*
Ci sono voci che cadono a terra come cortecce d’ombra –
mi dico: pensaci bene prima di raccoglierle
prima che si attacchino al suono
e il suono si confonda nella pastosità delle labbra
memorizza la realtà e la sua frazione fluorescente –
c’è più gusto a guardare la scia farinosa delle stelle
la scossa delle lucciole sul campo…
*
(terra)
noi siamo individui integri e guasti
abbiamo una chiave doppia da girare nella serratura
e se anche l’ingombro delle cose che pesano ci consuma
bramiamo la terra e quello che c’è dentro
guardiamo stupiti le immancabili stelle
e non cerchiamo risposte alla quadratura del cerchio
*
Ci sono più vivi che morti
nel registro del tuo giardino
sono forme erette, li chiami: gli agapànto del giorno
ma sei al margine dell’aiuola, non c’è quasi più terra.
Ancora un’alba rosata
ancora un giro nel motore della piazza che si sostiene a fatica
sul peso dei suoi luridi portici
e poi comincerà la conta di chi non appartiene più alla vita
dirai, senza sapere a chi – ridammeli indietro, non li trattenere
così attoniti e muti
sarà definitivo più della morte
e più lento
come sfogliarsi un po’ alla volta
scuoiarsi
arrivare all’osso della pena per troppa mancanza.
*
C’è neve bianca e lucida di ghiaccio
che rimodella
nel segreto della copertura
un paesaggio sconfitto dall’uso.
Prendiamoci questo –
mi viene da pensare,
il bianco asfittico del ghiaccio
l’energia che schizza dalle radici
prendiamoci le possibilità
le tante possibilità –
dalla sillaba alla poesia
le parole della passione
quelle dell’amore
il rispetto o la fiducia – al caldo sotto la lingua
prendiamoci il concreto del tatto
l’odore del mare e quello di un corpo
sotto le lenzuola
prendiamoci la benevolenza dei cani
i colori da un quadro di Rothko, i ‘lapsus’ di Rosselli
lo scricchiolio del gelo che sfibra sangue e rami
l’ironia, la grazia –
il rumore animale dell’elicottero che sorvola il quartiere.
*
Una pace livida, non diversa dalla tua memoria, sta sospesa
sul mare tenendoti legato a quelle immagini ormai così
familiari
da non farti più provare né tristezza né rimpianti
poi un silenzio di onde lontane è caduto sulla tua fronte –
non lo senti il loro raschio minerale però lo ricordi
negli anni, sempre uguale, monotono
prima acerbo ora influente come una nenia
che rincorre il tempo negandolo.
*
Daniela Attanasio, Di questo mondo, nota di Paolo Di Paolo, Nino Aragno Editore, 2013

Daniela Attanasio è nata nel 1947 a Roma, dove vive. Ha pubblicato i libri di poesia: La cura delle cose (Empirìa, 1993), Sotto il sole (Empirìa, 1999, Premio Dario Bellezza, Premio Unione Scrittori Italiani), Del mio e dell’altrui amore (Empirìa, 2005, Premio Camaiore), Il ritorno all’isola (Nino Aragno Editore, 2012, Premio Sandro Penna), Di questo mondo (Nino Aragno Editore, 2013, Premio Giuria Viareggio-Rèpaci) e Vicino visibile (Nino Aragno Editore, 2017). Sue poesie sono presenti nell’Almanacco dello Specchio (Mondadori, 2009) e nell’antologia Nuovi Poeti Italiani 6 (Einaudi, 2012). Dal 2007 cura la rassegna annuale di poesia Teramopoesia. Come critica collabora con quotidiani e riviste letterarie e dal 2002 dirige un laboratorio di lettura e scrittura poetica.
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