*
Si prenda, per esempio, il segno meno.
A differenza dei compagni di aritmetica
non forma croci, non si sbriciola in puntini –
è un solitario fil di lama orizzontale
perfettamente idoneo a resecare.
Non ne facciamo uso. Esso ci usa
per i suoi scopi senza darcene ragione.
Il segno meno ha qualche cosa di sornione
perché è dimesso, quasi zoppica e tartaglia.
Eppure taglia. Eppure taglia. Eppure taglia.
*
Il sentiero
per A.C.
Viene alla fine l’attimo degli atti netti
che sfrondano l’intrico di ramaglie –
il sovrappiù.
Viene la conta delle storie da spuntare
via via dal novero dell’esistente –
ora che arrivano voci non spurie.
E finalmente.
Viene il sentiero che adesso si aguzza:
ammonticchiando terra
come un forzato scavo.
Perché il sentiero inclina verso il basso
togliendo vista
a destra,
a sinistra.
*
Allo specchio
Mi stia a sentire, lei m’ingombra.
Un tempo no, un tempo mi allietava
la sua presenza, mi sembrava
di non poterne fare senza.
Tutto quel suo procedere composto,
la posa di ogni verbo,
la giacca a farfallucce…
Adesso no:
ogni centimetro del suo parlare
disturba, gratta spazio e tempo – serve, adesso,
il gesto a precipizio del decidere,
non la postura, l’impostura della sosta.
Non c’è più tempo. Ora la finisca.
Sparisca
dalla mia vista.
*
Pulizie d’autunno
A volte io vorrei fossero meno
gli oggetti intorno a ricordarmi come
probabilmente restino – e io passo.
Mi capita massimamente con i libri,
con la scorbutica, intramontata grazia
di certe storie non ancora, non ancora
– per deficit di tempo – delibate
né delibabili persino se mi accordo
longevità da personaggi della Bibbia.
Così, contronatura, contromestiere
sfilo i dorsetti e li destino ad altri
luoghi palati passaporti provvidenze.
E per un attimo mi scopro un po’ più forte
e meno effimero espungendo a uno a uno
questi minuti appuntamenti con la morte.
*
Scorso
La festa zigrinata di una pioggia
fuori pronostico seca i convogli.
E movimento e stasi fanno ressa
a pelo dei binari.
Munito del mio titolo di viaggio
piccologrande, corro
a un punto della vita semiretta.
Tutto si imbroglia qui, nel groppo corto
di un attraversamento.
Sparisco nella gloria piana di esserci
stato per un momento.
*
Alessandro Niero, Residenza fittizia, nota di Fabio Pusterla, Marcos y Marcos, 2019

Alessandro Niero è nato a San Bonifacio (Verona) nel 1968, vive a Venezia. Insegna letteratura russa presso il Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere Moderne dell’Università di Bologna. Ha esordito con la plaquette Tendente a 1 (Colpo di Fulmine Edizioni, 1996, presentazione di Milo De Angelis), poi confluita, con altre sillogi, nel volume Il cuoio della voce (Voland, 2004). A seguire ha pubblicato A.B.C. Chievo (Passigli, 2013), Poesie e traduzioni del signor Czarny (L’Obliquo, 2013), Versioni di me medesimo (Transeuropa, 2014), Residenza fittizia (Marcos y Marcos, 2019). Sue poesie sono apparse su «In forma di parole», «Poesia», «Atelierpoesia» e «Nuovi Argomenti». Della sua attività di traduttore di poesia e prosa russe si segnalano: S. Stratanovskij, Buio diurno (Einaudi, 2009), I. Turgenev, Diario di un uomo superfluo (Voland, 2011), B. Sluckij, «Il sesto cielo» e altre poesie (Passigli, 2013), D. Prigov, Oltre la poesia (Marsilio, 2014), E. Zamjátin, Noi (Mondadori, 2020), I. Ermakova, Lo specchio di bronzo (Einaudi, 2023). È inoltre autore dei volumi L’arte del possibile. Iosif Brodskij poeta-traduttore di Quasimodo, Bassani, Govoni, Fortini, De Libero e Saba (Cafoscarina, 2008) e Tradurre poesia russa. Analisi e autoanalisi (Quodlibet, 2019). Cura la serie «Russia Poetica» per Passigli.
Foto di Mauro Terzi dal sito Poesia Festival
Scopri di più da larosainpiu
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

