Tornando a casa (Puntoacapo). Con la casa editrice peQuod ha pubblicato, nella collana Rive: La ragione della polvere (2020), Crocevia dei cammini (2022), Getsemani (2023, prefazione di Roberto Deidier). Del 2025 è la plaquette deserti, edita da ilglomerulodisale. Dal 2021 dirige la collana di poesia Portosepolto, sempre per conto della casa editrice peQuod. È ideatore e caporedattore del blog poetico “Bottega Portosepolto”. Collabora in maniera stabile con i blog “Poesia del nostro tempo”, “L’Estroverso” e “La poesia e lo spirito” curando rispettivamente, per i diversi siti, le rubriche Discreto sguardo, Nostos – ritorno alla parola e Terra d’esilio.
Sua prossima pubblicazione Prima dell’estate e del tuono, peQuod, collana Rive, 2025, con prefazione di Gianfranco Lauretano.
https://www.italicpequod.it/books/getsemani/
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