DICHIARAZIONE DI POETICA DELL’AUTORE
E’ da quando riesco a tenere la penna in mano che ubbidisco al richiamo della poesia. Se dovessi dire da dove proviene questo richiamo, non sarei in grado di spiegarlo. Tuttavia considerando la mia personale esperienza mi sembra che scrivere in versi origini da una eccedenza di pulsioni psichiche, quando si verifica un accumulo di sentimenti, emozioni, sensazioni, per alcune persone si rende necessario placare questa esuberanza trasformandola in parole, cercando di conferire all’effervescenza verbale che ne deriva una valenza estetica.
Se dovessi dire in quale direzione cerchi io di indirizzarla, direi che tutti gli aspetti della vita mi sembrano importanti.
Un interesse particolare suscitano in me le persone con le quali entro in contatto, che sia un’antica amicizia o anche l’attimo di un solo sguardo.
Non mi piace la poesia in cui campeggia un io ipertrofico, in genere tendo a nascondere l’io all’interno di embrioni di racconti, frammenti di vita appena intravisti o percepiti.
Penso che la poesia ci restituisca il gesto dell’impeto breve dell’abbraccio, il sostegno di uno sguardo che accoglie.
I campanili
Qui ci compete il chiarore delle piazze.
Questa è la mia terra: l’indicativo presente
delle cattedrali, il bagliore algebrico
delle pietre. Quanti orizzonti hanno sostato
nella traccia del vento intorno ai campanili,
e derive di costellazioni, teorie degli equinozi,
la progressione aritmetica dell’ombra
e variabili per noi indecifrabili nella gloria
degli arcobaleni. Si dipana questa terra, si spiana
secondo un criterio orizzontale, per isobare
di vigne, per fragilissime ondulazioni di uliveti
che rendono ineluttabile l’incontro. Cosa
si addice ai campanili ? Gli armistizi delle maree,
l’azzurro che li circoscrive, un andirivieni di passi
e nodi di spaghi e aghi e chiodi e un fruscio di
becchi. I campanili si cibano di pioggia,
della diuturna consistenza della luce, si cibano
della meraviglia negli sguardi, della nostra sgualcita
precarietà, dell’incespicare della vita in bilico
tra una solitudine e un’altra solitudine,
si cibano dell’orizzonte che si allarga fin dove le campane
spandono un equatore splendido di suoni.
(da “dentro il mutamento” antologia ed. Fermenti 2011)
Il regalo dei treni
Questo mi regalano i treni: il dilungarsi
delle periferie, grigi monologhi
di capannoni e infine la compattezza
dell’inverno profuso ai finestrini.
Il disegno dei pioppi, in lontananza,
graffia le mani di gennaio,
un volo d’uccelli cerca un equilibrio
dentro il vaniloquio di un cielo esangue.
Lo sguardo delinea i contorni della stagione,
traccia una mappa tra il gelo degli ulivi
e l’adesione dei peschi ai rivoli di un sole
che si nega, ai cristalli di una musica severa.
Scorrono intirizziti i rami, quel che resta
dei fichi, la nudità muta dei mandorli
arresi alla foschia.
(Poesia inedita)
Assaggiare il vuoto
Accade che un giorno spalanchi la finestra e senza
consultare l’orizzonte, senza neanche crederti
colomba, decidi di assaggiare il vuoto, di sperimentare
le dirette conseguenze delle leggi gravitazionali.
E io che cosa avrei dovuto più inventare, non basta
saper sorridere, ascoltare non è una condizione sufficiente.
Ci sono congiunture e adesso la cosa mi appare nella sua evidenza.
Spalancare la finestra e dire sì al vuoto, alla sua bocca aperta,
alla fame di te che manifesta. Erano già in riserva le lacrime
e il muro bianco d’ospedale esaurita ogni possibilità.
La bellezza non è un lasciapassare. Volevi essere accolta
hai scelto il vuoto di un cortile, lo spazio
bianco di un lenzuolo.
(Poesia inedita)
Paolo Polvani è nato nel 1951 a Barletta, dove vive. Ha pubblicato i seguenti libri di poesia:
- Nuvole balene, ediz. Antico mercato saraceno, Treviso 1998
- La via del pane, ediz.Oceano, Sanremo 1999
- Alfabeto delle pietre, ediz. La fenice, Senigallia, 1999
- Trasporti urbani, ediz. Altrimedia, Matera 2006
- Compagni di viaggio, ediz. Fonema, Perugia 2009
Sue poesie sono state pubblicate da numerose riviste.
E’ presente nell’antologia Dentro il mutamento, edito dalla casa editrice Fermenti nel 2011.
Le chiuse racchiudono quasi in un consuntivo quanto già espresso, ne ribaltano l’attenzione, e si torna a rileggere…
Grazie, Paolo.
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Il tocco poetico di Paolo rende sublime ed universale, il quotidiano. Tutta racchiusa qui la sua cifra…
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grazie per l’ospitalità, salvatore, e grazie per le letture, grazie a te e anche a rina per i commenti fin troppo generosi.
per il quotidiano: è l’unico che abbiamo, è la nostra vera ricchezza, meglio tenercelo buono, e magari cercare di migliorarlo, per quanto possibile
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Caro Paolo, hai perfettamente ragione. Il quotidiano è la nostra vera ricchezza e con la poesia non possiamo fare altro che migliorarlo.
Ancora grazie per la tua disponibilità, a presto!
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