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TUTTA UNA VITA
Cosa sono gli anni, cosa portiamo negli anni:
questa invasione di granchi blu nel blu mare
la grandine che ha ricoperto tutto, le strade, le piazze, gli alberi
i fiumi asciutti d’inverno
le tue lacrime dolci come salmoni
che rimontano all’origine dei tempi
e non c’è stato niente di simile in tutta una vita.
I poeti non dovrebbero andarsene
ai primi bagliori dell’estate
né quando è tardi e si sta soli nella notte
con le foglie che bisbigliano parole,
uno stormire
file di foglie e di parole, linee spezzate
e dentro la luce.
Amarsi ancora di più da vivi finché cresce l’acqua
nei pensieri, fino ad affogare, sporgersi
all’indietro e scendere a testa in giù
dove scorrono gli anni e i ghiacci perenni.
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LA SCIMMIA DI DIO
Oggi mi sono fatto a mia immagine e somiglianza
in mezzo alle ortiche
con le ginocchia rosse e le cicale d’agosto
che strillano senza misura.
Ho imparato a togliere peso alle parole mettendo in fila
un piede davanti all’altro
tagliando dalla bocca nostalgia e cuore.
Avremo cura di ciò che siamo stati
e qualcosa di noi sarà finalmente estinto.
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L’ACQUAZZONE
Penso a quando anche noi lasceremo questo mondo
insieme a quelli che sono già andati e che ci lasciano
di ora in ora dentro l’acquazzone —
e che ogni cosa lentamente scivolerà verso il suo principio
finché saremo un barlume di pensiero
spersi nel buio di erbe cattive:
quelle piante addossate le une alle altre
per arrivare prime alla luce. Allora penso
all’acquazzone che ci ha cancellati
e penso e ardo e spero che tutte le parti divise
galleggino di nuovo insieme — terre di nuovo emerse:
uno intero di tutti
e a tutti sempre manca qualcosa per essere interi.
E penso allora di scivolare anch’io con te dentro l’acquazzone
dove siamo cosa ancora più viva
insieme ai morti che ci hanno preceduto
e penso e spero che resteremo vivi nel mondo
dove siamo stati per poco quella luce d’oro
che arde e rischiara
quando cessa di battere con gioia
l’acquazzone.
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IN VERTICALE
Ho creduto molto nell’amore e qualche volta
nevicava sulle chiare pianure del pensiero.
Dovrò avere pietà di me, di questo oggetto
mai eguale che agli altri corrisponde
per intermittenze. Eppure, nel buio
io vedevo gli uomini
scendere giù in verticale.
Ho creduto in una specie volatile di vita-amore
che diventa acqua a contatto con la terra.
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PAROLE (2)
Disprezzo del mondo, gioia, affinità elettive:
tutto proviene dalla stessa luce. È quasi giorno fatto,
il rumore delle erbe cresce nella città
sottratta al mare. Una canoa di verdi giunchi —
è questo il solo modo di risponderti senza anacoluti:
versione di me uguale
versione di me grammaticale.
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Marco Corsi, Nel dopo, Guanda, 2025

Marco Corsi è nato in Toscana nel 1985 e vive a Milano dove lavora nell’editoria. Ha curato alcune rassegne e pubblicato diversi contributi dedicati alla poesia italiana contemporanea. Sue poesie sono apparse su importanti riviste e blog letterari. La sua prima silloge, Da un uomo a un altro uomo, nel 2015 è stata inclusa nel Dodicesimo quaderno italiano (Marcos y Marcos) e nello stesso anno ha vinto il Premio Cetonaverde Poesia sezione giovani. A seguire ha pubblicato Pronomi personali (Interlinea, 2017 – Premio Maconi e selezione Premio Fogazzaro e Premio Ceppo), La materia dei giorni (Manni, 2021 – Premio Prestigiacomo), Appunti per un incendio dell’occhio (Stampa 2009, 2022) e Nel dopo (Guanda, 2025, nella dozzina finalista al Premio Strega Poesia 2025).
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