*
E tuttavia
per uscire dal mondo dovremo
intuire
decifrare
tradurre
l’angolo minimo di tempo dove
il pane è una luce verticale.
Si passerà da una porta assente
che si può immaginare dietro
le scale, in basso, all’opposto
del rosso che occupa le ore
per tutto il giorno. Il vecchio guardiano
conosce ogni passo, i lati insidiosi
eppure ripete
“Entrate entrate, poi
scendete sette scalini a destra.
Il luogo della fenice è un triangolo
vi accorgerete subito dove
conviene arrivare dove
non si dovrà andare”.
Si entra nel triangolo
e non si pensa a come uscire
se mai si dovesse tornare, o a fuggire
anche se nessuno dice da che cosa
ma è certo che accadrà
in un’altra parte del giorno.
*
Entrando nel triangolo ti fermi e pensi
LA VITA
quando risale da certe strade conosciute
poiché c’è un margine
nel vento delle cose
che gioca con la solitudine
perfetta dei sogni. È la distrazione
di un arcangelo smarrito, forse
la bufera annunciata di una nuova impresa.
Uscendo dietro la fenice ti fermi e pensi
IL DESERTO
come quando in un ristorante
finita la cena si libera lo spazio
affollato dalla tua presenza, lasci il tavolo
e immediatamente viene invaso da altri.
Ecco pronti nuovi bicchieri, e vino
e altra indifferenza. Tu non esisti
né mai sei esistito.
Si è cancellata ogni vanità
dello spirito. E adesso
sei soltanto sabbia nel deserto, rondine
illusa che fruga tra le rose di sasso
la verità nascosta agli uomini.
*
Unire unire unire
confondere gli occhi del sonno
con l’occhio del corpo quando il corpo
si apre allo spazio infiammato
del buio.
In questo modo
confusi occhi e sonno
si può rimanere sospesi sui luoghi
mai visti della vita, là
dove ogni parola è un’offerta
o la caduta di un dono
l’esperienza patita
di un incontro straniero e fertile.
*
Per uscire dal mondo dobbiamo
intuire decifrare tradurre
tutti gli indugi del tempo.
Ma i miei fiumi hanno scelto
la clausura delle mareggiate, hanno
condiviso i misteri impazienti di Orfeo
e tutta questa libertà inquieta dove
il pane è una luce verticale.
*
Il vento adesso è il confine
illude in avanti i giorni
li risveglia in altre case.
Da mille anni l’albero delle pagode
osserva l’Angelo seduto nel silenzio
abbracciato alle ginocchia, arenato
nel segreto delle sue ali.
Ma quali sono i limiti di un segreto?
Né ombra né inverno. Forse soltanto
l’alfabeto infedele perduto
a nord, un soffio antico
dolce trasumanar della vista
su questa terribile felicità.
*
Massimo Scrignòli, Vista sull’Angelo, Book Editore, 2009

Massimo Scrignòli è nato a Codigoro (Ferrara) nel 1953. Bolognese di adozione, vive in provincia di Ferrara. Laureato in Filosofia, nel 1987 ha fondato la casa editrice Book Editore, che tuttora dirige. Ha pubblicato i volumi di poesia: Notiziario tendenzioso (Seledizioni, 1979, prefazione di Giovanni Raboni), Lapsus (Seledizioni, 1981), Uguale desiderio di diventare un indiano (Seledizioni, 1982), Qualcosa di illune (Seledizioni, 1986, prefazione di Geno Pampaloni), Le linee del fuoco (Book Editore, 1991, prefazione di Roberto Sanesi), Libro d’acqua (Book Editore, 1994, postfazione di Silvio Ramat), Buio bianco (Book Editore, 1999), Lesa maestà (Marsilio, 2005), Vista sull’Angelo (Book Editore, 2009) – ora raccolti nell’opera antologica Regesto. 1979-2009 (Book Editore, 2014; Premio Internazionale “Gradiva 2015”, Stony Brook University, New York) –, e Lupa a Gennaio (Book Editore, 2019). Ha tradotto, tra gli altri, Eliot, Celan, Char, Pound, Apollinaire; sue sono la versione e l’introduzione di Relazione per un’accademia e altri racconti di Franz Kafka (1997). Ha collaborato con pittori di fama internazionale come Baj, Chia, Benati, Pozzati, Bonalumi, per la realizzazione di volumi e cartelle d’arte.
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