
Bartolomeo Bellanova
Attraversamenti – puntoacapo, 2024
Postfazione di Franca Alaimo
Nota di Gabriella Maggio
La citazione iniziale di Matteo,12,36 non è soltanto l’esergo di Attraversamenti, ma una dichiarazione di poetica con la quale Bartolomeo Bellanova, da uomo-poeta, si assume tutta la responsabilità delle sue parole. Nell’urgenza di pronunziarle riecheggia Eugenio Montale che in Satura così definiva la sua poesia :
parole
molto importune
che hanno fretta di uscire
Bellanova esprime nella sua poesia parole di forte evidenza corporea, sono sangue che dà nuova vita agli uomini: “bussa, bussa forte / vuole schizzare fuori imbrattarsi… perdere memoria del padrone / essere di tutti e di nessuno” come si legge nella poesia che apre la silloge Attraversamenti.
Ma non basta fare riferimento all’urgenza di dire per comprendere la poetica dell’autore. È necessario considerare, nella poesia di Bellanova, quello che sosteneva T.S. Eliot, ovvero la presenza di quel qualcosa che la poesia ha in comune con la morale e la religione, che, anche se non si può dire esattamente che cosa sia, tende a illuminare il mistero della vita. Nel titolo Attraversamenti confluiscono una nozione localistica, quella della medianità, e una nozione logica, quella dell’oggetto di un’azione diretta a un altro oggetto. È una condizione, l’attraversare, che implica movimento, cammino che il poeta compie nel mondo ed in sé, da una condizione di noia: “Il sangue si annoia a morte a correre / sempre nello stesso circuito” al “Riproviamoci. Il giorno è giunto!” conclusivo del climax ascendente dell’opera, che si conclude nell’ultima sezione Lo scandaglio, dopo avere attraversato Visioni periferiche, De natura, A-mors. Bartolomeo Bellanova attraversa nei suoi testi luoghi e condizioni umane, temi ecologici e linguaggi antichi e contemporanei, sentimenti e speranze di rinascita. Considerata da questo punto di vista la silloge assume la forma di un canzoniere contemporaneo nel quale si esplicita un’idea di poesia come strumento di ricerca interiore e come espressione di vita del poeta nella sua essenza e nelle sue manifestazioni; un messaggio al lettore attraverso la chiarificazione dei momenti essenziali della vita e delle loro risonanze interiori, scandite nelle diverse sezioni. Attraversamenti è dotato nel suo sviluppo interno di un evidente principio unitario. Il rapporto tra l’io poetico e il mondo non è espresso nei termini di un’equazione simbolica, ma come contiguità, la vita si legge e prende significato nella dimensione dell’opera. In questo senso vita e poesia si saldano perché ogni singola composizione è inserita in un macrotesto che le dà significato. Il richiamo più diretto sembra quello al Canzoniere di Saba per l’idea di un libro unitario che contiene il senso di un’esistenza. Nella silloge Bartolomeo Bellanova prende le mosse dal “male di vivere”, registrato con la chiarezza e l’incisività di veri e propri fotogrammi nella sezione “Visioni Periferiche” dove la parola poetica nota come il tempo incida sull’aura dei luoghi insieme alle fiere, ai cartelloni pubblicitari, al turismo di massa, a sacche di arretratezza: “Tra Catanzaro Lido e Lamezia Centrale / c’è una littorina a gasolio / (la linea non è elettrificata)”, fino agli ultimi singulti di creme solari. Accanto ai luoghi con lo stesso nitore filmico si collocano situazioni tipicamente umane come la pattinatrice (zigzagando sui pattini tra occhi chiodati / di passanti in ritirata), la maternità in un mondo gravemente inquinato dalla radioattività, il gladio dei sensi di colpa che accompagnano il divorzio, il rimpianto di un vecchio per una vita dedita soltanto al lavoro mescolato all’orgoglio dei figli ben sistemati, la volgarità e la miseria dei discorsi ricorrenti: “Si ragiona solo di materia prima / di quotazioni di una scopata / di listini del porno mercato / che pervade i cervelli / con i suoi comandamenti”. La medesima sorte accomuna l’uomo ai fiori, alle piante, agli animali, sono tutti ombre, come lui. Nella sezione De natura Bartolomeo Bellanova affronta l’uomo che offende la natura con l’adrenalina della fucilata che spaventa i passeri o con l’abbattimento di una conifera: “E conto i tuoi anni stroncati / e i miei ancora // Tagliato al garrese” sotto un cielo pallido per l’inquinamento atmosferico: “Non dice non chiama non grida più / quel cielo affetto da cronica anemia. / Nessuno specialista a formulare la diagnosi”. Segue la sezione A-mors che raccoglie quello che veramente conta nella vita e dev’essere salvato, l’amore di coppia: “I composti organici della nostra materia vivente / …ci entrano ci saldano corpo chiodo cuore / stessa foglia appesa al picciolo”, ed anche: “Questa notte è Balaklava / non si torna indietro. / Si cade sul cemento o si salta interi / al di là dell’artiglieria. / Nutrimi Nutriti”. Manca la gioia di una nascita, la desiderata Penelope. La sezione si chiude con la citazione del Magnificat, l’inno della speranza nel rinnovamento degli uomini e del mondo: “Ringrazio i fallimenti / di ogni noi / di ogni voi / che siamo tanti / improvvidi / balbettanti / viaggiatori”. A-mors segna e addita una strada verso la luce nel recupero e nella protezione della nostra umanità. Si comincia dalle copule d’amore, ci si difende come un ciclista sulla salita: “Non mollare uomo, uno, due, uno due!” in armonia con la natura. Fino a Lo scandaglio quando “Sulla collina dall’altra parte del fiume / il lupo fiuta la liberazione / e chiama a raccolta le specie oppresse”. E due giovani con le mani nelle mani e gli occhi negli occhi troveranno il coraggio di ricominciare. Non li spaventerà il silenzio degli smartphone e di Google: “Una coppia di giovani in piedi / saldi in un prato spazzato / da una verde mareggiata, / le mani strette nelle mani, /promettono scintille / e gli occhi dentro agli occhi / sussurrano: Riproviamoci. Il giorno è giunto”. Lo scandaglio chiude Attraversamenti con la speranza di sollevare il “velo di Maya” per affrancarsi dalle illusioni della molteplicità del mondo: “Sono il regista e il filmato / l’attore e l’agito / euforico poppante al seno / mi osservo inosservato / disaccoppio la forza motrice / dai pensieri svuoto il cestino / sminuzzo i battiti/ non sono il pilota automatico”. Bartolomeo Bellanova conia nell’ultima sezione del libro il concetto della “poescenza, la trascendenza / dei pescatori di versi nel qui e ora e proclama sé stesso come “espressione di una staffetta dell’Essere”.
In questo percorso poetico, come da una riva all’altra di un fiume, Bartolomeo attraversa il bosco sacro che, secondo T.S. Eliot, citato nella bella e densa postfazione di Franca Alaimo, rappresenta l’insieme “delle relazioni di ogni composizione poetica con le poesie diverse di altri autori”. Fitti sono i rimandi alla tradizione poetica italiana e non soltanto, variegato è l’intreccio linguistico che accoglie testi di canzoni, parole delle Upanishad e delle Scritture cristiane, linguaggi settoriali, ma tutto converge in un messaggio univoco e coerente che porta il poeta a “usare la grammatica degli innocenti” a invocare “Miserere mei Deus” e a dire: “Scoccati freccia buca la faggeta / bersagliati nel cielo”. La conclusione di questa nota non può che essere nel nome di J.L. Borges che ha dato la sua definizione di poesia in A-Z: “La poesia è qualcosa di talmente intimo che non si può definire. Si possono definire solo le cose elementari, non una melodia o il sapore del caffè”. E Bartolomeo Bellanova sente questa eredità e così si rivolge al poeta argentino nella sezione Visioni periferiche: “Sei la brezza che ristora la guancia/ erranza che non dà risposte”.
Cielo grigio
Si è dilatata a dismisura
la pupilla del cielo
di quell’azzurro compassionevole e spietato
che duellava con l’uomo il lupo e la betulla.
Non dice non chiama non grida più
quel cielo affetto da cronica anemia.
Nessuno specialista a formulare la diagnosi.
Restiamo sull’altalena
gambe flesse
suole attaccate al suolo
qualche centimetro il movimento
ondulatorio tra vivere e sopravvivere
– insaccati.
Ultimo assalto
Debosciato tra i petali del geranio viola
e i fiori carnosi della peonia
le mani sul basilico della tua pelle
le narici nella mentuccia delle tue cosce
stramazzati dall’anticiclone africano.
Mi nutro e ti nutri dei liquidi nostri
e dei profumi dal serraglio del balcone.
Si scende in strada.
La spuma s’alza nel boccale
tracima dagli occhi
via vai
sistole e diastole
indistinto vocìo di via Mascarella.
Cicatrici si aprono e si chiudono
bendaggi beveraggi e sogni sfibrati.
A pochi passi i suv eco-hybrid in processione
per lo shopping del sangue da trenta denari.
I voyeur sono scesi dalle ville fortificate
per schifarci d’invidia
dicono che tutto questo non li riguarda.
Calpestiamo palladiane
scacciamo gli spettri
attraversiamo il portico
questa notte è Balaklava
non si torna più indietro.
Si cade sul cemento o si salta interi
al di là dell’artiglieria.
Nutrimi
Nutriti.
Azzerare
Ci sta chiamando a sé
come la puerpera per lo svezzamento
ci sta chiamando a sé
questo ventre che spiove
questo grembo boschivo.
E allora andiamo
lascia al deposito bagagli
i nostri avanzi di ieri e quelli di domani.
Tendi la lingua fuori dal pulpito dei denti
inghiottisci una goccia di pioggia
dalla foglia del cipresso
dalla rosa canina o dalla spina.
Fai dieta liquida con la pozione dei folli
accogli il regista delle ugole minori
e dei palpiti di piume sotto i tetti.
Lui ci troverà un posto tra rampicanti e becchi
e muschi, sarà un linguaggio ignoto
imparare l’articolazione dei suoni alati
usare la grammatica degli innocenti.
Bartolomeo Bellanova nasce a Bologna; dopo un percorso di studi finanziari si avvicina alla letteratura e pubblica i romanzi La fuga e il risveglio (Albatros Il Filo 2009) e Ogni lacrima è degna (In.Edit 2012). Partecipa ad antologie poetiche tra cui Sotto il cielo di Lampedusa – Annegati da respingimento (Rayuela 2014), Sotto il cielo di Lampedusa – Nessun uomo è un’isola (Rayuela 2015) e Distanze obliterale – Generazioni di poesie sulla rete (puntoacapo 2021). Ha fatto parte della redazione della rivista culturale lamacchinasognante nata nel 2015 e attiva fino al 2023. Ha pubblicato la raccolta poetica A perdicuore – Versi Scomposti e liberati (David and Matthaus 2015). È uno dei curatori dell’antologia Muovimenti – Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi 2016) che contiene gli scritti di 46 autori provenienti da sedici Paesi del mondo, attori in prima persona di fenomeni migratori. Ha pubblicato la silloge poetica Gocce insorgenti (Terre d’Ulivi 2017) e il suo terzo romanzo La storia scartata (Terre d’Ulivi 2018). Ad aprile 2021 è stata pubblicata la raccolta poetica Diramazioni (Ensemble) e nel 2022 Perdite (puntoacapo). Fa parte dello staff di Bologna in Lettere BIL, spazio di dialogo e condivisione di letteratura contemporanea
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