
Sentiva nel corpo l’autunno finire e l’aprirsi di una stagione di sconosciute attese. Stava dentro silenzi impazienti, mentre lungo le strade le foglie, piccole fiamme aduste, spogliavano gli alberi. Foglie da raccogliere e attaccare a un cartoncino o a mucchi da sentirle scricchiolare sotto i passi. Le pozzanghere dove farle navigare o in cui lanciare sassi e rimanere poi a guardare i cerchi domandandosi come fa l’acqua a farli così perfetti, uno dentro l’altro, in fuga dal centro – dalla ferita, pensava. Finiva l’autunno con i cartocci di castagne, le folate di vento improvvise e i mulinelli di foglie secche, le trecce sempre un po’ disfatte, le ginocchia sbucciate, i calzettoni di lana sulle gambe magre. I nomi dei buoni e dei cattivi sbiadivano sulla lavagna e dalle tasche del grembiule, scucite dall’eccesso di quel tempo all’estuario, cadevano i punti cardinali dell’infanzia: briciole, trucioli di matite, figurine, carte di caramelle. Se ne andavano ad una ad una le figlie di Madama Dorè; lo specchio perdeva paesaggi e tornava specchio; le bambole, senza più storie da raccontare, tornavano bambole, una accanto all’altra sui ripiani della libreria, cieche e mute con le loro cicatrici d’inchiostro.
*
Ai bambini capita di svegliarsi di notte, col cuore che batte forte senza sapere perché, senza sapere cosa li ha tirati fuori dal sonno e li fa scalzi e soli dentro il respiro del buio. Così lei, bambina, si svegliò, chiamata in quel mistero, e sorprese sua madre e suo padre addormentati – i loro corpi abbracciati e nudi – sul divano rosso che non si accorsero di lei e lei di loro, tornando a letto, in silenzio, portò con sé la presaga dolcezza della loro nudità.
*
È ancora l’incanto che lei cerca a tarda sera chiudendo le persiane e sempre alzando lo sguardo al cielo, alla luna – alla sua luce perpendicolare, in discesa verso il nostro stare attoniti o distratti dinanzi a tutto ciò che non chiediamo, eppure viene come un silenzio stordito che nulla insegna perché nulla sa della spinta dal cuore al collo, nulla del loro inclinarsi all’indietro per superare l’altezza di quel gesto.
Lucianna Argentino è nata a Roma nel 1962. Ha pubblicato i seguenti libri di poesia: Gli argini del tempo (Totem, 1991) con la prefazione di Gianfranco Cotronei; Biografia a margine (Fermenti Editrice, 1994) con la prefazione di Dario Bellezza; Mutamento (Fermenti Editrice,1999) con la prefazione di Mariella Bettarini e postfazione di Plinio Perilli; Verso Penuel (edizioni dell’Oleandro 2003) con la prefazione di Dante Maffia; Diario inverso (Manni editori, 2006), con la prefazione di Marco Guzzi; L’ospite indocile (Passigli, 2012) con una nota di Anna Maria Farabbi; il poemetto Abele (Progetto Cultura, Le gemme, 2015) con la prefazione di Alessandro Zaccuri; Le stanze inquiete (La Vita Felice, 2016); Il volo dell’allodola (Edizioni Segno, 2019) con la prefazione di Gianni Maritati; In canto a te (Samuele Editore, 2019) con la prefazione di Gabriella Musetti; La parola in ascolto (Manni editori, 2021); La vita in dissolvenza (Samuele Editore, 2022) con la prefazione di Sonia Caporossi. Il 29 settembre del 2019 le è stato assegnato il Premio Caro Poeta 2018 durante la quinta edizione di “La parola che non muore” Festival a cura di Massimo Arcangeli e Raffaello Palumbo Mosca.
https://www.italicpequod.it/books/corpo-di-fondo/
Scopri di più da larosainpiu
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

