
È difficile dare una definizione esatta ed esauriente di “poesia”. “La poesia – disse Mario Luzi – è imprendibile, perché c’è sempre qualcosa che rimane inespresso. Tutto sommato è la vita al suo più alto e intenso grado di partecipazione intima”.
La poesia nasce da un’urgenza profonda. Come scrisse Paul Celan in un testo poetico programmatico, è un “Canto d’emergenza dei pensieri/ nato da un sentimento, // che ha/ dei nomi svegliati dal canto/ non molti…”.
Una poesia è un insieme di parole ordinate secondo un ritmo che è quello dell’anima del poeta. Il poeta è un’“anima musicale”. La poesia è creazione e ricreazione di un’esperienza interiore in parole ordinate musicalmente; è un’esperienza di profondo sentire, è vivere creativamente la realtà quotidiana: un’esperienza “poietica”.
Il mio sentimento della poesia parte da questi versi di Charles Baudelaire: “bisogna essere sempre ubriachi/ di poesia…/ per non sentire l’orribile fardello del tempo”. E parte anche da questa definizione che Umberto Piersanti mi “donò” quando il 23 dicembre 1995 lo intervistai per un articolo che stavo scrivendo sulla sua opera poetica: “poesia è tentare di fermare il tempo, è vivere comunque e dare un segno al caos che ci investe e ci trascina. Scrivo poesie per non morire, scrivo poesie per restare, scrivo poesie perché alcune cose importanti della vita possano trascendere la mia stessa esistenza”.
Nella mia ricerca sulla parola, sono certamente vicino alla concezione simbolista della poesia, per cui la poesia è una forma di conoscenza e una visione simbolica della realtà: è intuizione della verità profonda delle cose, momento privilegiato di conoscenza, suprema illuminazione, epifania della vita autentica e rivelazione dell’assoluto.
Amo la poesia: perché con la poesia tento di fermare il tempo; perché nella poesia c’è un’attesa che non smette mai di ricordare; perché la poesia riesce a generare bellezza anche dalla più cruda realtà; perché la poesia è un grande, meraviglioso atto d’amore verso la vita.
Confuso estraggo dal cielo
lo scarto delle tue parole,
eppure ti amo così distante
e scavata nel viso.
La voce dentro il lago
non ascoltare.
Restare nell’ombra
la gente ride,
non si può calpestare
la linea del vento.
Restare per nessuno
non chiedere dove.
20 luglio 2022
*
È quasi sera
e tu non ci sei.
Per giorni non ho scritto niente.
Anche la tua ferita
è un silenzio vicino
un fiore senz’ombra
per quella sola parola
a testa bassa.
Ho cercato a lungo un rifugio,
per la mia resa
le cose mutano.
Prende forma un’adolescenza altra
i miei anni muti
l’altro più dolente amore.
13 agosto 2022
*
È domenica mattina
e sei sincero,
sei mio nemico.
Ti nascondi in un buco
e i tuoi soldi non mi interessano.
Gli oggetti non hanno peso
le serrande sono chiuse
i libri di scuola e i quaderni
sono ancora sul tavolo.
Non so ridere, pettino il silenzio.
Nella stanza sento ancora
l’odore di mia madre
l’immagine del mondo.
Se ci fosse vento stamattina
non sarebbe così male…
21 luglio 2022
*
Non senti quel verso
dell’ultimo fiato
la pioggia nella tua bocca
l’asola dove passa la nostra vita
lo spillo che traversa due stoffe
il filo del vento
sottratto ai pensieri
con la sola lotta
che simula l’amore.
Vorrei restare qui
a scrivere all’aperto,
qui tra gli alberi,
la prima parola
dopo la fine
6 gennaio 2023
*
Camminare
e non sapere dove andare.
Riesco ancora a vedere.
Non conosco il respiro.
I nostri sguardi ondeggiano
in un silenzio
calmo e immenso.
Essere davanti a te
acqua e corpo
terra e sangue
per giungere
a questo rovescio di parole
nell’incanto dell’alba.
Stringo forte il filo,
filo e stelle
per cucire la notte.
15 luglio 2023
Daniele Ricci è nato il 21 giugno 1967 a Fano. Originario di Marotta (PU), viene da una famiglia modesta (i suoi genitori erano sarti). Dal 1990 non abita più nel suo paese: per dieci anni, per motivi di studio, ricerche postuniversitarie e docenze, ha vissuto in varie città italiane ed europee; poi, all’inizio del terzo millennio, è tornato nella sua terra e si è stabilito a Fano (PU), dove tuttora vive e insegna al Liceo classico.
I suoi interessi vanno dalle lingue e letterature classiche (si è occupato in particolare di lirica greca arcaica ed alessandrina) alla poesia contemporanea (ha compiuto studi su Ungaretti, Montale, su Umberto Piersanti ed altri poeti marchigiani). Tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del nuovo millennio (fino alla nascita di sua figlia nel 2006) ha collaborato con alcuni periodici culturali. Nel 1998 ha pubblicato la raccolta di versi Lontananze, con postfazione di Giuseppe Bomprezzi (Montedit) e in questi anni sue poesie sono comparse in varie antologie e riviste letterarie.
Alla fine del 2022 è uscito il libro di versi Lezione di meraviglia, con prefazione di Marco Ferri (Italic Pequod; già premiato e segnalato in numerosi premi letterari, tra cui premio “Poesia Trasimeno – Città della Pieve 2023” e “Premio letterario Città di Grosseto Amori sui generis – V edizione”; Premio Speciale della Giuria al “Premio Antonia Pozzi – 2024”; premio “Eccellenza” al “Premio Lett. San Domenichino 2023”; finalista al “Premio Tirinnanzi 2023” e secondo classificato al premio “La poesia che canta – VI Edizione”). Alcuni suoi testi, con nota introduttiva di Marco Ferri, sono compresi in Smerilliana N. 25 Anno 2022, pp. 213-224.
Nel 2023 è stata pubblicata dalla casa editrice Dialoghi una silloge di vecchie poesie, scritte tra il 1998 e il 2005, dal titolo Il filo del vento, con nota introduttiva di Andrea Angelucci. A marzo del 2024 è uscita per Bertoni Editore una nuova edizione riveduta e ampliata di Lontananze, con nota introduttiva di Gianni Iasimone.
Nel 2025 uscirà per Puntoacapo Editrice la sua nuova raccolta: La macchina da cucire. Geologia del dolore (prima classificata per la cat. “Silloge inedita” al “Premio Switzerland Literary Prize 2023”, segnalata al “37° Premio Lorenzo Montano 2023” e finalista al Premio InediTO – Colline di Torino 2024).
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