
mi piace camminare rasoterra in allerta
dove covano forse semi senza scorza
lavati dal dolore golosi di linfa per diventare
come la carne ha bisogno d’amore
per farsi gravida e, varcando la soglia,
germogliare
capita che da una crepa un frantume
una ferita in un lampo spunti una campanula
un quadrifoglio da un impasto di fango, umili
segni feriali voci di felicità che scorre tra le dita
vorrei anch’io fiorire lì dove Dio mi ha piantata
lieve il tocco
lieve il tocco della porta
la chiave nella toppa
ti dico arrivo dalla stanza
in fondo dove silente scrivo
per contrastare chi assassina
i sogni, per dare un ordine
alle cose, come ai calzini
nel cassetto, al quotidiano
mezzo letto aperto sopra i libri
nella quiete bianca del salotto
ma tu non senti – forse non volevo –
e ancora col cappotto appoggi
i pacchi della spesa e io ti sono grata
per questo tuo lasciarmi assorta
a dipanare il senso delle cose
dentro a una riga che s’accende
dietro a un ritmo zoppicante
a una parola spudorata
capace di svuotare il nostro io
di fare posto al noi
sì, lo scarto del ruolo
nella pietà di una preghiera
che spunta dal deserto a colmare
la distanza quando frana ogni
certezza nel ripetersi di un gesto
perdonarsi
è
dentro un’assenza che ti ritrovo
e mi domando come è possibile
dopo deserti e lune, dopo tante pagine colmate
sentire di colpo questo vuoto
così estraneo al mio universo di lampi e di aperture
di fedeltà e di deliri.
è come un mancamento, un doloroso franare
le labbra chiuse da un silenzio senza scampo
(eppure fu il tuo sguardo acceso, l’amore denudato e illeso
a catturare il me sommesso e sconosciuto nel dono grato dell’amore)
dalla Lettera di Loredana De Vita:
[…] Quello che risalta nelle tue poesie è il peso e il valore dell’altro nella vita, un incontro che si fa memoria, memoria che consente di rinnovarsi attraverso l’amore nella consapevolezza che l’altro è parte di sé, una parte senza la quale ci si potrebbe sentire persi … C’è poi, nei tuoi testi, una traccia lunga quanto tutti i tuoi versi: il tempo. Un tempo che passa, muta, travolge persino; un tempo faticoso in cui spesso è difficile riuscire a immaginare un tempo solo per sé; eppure, è proprio la condivisione anche del silenzio, della solitudine, della stanchezza, che dà significato al tempo di ciascuno. Il tempo non cancella la tenerezza dell’amore […]
Dalla postfazione di Paolo Lagazzi:
Percorrere l’opera in versi e in prosa di Nadia Scappini è come avventurarsi tra i vialetti, gli alberi, i fiori, i muschi e le pietre di un giardino luminoso e vibrante d’ombre, accogliente e percorso da soffi, fruscii, tremori provenienti da chissà dove, intrisi di un intenso profumo spirituale, palpitanti di un’eco viva della sacralità radiosa e dolorosa del mondo … Benché profondamente radicato nel ”qui”, nel gusto del concreto, nella fragranza delle esperienze sensibili, questo mondo è segnato senza tregua dalle tracce di tutto ciò che sfugge alla presa: i sogni, i crinali dell’immaginario, i desideri, i timori, le nostalgie, la sete d’assoluto, lo spirito dell’impossibile o dell’altrove. Spesso ondeggiante su soglie sottilissime, in bilico tra fughe verso orizzonti utopici e ritorni nel dominio quieto della vita domestica, attraversata da crepe, fratture, lacerazioni e volta pazientemente a ricucirle, la voce di Nadia Scappini è il regno della tessitura, della polifonia e del contrappunto, dei ritmi in battere e in levare, della fragilità e del coraggio, della pena e dell’amore, delle ferite e della grazia. Sebbene la nostra vita si sia ridotta a una teoria di frantumi inservibili o a un coacervo di gesti sbiaditi, di parole disperse, di segni caotici, Nadia testimonia ciò che resiste al disfacimento della modernità … Tutta la poesia di Nadia Scappini tende alla preghiera: ondeggia e s’increspa inseguendo la verità che si annida tra le pieghe degli incontri, si flette verso l’umiltà della terra e scatta per imprimere alle parole un movimento ascensionale, per gettarle verso il cielo dello spirito, verso il non-luogo delle rivelazioni. Questa tensione si schiude a momenti epifanici, a isole di luce o a “fessure” d’alto nitore ma non può mai bloccarsi in qualcosa di compiuto, di chiuso, di perfetto in senso platonico. L’etimologia di “preghiera”, ci ricorda la stessa Scappini, rimanda a precarius: la preghiera non è mai il campo delle certezze ma la messa in gioco totale della nostra fragilità […]
Nadia Scappini, nata a Bagno di Romagna il 30 dicembre 1949, vive a Trento. Dopo l’insegnamento di discipline umanistiche nei Licei di Trieste e Trento, si occupa di promozione culturale, scrittura e critica collaborando con la pagina culturale di quotidiani e riviste nazionali. Presente sul sito di “Italianpoetry”, ha organizzato Convegni e Seminari di studio su Poesia e Mito, nonché il Premio di poesia Città di Trento-oltre le mura 2018. Numerosi i riconoscimenti nazionali. Tra i titoli più recenti: Un’ora perfetta, poesie, Aragno, 2015; Sonia e il poeta, romanzo minimo, Il Vicolo, 2016; Limone ruffiano, saggio/narrazione, Il Vicolo, 2016; Come dire dell’amore, poesie, Moretti&Vitali, 2019; Topografie interiori, racconti, Reverdito, 2020; La bilancia del cielo, traduzione in inglese, tedesco, spagnolo, russo, cinese del monologo in versi da Sonia e il poeta, Graphie, Il Vicolo, 2021.
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Maravilla. Podrías decirme si el libro está traducido al Español?
Me ha encantado
Buen día
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