*

Questo è il bel tempo.
Il tempo che non c’è, che leva le tende e sparisce
si solleva da terra e sfuma nel primo strato
dell’atmosfera. Nessuno va più su
o di lato, o indietro.
Non maturano i gigli e le pesche, acerbe.
Si chiudono temporaneamente orifizi
e fughe prospettiche.
Tutta la folla rimane in attesa. Socchiuse le bocche
mentre altre stanze precipitano,
si abbassano al suolo come un periodare maldestro.
La scrittura non rincorre il fine riga.
Non passa per l’antica meta del cervello
il punto che arriverà.
Questi siete voi, i descritti.
Questi non saremo mai noi.

*

Un lago si è aperto sotto di me,
un vuoto d’aria e acqua. Immersi vi sono
i miei genitori, se ne stanno così
in profondità che tra noi, tra i miei piedi
e le loro teste corrono chilometri di silenzio.
Verticale, opaco.
Filtrato da strati vischiosi.
Solo così li rivedo, da sopra,
ma non sento i dialoghi di casa,
quel tipo di conversazioni.
Si sente solo un sibilo acuto come di cetacei.
Degli esseri viventi, quindi, che si muovono
nello spazio abissale che ci separa.
Non sono sicura che siano morti.

*

L’opera del corpo atroce ti sfida
al chiarore di una luna quasi estinta.
Sapendo poco o niente della vita
la perderai davanti a occhi distratti.
Del resto a chi importa del tuo salto nel vuoto
del non sapere nemmeno quel poco
che hai visto, gestazione di uno sguardo
nel concepimento di te medesimo.
Non si nasce all’indietro.

*

È un carcere grazioso questo cortile
del settecento su cui si affaccia la mia casa
piccola e un po’ scomoda. Ogni profumo
dalle piante sul balcone è un sommario di età giovanili
– la ruta, la ruta, traboccante dal vasetto.
Io abito nel millennio scorso, è tutto così inerte
e saporito, pietrificato e volato via.

*

Nell’antro delle notti ti aggiri visitando
formazioni cristalline, frammenti di verità
che baluginano nelle profondità terrestri.
Quanto più scendi, speleologo improvvisato
ma sicuro, tanto più riemergi al mattino
con il tuo carico di falsità.
Quanto più si svela, l’immagine nuda
tanto più si camuffa nell’operatività diurna.

*

Luisa Pianzola, Il bel tempo, Transeuropa, 2024

Luisa Pianzola è nata nel 1960 a Tortona. Si è laureata in Storia dell’arte contemporanea (Lettere moderne) all’Università di Genova e diplomata in visual design alla Scuola Politecnica di Design di Milano. Ha pubblicato i libri di poesia Sul Caramba (Sapiens, 1992), Corpo di G. (LietoColle, 2003), La scena era questa (LietoColle, 2006), Salva la notte (La Vita Felice, 2010), Il ragazzo donna (La Vita Felice, 2012), Una specie di abisso portatile (La Vita Felice, 2015), Il punto di vista della cassiera (LietoColle-Pordenonelegge, 2020), Il bel tempo (Transeuropa, 2024) e due plaquettes. Ha collaborato con il periodico letterario “La Mosca di Milano” e ha curato per LietoColle il progetto “Serre di Poesia”.


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