PSIo scrivo perché cerco. Parole, soprattutto: per decriptare la realtà, per inchiodarla; per ricomporre l’insieme in uno degli infiniti modi possibili, e provare a capire. Per guardarmi andare, in questa realtà, da fuori. Afferrarmi.
Lo so, lo so che non sono io quella: ma non sarebbe bello, per un attimo, poterlo credere?

 


Tre Poesie inedite

*

 

Da questo serramento spalancato,
si vede poco e opaco
e molto resta ancora fuori icona:
scotomi lacunari
squadrano i nervi e l’orbita,
isolano –  incassate insospettate
cornici culturali –
scintille a sentinella anti barbarica
piantonano il normale ingresso osmotico
e invertono il deflusso dello sguardo
se va contro gradiente
e ufficialmente (lo dicono le fonti accreditate)
solo per un risparmio di energia.
Comunque sia, vedere
davvero serve a poco,
è noto il senso unico veicola
persino più utilmente stando al buio
azzera i rischi, esonera
dall’ansia di guidare
e d’altro verso
fioca la luce interna non aiuta
non ci rivela il cuore la ragione

*

Antalgica  la metropoli s’ingegna come può
a procurare un dio adeguato alla liturgia di sé
trafficanti di sacre scritture polimeriche
su insegne votive in pvc e celle ad agganciare
codici miniati, sinapsi ai microprocessori

[inquadra]

non è natura umana la sera nel mio non c’è più (s)campo
mentre mi rode un topo(s)cavi elettrici dentro la schiena
lo schermo bianco di trappole social(i) o nell’esercizio
proiettivo di tempo inoculato, urbano troppo urbano:
radica di occhio a muro in sede di luogo comune, a canone

Domani. Riaffiorerà domani , verticale e adult(er)a
la postura adatta alla vocazione querula di certe resistenze
–    la misura ironica sull’antimodernismo a cottimo

*

In delega alle nuvole
l’aridità retorica del pianto
e alle chiuse elusive a fibbia l’aria
di isole, a vaporare.
Alle stelle non chiedo
conto delle cadute
né di quel fatuo disegnare al buio
–   non sono eidetica, a quel che so.
Quanto ai silenzi, poi
è l’urlo che li deve contenere
ma non nei miei cataloghi ortodossi,
al più in un ordine appendicolare
– la postfazione facile all’agrume.
Di rado, e senza alzare gli occhi, chiedo
che ora è alle ossa.


 

Patrizia Sardisco  è nata a Monreale (Pa), dove vive attualmente.
Laureata in Psicologia, si è specializzata nel campo della didattica speciale. Lavora in un Liceo di Palermo.
Scrive in lingua italiana e in dialetto siciliano.
Suoi racconti brevi e alcune poesie si trovano on-line sui blog Tutta colpa della maestra , Apertura a Strappo, La presenza di Erato, Versante Ripido, Carte sensibili, Vibrisse.
Selezionata e premiata in diversi concorsi letterari, ha pubblicato in antologica, tra gli altri, con Lietocolle (Verba Agrestia 2012 e 2013) e AaS Press.
Ha curato l’introduzione di opere di narrativa e poesia e sue recensioni sono apparse nella rivista Arenaria (cartaceo) e su L’indice dei Libri (on line).