*

morire non è ricongiungersi all’infinito
è abbandonarlo dopo aver saggiato
questa idea potente

quando la specie umana sarà estinta
quell’insieme di sapere accumulato
in voli e smarrimenti
sarà disperso
e l’universo non potrà sapere
di essersi riassunto per un periodo limitato
in una sua minima frazione

*

mi trovo in una strana prova
non riesco a spingerla al di fuori del tempo presente
non mi sporgo oltre gli assiomi
cado nello specchio che sto creando
e tu che guardi un panorama statico
dici e ripeti e fai cenni

ora il silenzio algebrico ha preso la stanza
metà del volume è suo
i filamenti che si dipartono dal foglio
non vanno da nessuna parte
non convergono come dovrebbero
al completo disegno del teorema

*

senti la terra delle parole
il seme del distendersi
vanno tracciando dritto per i campi
con una strana impazienza ti affretti
alla casa degli anni
il capogiro è da gerani del ricordo
dall’eco dei gelsomini evocato nella polvere
la prima notte qui sarà una notte
di presenze e di deformazioni
altra polvere dentro casa che aspetta
in armi di estraneità e abitudine
giorni su giorni da non poter combattere
dolorosa assenza di odori di cucina
ragnatele che toccano il viso
e una litania di verbi andati

*

dici dove non sei
dici attraverso il corpo
la linea degli edifici sull’orizzonte
che ti racchiude
il fango dove passi illeso

bene sarebbe entrare in un locale
ristorante o altro
partecipare a qualche forma di vita
i bicchieri fanno schermo
e transitano tranquilli nel presente
fuori un semaforo si muove e perde luce
verso le auto
che superato l’ultimo rallentamento
si dirigono al bersaglio dell’autostrada
veloci nella protezione degli alberi

sei capitato qui per caso dicevano
è il vapore che si leva dalla strada
è lo sguardo smarrito dai cappotti lucidi

ora tremi nel corpo
esci
ti sembra di non lasciare segni

*

forse non ho pace
forse la pace mi scava nel dolore
la notte fiorisce di tundre di documentari
il dolore a suo modo si oppone alle tenebre
il teschio rigirato di continuo per il verso giusto
il fuoco porta le notizie
il fulmine si lascia ammaestrare
il tuono viene spettralizzato per cogliere presagi
l’ingresso ha azzerato tutte le scale

*

Bruno Galluccio, La misura dello zero, Einaudi, 2015

Bruno Galluccio è nato nel  1953 a Napoli, dove vive. Laureato in fisica presso l’Università degli Studi di Napoli, ha lavorato in campo tecnologico occupandosi di telecomunicazioni e di sistemi spaziali satellitari in progetti di cooperazione europea. Il suo primo libro di poesia, Verticali, è uscito per Einaudi nel 2009; sempre per Einaudi, nel 2015 ha pubblicato La misura dello zero e nel 2022 Camera sul vuoto. Ha diretto la collana di poesia straniera della casa editrice Heimat. Collabora con il musicista jazz Antonio Raia in performance di interazione tra poesia e musica. Con l’artista Lino Fiorito ha realizzato il volume d’arte Carte d’imbarco (edizioni Il laboratorio, Nola, 2017) contenente disegni e testi.

Foto dal sito di Radiopace


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