dalla prefazione di Ariase Barretta:

Specchio, specchio delle mie brame chi è costei che vaga fuori dal reame?
È la sacerdotessa nata per partenogenesi della luna. La Regina delle favole silvane. Colei che vive ed esiste, solo se invocata. Che si flette solo se è un passo di danza. È la sciamana che accende i sensi e poi li sacrifica sull’altare della giustezza pagana. Non la troverete in ciò che è donna, né in ciò che è sposa. E neppure in ciò che è uomo. La troverete nell’abracadabra delle sue parole. La troverete solo se prima troverete voi stessi. E poi anche il contrario. Perché qui, in questo regno di versi magici, tutto è sovvertito.
Tutto è meravigliosamente sbilenco in quest’opera di Margherita Ingoglia. Tutto è fuori norma, trasversale, queer. Tutto è riflesso attraverso uno specchio nero, come i regnanti ne Las meninas di Velázquez. Le fattezze esperpentiche di Max Estrella negli specchi concavi di Valle-Inclán. Qui non avrete l’imbarazzo della scelta, ma la scelta dell’imbarazzo. Perché alla sacerdotessa la poesia non basta – la poesia, stricto sensu – meglio versi dotati di una traccia narrativa, meglio l’impossibilità dell’ordine, l’accettazione del caos primigenio, e la sua adorazione. Meglio una Prosa poetica, o meglio, una Poesia prosastica. Prosaica, persino, e irriverente. Meglio le frasi palindrome, l’ordine prodigioso delle parole in cui ogni cosa è ricondotta al suo inizio […]

Mi hanno costruita immobile
una combinazione di calce e cemento
Sto nel mezzo, tra due sorti
Non ho sensi
né lessici da tramandare
La mia è un’esistenza d’essere
Sono un essere dell’esistenza:
una delle tante
Sono il guanciale delle mosche
il corridoio delle mantidi
un confine di memorie.
Sono la linea conclusiva dello spazio
l’ostruzione della luce
Sono presenza inenarrabile
Divido
Esisto per essere un frammezzo
Non congiungo
Sono il limite che disgiunge
Separo
Soffro della libertà della spartizione:
per due, per tre, per te
Per sempre.
Non ho grammatiche né alfabeti
Sono irraccontabile
Opposta al mio corrispettivo
Sono oggettiva
mi soggettivizzo per volere degli altri
Sono ostacolo di suono
Esisto ma non sono
Mi hanno edificata senza l’è dell’esistenza
un origliere di natura spenta
Mi tridimensiono e
mi piattizzo.
Sono un corpo fisso
Mio, di me
sono
Inenarrabile
Ascolto Vedo Supporto Tengo Correggo
l’è di chi mi innalza e mi divide
di chi mi vive
… eppure non ho sensi
Non mi distrae
il suono o il silenzio
il gioco o la lite
L’istante o l’eterno: io esisto
Finché reggo – tutte le intemperie –
Io esisto: esclusa dalla pancia delle cose
Io – che io non è –
Io – che io non ho –
Sebbene sia tangibile e reale
di quell’esistere che la vista può vedere
e la mano può toccare,
non posso fuggirmi
Mi abito
ma di presenza altrui
Sono prigione:
prigioniera, imprigionata
per questo sono stata elevata
Essere iato è il mio dovere
Sono la parete
Partizione di confine
l’immezzo
il limite
La fine

*

Sono nel doppio di me
in confusione gemella
Non mi basto nel singolo
duplicata mi muovo
col sospetto di non essermi seguita.
*

Le carte della fertilità le ho tutte giocate.
Ho smesso di sanguinare.
Di corpo sono come tornata bambina.

dalla postfazione di Marinella Fiume:

[…] Margherita, lettrice onnivora, scrittrice non da oggi, racconta la donna e il suo corpo di donna, la madre la figlia la sorella che non si piega ai canoni consueti della “buonagrazia”, che ha saputo ribellarsi a ogni arcaica imposizione patriarcale barbara e violenta, ad ataviche divisioni di ruoli, a convenzioni sessuali, a stereotipi che hanno fatto tacere la sua voce e l’hanno resa incapace di esprimersi, muta. Racconta antinomie e contraddizioni, conquiste e ritorni all’indietro, certezze e ambiguità e soste e pause riflessive, lunghe, con un linguaggio anarchico estremamente originale, ricco di coni lessicali, allitterazioni, consonanze e assonanze, giochi di parole e ossimori e un ritmo volutamente monotono, salmodiante, perché così è la vita, un caos paradossale, un eterno gioco, a rincorrersi, a resistere, in un tempo in fin dei conti ciclico, che sembra sempre uguale.


Margherita Ingoglia vive a Palermo, dove insegna nelle scuole secondarie superiori. Giornalista culturale, è iscritta all’Ordine dei pubblicisti di Sicilia dal 2015. Ha pubblicato due raccolte di poesie: Aldebaran (2006) e …e il corpo fu oltraggio! (2013). Gestisce il canale YouTube “Fimmina che legge” dedicato a approfondimenti letterari e interviste a autori contemporanei. Cura la rubrica culturale per l’emittente televisiva, Tele Radio Sciacca. Alcuni dei suoi scritti sono stati premiati e si trovano in diverse antologie letterarie.


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