*
fino alla fine
noi bambine antiche figlie adulte
convinte
che un tale amore sia
incorrispondibile così denso
da coagularsi in non-amore
né solo vicine o solo lontane
né solo fuori o solo dentro
sostanza consistente
in ciò che non si slega e non si compie
noi abbiamo il tocco
contiguità contagio
di spargere fecondità sul mondo
mute solenni operose e poi
declinati quei molteplici modi
tutti quei modi che sappiamo bene
di conservare la ferita
lasciando il campo
immarcito per troppa irrigazione
tra noi si irradia una concentrazione
che esclude la parola
più che altro carne soffio materia
banca amorosa informe
alla quale non possiamo tornare
e ripagarci il debito
per quante volte ci moltiplichiamo
nella stanza buia il moto a ritroso
si inceppa in avanti lo specchio
è vuoto e forse anche irridente
oppure è l’occhio
incapace a vedersi
fino alla fine
*
all’infinito
dal fondo dei corridoi
senza pareti della casa
tra la lanugine
spaventosa del nido
in ogni cielo fissa
l’occhio assoluto
gonfio di giorni
come una madre
al suo sguardo io
piatta come un graffito
il suo sguardo
scava nel ventre
una caverna simile
a una nave
caricata per il naufragio
*
sassi
ci sono ore
in punta di compasso
con pochi giri
di senso incerto
ci sono minuti scalzi
in punta di piedi
prima che scenda il buio
ad esplodere i camini nella casa
ci sono cerchi di calore
riserve – pare – tanto sono stretti
e tutto intorno
il corpo annega
blu come il sangue della luna piena
ore minuti cerchi
giunti a morire qui
nel lazzaretto di questa stanza
stanza potente stanza
senza porte
così accecante da quando hai sparato
alla lampada
che non vedo più neppure l’ombra
della penna
i sassi dentro al vaso
sono cristalli recisi di scelta
se viene nero
il frutto resta
assiderato
sul ramo
se viene bianco
stringimi
specchio distillato limpido di me
io non
ho più
nulla
*
sette passi
non ho mai visto
qualcosa di più nudo
delle tue mani
nudità che sta
luna sul golfo della
propria pienezza
per questa strada
che non piega non curva
uccello d’alba
non ho paura
di questa felicità
non ce n’è il tempo
la puoi cantare?
spesso mi sono persa
adesso ho il suono
brucio rigiro
nella tomba solare
del tuo sorriso
dove non c’è che
il nuoto caldo abbraccio
dell’arcangelo
*
suoni trasparenti
sono lo scatto breve
che separa la foglia che si schiude
dal sopore che la incendiava
sono quieta nell’aria
la mano che proietta
la lettera d’ombra sul tavolino
sono l’aritmia improvvisa
del passo tra i piani della città
che arretra al rosso delle labbra
la macchina viva delle ore
che setaccia il fluire
insabbiato del fare
la tempia che rintocca sul cuscino
veloce lenta più lenta la spirale
della notte sopra i corpi vicini
passano come le nuvole
rapide dei giorni i suoni
che versano le trasparenze
liquide nel cuore
caverna mammifera in bilico
tra i fiordi taglienti della gioia
*
Maria Luisa Vezzali, lineamadre, Donzelli, 2007

Maria Luisa Vezzali è nata nel 1964 a Bologna, dove vive. Docente di Materie letterarie nella scuola superiore, è traduttrice di Adrienne Rich (Cartografie del silenzio, Crocetti, 2000; La guida nel labirinto, Crocetti, 2011) e Lorand Gaspar (Conoscenza della luce, Donzelli, 2006). Ha curato un’edizione di Saint-John Perse, Anabasi (Raffaelli, 2011). Ha pubblicato i libri di poesia: L’altra eternità (Edizioni del Laboratorio, 1987), Eleusi marina (in Terzo quaderno italiano a cura di Franco Buffoni, Guerini e Associati, 1992), dieci nell’uno (Eidos 2004, disegni e sculture di Mirta Carroli), lineamadre (Donzelli, 2007 – premio Anterem/Montano), Forme implicite (Allemandi, 2011, con gioielli e disegni di Mirta Carroli), Tutto questo (Puntoacapo, 2018 – premio Don Luigi Di Liegro). Suoi testi sono tradotti in inglese, spagnolo, francese, tedesco, svedese e arabo. È apparsa su numerose riviste e antologie. Fa parte della redazione de “Le voci della luna” e del collettivo di traduttrici WiT (Women in Translation).
Foto dal sito Rimini Today
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