*

La distruzione delle cose

Riflessi,
nuovamente piegati
soggiogati buoi/bestie
alla morsa del tempo,
al buio come morte.

La distruzione delle cose.

E i nomi lì a rifulgere,
rifiutare di piegarsi,

di nuovo fare luce.

*

Estetica dell’estensione

Passa il piede a
fatica lenticolare,
tentando di appianare
ciò che ancora ci separa – pare –
dallo spazio
di uno sguardo esteso,
la vana visione,
uno sforzo di tensione
quantomai assediante.

Strapparlo fuori dilaterà
questo nostro tempo,
svelando quanta estensione
possa contenere il fruscìo
della bellezza.

*

Cosmagonia

Se un’enorme massa,
una dell’infinita
gragnuola
trapassante le galassie,
sfondasse i fragili
veli sferici
ad un’ora, ad un tempo preciso,
avremmo un’altra Tunguska,
impensati megatoni
del tramonto.

Questione di traiettorie,
risucchi implosivi
per cui siamo
conigli abbagliati,
sagome inutili
inette a smuoversi.

Chimiche brillanti
attraversano le ere
proiettando particole, orologerie
cieche puntate nelle tenebre,
luci scottanti della fine

l’universo enfiato
in un punto
che tutto sugge,
il nero foro dei mondi,
ombra contratta,
nulla allo stato puro.

Oscureremo per troppa chiarità,
un collasso
per veemenza di stelle…

entropia
non è piacere
di belle metafore e brune
ma morte della luce,
fuga da grazia
materna,
totale penetrazione
del gelo.

In un grande strappo
il mietitore fosco
espanderà questa
illusione vitale
esternandola all’oscura potenza

sebbene
serbiamo il segno,
unica serie di curve
al limite del sensibile
nella sera del cosmo.

*

Sta a noi

Come le infestazioni
del ficodindia
proliferare
persino sui tettimorti,

sopperire al vuoto,
riempirlo col guizzo
che rialzi queste nostre vite
ammansite,

mettere le spine – se necessario –
degnarsi
per preservare quel poco di dolcezza
che ci cresce in corpo.

Il frutto squisito della mente,
la duramadre
vista oltre la scorza.

*

Le porte del sogno

T’accompagno all’apertura
delle notti,
quando pareti di pensieri
dilatano spaesamenti
senza padronanza
e i perduti rintocchi
dei gesti non compiuti
segnano la paura
d’uno spazio trafugato,

lo spalancarsi
delle porte del sogno,

il dazio dovuto all’ombra.

*

Diego Conticello, Liriche terrestri, prefazione di Antonio Devicienti, Industria & Letteratura, 2022

Diego Conticello è nato a Catania nel 1984, vive nel comasco. Ha pubblicato i volumi di critica letteraria Lucio Piccolo. Poesia per immagini “nel vento di Soave” (con Franco Valenti, CAE for, 2009) e L’oltraggio d’una minima stella rugginosa. Viaggio nella poesia di Bartolo Cattafi (Mimesis, 2022); le sillogi poetiche Barocco amorale (LietoColle, 2010), Le radici del senso (in Poesia contemporanea. Dodicesimo quaderno italiano, a cura di franco Buffoni, Marcos y Marcos, 2015), ’U puccieddu (con opere di Luciano Ragozzino, Il ragazzo innocuo, 2018) e Liriche terrestri (Industria & Letteratura, 2022), vincitore del Premio Città di Legnano – Giuseppe Tirinnanzi 2023. Suoi saggi, recensioni e poesie sono apparsi su varie riviste letterarie e lit-blog. Alcune sue poesie sono tradotte in spagnolo, francese, inglese, polacco e greco moderno. È stato tra i fondatori del sito collettivo “Carteggi Letterari”. Ha diretto la collana di poesia contemporanea Φ (phi) per l’editore L’arcolaio. Fa parte del comitato scientifico del Festival e Premio letterario “Paolo Prestigiacomo – San Mauro Castelverde”.


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