La Poesia è l’arte del sentire, il bisogno di esplorare diverse vie di comprensione, attitudine vorace al dettaglio e alla natura umana. Poesia è glorificare il quotidiano, spezzettarlo e passarlo al setaccio, è ribellione, denuncia, una ragione di vita che si espande senza fermarsi mai. Ma soprattutto è un viaggio dentro noi stessi, la consapevolezza di noi e del mondo. Alla Poesia, chiedo Verità e Bellezza, Giustizia e Compassione, Salvezza. Mi dà tutto questo e molto di più, la consapevolezza dell’interezza e della disgregazione dell’Essere, la Passione, il Risveglio, lo Sturm und Drang. Scrivere è battere la parola, nel senso di dominarla; la mia poetica è il risultato di una lotta a mani nude, senza esclusione di colpi, e può quindi essere a tratti spigolosa, sa essere morbida e lieve solo mantenendo una nota di selvatichezza. Se fosse un fiore sarebbe un’erica di brughiera. La narrativa richiede per me uno sforzo maggiore rispetto alla Poesia. Là dove in Poesia la voce della mia Musa si accanisce, lasciandomi poco spazio decisionale, in Prosa ogni dettaglio viene sezionato, scelto, preordinato dal mio stesso discernere cosciente. Questo per dire che in ogni passaggio della mia Prosa esiste un fondo di robusta consapevolezza che si rafforza man mano con ricerche, riflessioni, tentativi faticosi di ricreare uno spazio, un tempo, una dimensione umana che abbiano forme stabili e credibili. Ho propensione per le situazioni che racchiudono una buona dose di mistero che mi piace creare e svelare poco a poco, mostrando i vari strati del reale, che si rivela non essere mai ciò che noi crediamo sia. Mi piace scavare nella psiche, esaltare le emozioni più sottili che accadono in ognuno di noi per poi restituirle al lettore come specchio e analisi di sé. Nelle mie trame l’azione non è fondamentale; lo sono invece il pensiero e il silenzio, il dialogo interiore. Sono attratta in modo irrimediabile dalle letterature nordiche antiche e moderne e dai grandi romanzieri di scuola classica europea, mi muovo bene in contesti lontani dall’attuale e ho predisposizione alle ricostruzioni storiche e ambientali di secoli passati. Scrivo dal luogo che mi è più caro, la mia casa, fatta non solo di cose materiali conosciute e amate ma anche e soprattutto di luoghi dell’anima che sono radicati in me da sempre. La mia forma narrativa ideale è il Racconto.
A spasso con Proust
Era abbastanza costante
L’andare e venire del ritmo
Costretto nell’immobile rigidità
del presente
[ un’ora non è soltanto un’ora,
è un vaso colmo di profumi,
di suoni, di propositi e di climi]
Secca vena rimarginata di fresco
I passi deserti delle cose e delle idee
alle tempie battevano
Così avveniva nel dimostrarsi meno duro al sentire
che l’amo d’una rimembranza sfiorisse dopo il profumo
(Un tovagliolo inamidato che)
[aveva precisamente la stessa inamidata rigidezza dell’asciugamano
con il quale aveva tanto stentato ad asciugarsi davanti alla finestra,
il giorno del mio arrivo a Balbec]
Rendeva possibile un corso di mite significanza
E gioie insperate all’aprirsi d’un suono
Davanti nulla spiegava l’evento
Si svolgeva contratto e poi assolto dal buio
Nella mente uno spiraglio di luce sognava
tornando alle posate e ai piatti tintinnanti
Rumori decisi a intrufolarsi fra silenzi
senza ricordi
[il passato è nascosto al di fuori del suo dominio e della sua portata,
in qualche oggetto materiale che noi non sospettiamo]
La bellezza di esser stati e di aver toccato e posseduto
L’ematoma sciolto del tempo ora sui selciati
Le paure dei giochi e una bambola rotta
Un melo fiorito nella campagna distratta
Batte forte il lampo contro vetri appannati
Si raggiunge la cosa nella sua concretezza
Dimenticata non più
Adesso che balla il minuscolo lembo di stoffa
alla gonna di mia madre
[Dipende dal caso che noi incontriamo questo oggetto
prima di morire
oppure non lo incontriamo]
Traducendo Einsamkeit
E’ il fuoco che m’attraversa
La redine della corsa non tirata
La molle cesoia del corpo in regime
Ad assaltare le curve prive di vergogna
resisto appena
Compulsiva in tendere assoli urgenti
Cavalli bianchi nell’occhio
Variazioni multiple del colore
(E tu vedevi i miei stessi colori
Allunando nelle pause)
nell’imbuto capovolto e la testa,
la testa in incrocio al bacino esposto
Decine le spinte corrotte
per perdere rotte definite
E’ il fuoco che m’attraversa
Nei mondi abnormi della conta
senza resto e senza risparmio che
riempio
Assecondata dai gesti di filo con trama
fitta
districata a matasse nel ventre
Traducendo Einsamkeit rompo le righe
E mi sbrano contenta
d’essere farfalla tinta nella fiamma
e nella parola che trasmuta
di deserto in valle e filo d’erba tenero
Poiché esistono violetti di corporatura robusta
e verdi sfacciati nei rossi della pelle
e miriadi d’occhi veri che attendono risposte
per crescere ancora nei miei geni
come gerani piantati in settembre
a svernare in teche trasparenti e tiepide
Traducendo Einsamkeit di notte
Non c’è che sole quando le brume dormono
Passando dal palco di Keats riemergo
ai boschi di Treichel
In Bellezza
Redime quella spalla
Redime quella spalla
(Or ora) un mento appuntito
O scaglia di ombra tonda
Il lungo tenermi la mano
ai cerchi del polso
Sei a incidermi la vita,
foglia d’albero solo sul petto
Quasi un dire senza suono
che abbonda in piene curve
come neve sulle bacche
E noi rami
E noi semi
I primi ad esaudirci
[la Bellezza selvaggia è ovunque qui]
Se fa notte, scura
(Or ora)
Ombre di nubi schiacciate al suolo
Ombre di nubi schiacciate al suolo
di campi impigliati nella luce rada
sottili recrudescenze di fogliame
a macchia
e stiletti d’ombra raccolti
fra rose abbarbicate ai muri secchi
dentro un’eco di campagne
docili
nell’adagio circolare dei fiori a spaglio nel verde
che abbacina
le iridi
e i tonfi di pietre
fra rami di lunghe gaggie e sambuchi
tripudio i papaveri nei fossi e le valli
i colli spalmati di stelle e martirio di luna
la notte
la brezza colmata da un solo ritorno
di suoni a mezz’aria dei grilli e dei santi
che cantano salmi in piedi e sdraiati
su erbe dipinte in astratto
da mani di angeli sporchi
di terra e sudore
nei sacchi le risme di sepali in fila
e semi rigonfi di speme
il mondo s’incanta a guardare che soffia
la brezza stremata sui tetti e sul fieno
e rotola
e rotola
la balla giallastra
la neve ha covato il suo dono migliore
Oh, tu
Oh, tu che non vedi l’osso
Il pungolo della scapola
Il ritratto del mio scheletro
Mi imponi le forme del pensiero
e ridi
compreso in te richiuso
Diversa la forma del gelso si spinge
contorta e tagliata nell’aria fredda
Ancora impotente ai rami corti d’azione nulla
legando alle siepi i disegni di primavera
Ma inverni immobili sui rami rompono
le geometrie insufficienti per un trono di marzo
le posture dritte dei termini mancati
o ancora s’impennano ai cieli bui le scale
di parole lette nella mente che intercede per
Heaney, Seamus
Il genio di natura e sbalzo nel mondo vivo
Come puoi non vedere le trine del mio spazio
E le risalite ai ponti dei discorsi
Malamente t’intrufoli appena
Non dormi fra i miei dolori né scendi mai
Alle piene del sentire fitto
Che sono io acqua e pietra pesante per te
Come quando scorro e resisto
Nell’appiattito volo delle farfalle di poesia
Mentite spoglie di donna immortale
Ruvida pozione di amore
Trasparente nei tuoi occhi grigi e muti
Federica Galetto, testi tratti dalla silloge “Traducendo Einsamkeit”, Terra d’Ulivi 2014
Video-trailer del libro: http://youtu.be/60EmoZAHWlM?list=UUe5dUZV8aXk2dPwbfwSBq8A
http://www.elioscarciglia.it/traducendo%20einsamkeit.htm
Federica Galetto nasce a Torino in un’ afosa giornata d’agosto del 1964. Poetessa, scrittrice, artista collagista, traduttrice, appassionata di lingua e letteratura inglese e americana. Nel luglio 2010 pubblica per i tipi di Lietocolle Editore la sua prima raccolta poetica “Scorrono le cose controvento” e nel 2011 la sua prima raccolta di Poesie in lingua inglese “Ode from a nightingale”, Masque Publishing, l’e-book “Silent is the House” (bilingue, Inglese-Italiano), Errant Editions 2011, l’e-book “Nell’erba il punto”, La Recherche, 2012, “Stanze del nord”, Onirica Edizioni, 2012, la raccolta di racconti “Fuori nevicano rose gialle” scritta a quattro mani con Simonetta Sambiase (self-published 2013). Sue poesie, racconti e traduzioni sono stati pubblicati su diverse riviste, blog letterari e antologie. La sua Poesia è stata citata da Maurizio Cucchi su La Stampa e sulla rivista Poesia. Vincitrice del Premio “La vita in Prosa” edizione 2011 e Verba Agrestia 2011, segnalata al Premio Ossi di Seppia 2012. Cura con Simonetta Sambiase la Collana di Poesia Exosphere Plaquettes , i blog personali “La lepre e il cerchio” http://lalepreeilcerchio.wordpress.com/, “La stanza di Nightingale” http://lastanzadinightingale.tumblr.com/ e “Io sono Elizabeth” http://iosonoelizabeth.blogspot.it/. Collabora con il blog CarteSensibili di Fernanda Ferraresso. Vice Presidente dell’Associazione culturale Exosphere PoesiArtEventi. Vive e lavora in Piemonte, in un piccolo villaggio del Monferrato.
L’ha ribloggato su La lepre e il cerchio.
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Grazie a Salvatore Sblando per l’ospitalità e grazie a tutti coloro che vorranno soffermarsi. Un caro saluto
Federica Galetto
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Federica carissima,
la tua scrittura merita il giusto spazio. E io spero di avere fatto un pochino la mia parte.
Un caro saluto, Salvatore.
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Che dire, Federica? Mi fai riandare alla “Struttura della lirica moderna” di Friedrich, uno dei libri fondamentali per capire fino in fondo come nasce la poesia contemporanea, una lirica più umana, più personale, più semplice e schietta di gioia e di dolore e tuttavia resta nella sua potenza grandiosa e pur così lieve , una delle libertà e delle audacie con cui la nostra epoca riesce a sfuggire le catene della funzionalità e all’ammasso dei cervelli. La poesia vuole essere un tutto autosufficiente, plurivalente nel significato che da essa irradia, un tutto risultante da un’intricata tensione di forze assolute le quali agiscono con la suggestione su strati pre-razionali, ma anche traducono in vibrazioni le zone del mistero. Ecco, bisogna abituare lo sguardo a quell’oscurità che vela di tanto in tanto la lirica moderna. Del resto , “nessuno scriverebbe versi se il problema della poesia fosse quello di farsi capire”, disse Montale tra il serio e il faceto, Ma la grandissima Marina Cvetaeva, costretta al suicidio (” Sappiate che esistono solo omicidi/Al mondo nessuno si è mai suicidato) , una vera e propria “martire”, eroina della poesia, diceva: “a cosa serve scrivere versi? .Ad eccezione dei parassiti, nei loro vari aspetti, tutti sono più importanti di noi poeti, e tuttavia io non muterei la mia con nessun’altra attività”.
Ovviamente questo è solo un passaggio rapido, rapidissimo, sulla tua poesia, su cui spero di potermi , un giorno, soffermarmi più a lungo
Complimenti anche al tranviere-poeta , alla sua irreale fusione tra il metallo delle rotaie e l’elettroshock drammatico delle sinapsi liriche.
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“…un’intricata tensione di forze assolute le quali agiscono con la suggestione su strati pre-razionali, ma anche traducono in vibrazioni le zone del mistero”.
Si, è così; in genere io scrivo in una sorta di trance.Grazie del tuo passaggio qui 🙂
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Ricca di rimandi e di massima pressione lirica, la poesia di Federica è una torre d’avorio su cui si riflettono le raffinate visioni della luce del verso.[la Bellezza selvaggia è ovunque qui].
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Tante grazie Met del tuo passaggio qui e del tuo delicato commento. Un abbraccio
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