copertina

La poesia di Alessandra Trevisan è caduta e miracolo allo stesso modo. Un linguaggio limpido e complesso, capace a imprimere su carta fotogrammi di vita piena. L’autrice in questo libro d’esordio canta l’amore, seppur non rilega a uno spazio marginale anche il tema della solitudine: (“Sapere nel vento, conoscere/ per creare un tempo audace./ È dato rischiare questa solitudine/ di vendetta alle labbra./ Anch’io mi sono allungata/ senza chiedere e ho visto/ scendere simboli di luce”). E poi, ancora: (“Assorbo tutte le similitudini:/ convergono dove ci sentiamo/ esclusi, in un urlo salvo”). Solitudine come isolamento da un mondo che spesso ferisce e delude. Il ritiro sociale della Trevisan é un inno soffocato verso la luce.

Alle spalle, invece, troviamo il mare: questa tavola azzurra che culla ogni sussulto dell’anima. L’estate è inevitabilmente la stagione dell’amore, dei baci rubati sulla sabbia, del profumo di salsedine sulla pelle. Un amore certo non banale quello che prende corpo tra le pagine della Trevisan. Un sentimento già maturo e consapevole forgiato negli anni.
Il lessico è asciutto, caldo, breve. Troviamo testi di pochissimi e riusciti versi, tra cui un distico. La parola riflette l’azzurrità del cielo e del mare, si fa aquilone, a volare in alto oltre le teste degli spettatori. Tra le mani, un pugno di malinconia e un paio d’occhi a guardare l’eterno.

Potevano essere altri e uno solo
abbracciava la caduta
riusciva nel sistema
a intendere la fase che nega
il vincolo, deduce simboli
inciampa nei miracoli.

*

L’infinito si fa chiuso,
sospende una quiete senza risposte.
Aspira la parola, viva
provocazione del segno: si resiste
in pochi e in pochi si è a ritornare.

*

Restare aperti e indivisi
dentro questo spazio comune
in cui la fiducia è scelta
di carne e di cielo.


Scopri di più da larosainpiu

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.