*

Secondo luce

È come dirti addio
sopra il cucuzzolo del Mondo
dopo il mare fin dentro
che ci divide al ponte,
al passeggio chiarazzurro della barca.
Dire addio a te e – prima che sia –
a noi
a tutte le inconsolate vie della tua bocca
alle parole della pioggia sui canali
degli occhi.
Questo è il tempo: una luce di lampi,
breve, come il guizzo della terra
e manca, manca il cono d’ombra
dove si nasce, dove un po’ si vive.

*

Per parlarti ho preparato tre fuochi:
uno alla finestra nella bianca
bianchissima luce che esplode,
uno sopra il ceppo,
poco dopo il vento sul corpo di una noce.
Il terzo – un passato corto –
da una porta aperta a un ponte.
Al sole azzurro che dilava il cielo
mi dico di saperti cercare per il mondo
e a te che si esiste dall’ombra fino
alla chiarezza che cresce per aprire un tetto.
Forse aspèttati di vedere la paura
di non trovarti nel silenzio della pioggia,
sull’avanzo prossimo alle stelle.
Questo ti lascio: sempre il niente,
il poco e tutta la vita a innamorarsi.

*

Casa d’acqua

E questa è la bravura della casa:
rifiorire d’acqua dai pavimenti
prima di essere ceduta all’acquirente,
spandersi nel tremore
delle pareti occidentali
se brilla di rimando qualche sasso
caduto dal muro,
una moneta dalle tasche.
Un grande fondale, penso di raccontarlo
a te che senti come le cose
hanno battesimi infiniti
e adorano il dispetto, ci scelgono
come eterni compagni.
E vieni a vedere, stanza per stanza:
questo è il nuovo lago, di là c’è il mare
appena passa il vento
e piano piano il temporale.

*

I singolari sono plurali
dico casa e ne dico mille
perché se guardo fuori da qui
tante ce ne sono,
pulsano da non finire.
Il numero è la convenzione
che ci siamo dati prima di farci
spazio attorno, di vederci andare.
Se parlo al singolare fa meno male
il solo, la solitudine che fuma
di tetto in tetto, unica unità
che ci distingue ombra dalle ombre,
acqua dalle acque.
E a tutta questa storia sembra venire
in più uno straniero che non ti porta
in tasca (perché non ne ha nemmeno
una – se due non ne può avere -)
tu non gli sei neppure famigliare
in una stampa, una fotografia
così come lo sei per me
ma chiama, chiama tutti
con centomila nomi esatti
si esce, così, infine, dalle dimore
e camminiamo in stormi
si prova a fare bene
tutto e forte, tutto al plurale
per una volta tra le altre volte.

*

Sull’Amore, forse

L’Amore, la prima volta, arriva
poi si impara.
Due volte, in tutto. Forse tre.
La terza, allora, si ricorda
delle due passate, con maturità e rispetto.

L’Amore primo non bussa
così non sa se in casa ci sarai,
l’amore secondo concorda il luogo
e conta l’ora,
la possibilità che non sia dato tutto il volto
ma poi giunge puntuale e giusto
perfettamente intero nel quadrato
del giorno e della notte
con sera e pomeriggio ai suoi lati dovuti.

L’Amore numero uno
rovina sui bordi delle colline
cade come l’astronave abbattuta
sulla rotta del cielo
investe un’ala, è catastrofico nella sua luce
sfonda una porta, terremota il mattino.
L’amore numero due
prepara il calore nei vestiti
protegge il viso con le mani
impara a stare zitto due giorni di fila
sceglie la panchina più nascosta
accende il fuoco nel bosco,
ma sicuro, in mezzo alle sue pietre.

Solo l’Amore primo
sa il primordiale ferro e mistero,
l’amore secondo il balocco e una storia
tutta intesa e conosciuta.

Proprio l’amore primo
che perde la coincidenza
fa salire il seguente sul treno
al suo posto col suo biglietto
poi tutta la vita tenterà l’ingresso
da una stazione all’altra,
forse saluterà alzando gli occhi, solo passando
quando l’Amore secondo dorme caro, sereno
e non si accorgerà di niente.

*

Anna Ruotolo, Prodigi. Poesie 2007-2020, postfazione di Gianfranco Lauretano, peQuod, 2023 

Anna Ruotolo è nata nel 1985 a Maddaloni (Caserta), vive e lavora a Milano. Ha pubblicato Secondi luce (LietoColle, 2009), Dei settantaquattro modi di chiamarti (Raffaelli, 2012), Telegrammi/Telegramas (’round midnight, 2016, poesia bilingue italiano/spagnolo, traduzione di Jesús Belotto), Le stelle dormono a nord (Fara editore, 2021) e Prodigi. Poesie 2007-2020 (peQuod, 2023). Suoi testi sono apparsi in La generazione entrante. Poeti nati negli Anni Ottanta (Ladolfi, 2011, a cura di Matteo Fantuzzi), nelle riviste «Poesia», «Capoverso», «Poeti e Poesia», «Italian Poetry Review», «Gradiva», «La Clessidra», «UT» e, in traduzione di Jesús Belotto, sulla rivista internazionale «Poe +» e nell’antologia rumena di poeti italiani «Poezia», traduzione e cura di Eliza Macadan.


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