
Dalla prefazione di Daniela Marcheschi
<<L’orizzonte era aperto>>
Per la poesia di Andrea Tuccini
Dolore calmo, composta malinconia, come cifra del tempo che passa, della solitudine, dell’allontanamento da un luogo caro, della perdita di persone amate: in senso figurato – per una malattia che le colpisce, ne trasforma il corpo, la mente, le traporta in breve in un’altra condizione –; e in senso proprio – la morte. È allora che le case vanno svuotate e chiuse, come indica il titolo della presente raccolta di Andrea Tuccini, magari perché bisogna disfarsene; è allora che anche tanti oggetti e ricordi si perdono e disperdono. Non per niente, Tuccini scrive nella poesia che dà il titolo alla raccolta Le case chiuse:
Ormai è certo:
l’abbraccio di vitalba non riscalda
e la memoria ancora in piedi nella stanza
appartiene a un arredo non più mio.
Il destino degli oggetti accumulati in una intera esistenza deve essere deciso da chi resta: e la memoria stessa, funzione selettiva per eccellenza, diventa anche pena, pena dello sradicamento; di dover in qualche modo cancellare il significato che per i nostri cari essi hanno avuto: di affetti e di esperienze. Eppure anche la perdita, nella sua crudezza, è costruttiva, perché fondamento del ragionare, di coscienza e conoscenza di sé e del mondo […]
Annunciazione
Il tramonto
sembra avere più fretta,
come le cose raccontate
da chi ha poco tempo:
sarà perfetto ascoltare
le nubi in lotta,
mentre l’aria intorno raffresca.
Un tempo la mia vita intercettava
moti che annunciavano tempesta;
ora mi sciolgo a ombre non mie,
rassereno anche se fuori piove.
È giunta l’ora di guardare altrove:
al panorama sconfinato,
dove nessuna estate langue.
Che arrivi, dunque, la bufera,
gli alberi si scuotano nel vento;
non c’è nessun angelo a bussare,
solo le prime foglie gialle.
Ti accompagno,
ma non posso entrare.
Panorama notturno
Ora so dove trovarti,
ma non avanzo:
basta un passo per franare giù
ma non è vero che finisce tutto,
perché sempre inciamperemo
e le parole torneranno ad assordarci.
Dunque si scende per questo firmamento
masticando ricordi e tramontana;
dopo un ininterrotto silenzio
trovarsi sospesi
con lo spazio che brulica di luci
e con la voglia di tornare
non si sa bene dove.
Riponi le tue reti che stanotte non si esce,
anche se in questo panorama
entrerebbe il mare,
e gli alberi sono impazienti
di sparare le loro foglie in cielo.
Vai lontano e brucia le tue scarpe,
abbi cura del tuo cuore:
che non entri per favore la faina.
Gennaio
Le stelle hanno curve strette.
Non occorre più spiare
i vecchi interni
dalla soglia delle case:
la polvere non lascia
che vestiti negli armadi e scarpe.
Anche gennaio sta bene su tutto,
come il grigio del cielo
e il reflusso del sole sui campi;
sta bene sui carnevali
e sui giorni quaresimali
in cui dobbiamo dormire
perché la Pasqua è precoce
e la resurrezione non aspetta.
Andrea Tuccini, nato a Castelfranco di Sotto nel 1966, vive a Montopoli in Val d’Arno (Pisa). Biologo di formazione, alla ricerca biochimica presso l’Università di Pisa e alla Scuola Superiore Sant’Anna, ha affiancato un’intensa attività di scrittura di poesie e canzoni. Nel 1996 ha vinto il “Premio Grinzane Cavour” per il miglior testo all’interno del concorso “Grinzane Musica! Scrivi la tua canzone”, la cui giuria era allora diretta da Fabrizio de André.
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