“la mia poesia è costante esercizio del muscolo del dolore. E’ ricerca dell’estrema nudità. Quando ciò che gli occhi nascondono alla fine è svelato. Quando tutto è in frantumi e tra i cocci, finalmente, viene fuori il senso di sé”
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PAGLIACCIO
Ho posseduto un tempo
di straordinaria privazione
facendo della fame una costellazione
ed aquiloni con i tuoi avanzi
————————————-[arroganti]
Ho corrisposto il labbro
al fucile degli indicibili occhi
e il palmo del bisogno che piega
alla stretta che fiacca
—————————————[e sazia]
Ma quando è arrivata
come abbaglio la chiarezza
della tua consueta messa in scena,
ho lasciato la parte
—————————————-[all’ultima arrivata]
Ora, sarebbe gran follia farti tornare:
meglio saperti ammaccato
nel vuoto dei tuoi trucchi
nell’ovvio di una scusa
* * *
NON CHIAMARE FEDE IN TE IL DISAMORE VERSO ME STESSA
Non ricordo da chi presi a prestito la nostalgia.
Credevo di servirmene nelle notti di luna nera
per rivestire il busto secco del rancore
con l’inutile ritratto degli inizi.
In verità, mal sopportavo di amarmi
a condizione di saperti odiare.
Speravo d’invertire il cuore con l’esofago.
Stringevo il resto del tuo amore
per darlo in pasto agli intestini dell’angoscia
con la scusa di placarne la fame.
In verità, temevo il peso del coraggio
di stare al mondo senza la paura.
Non ricordo da chi presi a prestito la nostalgia.
Ed ora che nessuno la reclama
la sera lascio un piatto per sfamarla.
* * *
ERA IL NEMICO ED ERA LA MIA CASA
Tutto ciò che manca è così clamoroso
che ho imparato a gettarmi il vuoto addosso,
a smettere di distrarmi con l’attesa del ritorno
nella costante agonia della mia mutevolezza.
Come un dio intrappolato per eccesso di fuga
non ho più spazio per ospitarti nel mio tempo
né coraggio per lasciare il tuo ricordo muscoloso
talmente estraneo quanto immortale
Non puoi chiedere due volte la stessa forza
né colmare la distanza siderale
—————————–tra le nostre consonanti alla deriva
Il passato fallimentare cresce a dismisura
un giacimento di mancati appuntamenti
E vengo a visitare come allora
ciò che escludevo per eccesso di perfezione.
Trattengo tutto ciò che non c’è più né chiama
e questa vastità sottile m’assorda.
Ma non basta neppure la mancanza.
E la tua finta cura ancora al buio abbaglia
Tranese 35enne giornalista, blogger, performer e poetessa. Dopo la laurea in comunicazione, gli studi di filosofia e il master in scrittura cinematografica, comincia a collaborare con il Sindacato dei giornalisti cinematografici a Roma, la Rivista del Cinematografo e Filmmaker’s magazine. Nel 2005 entra in RAI a Report e si innamora del Medio Oriente. Studia la lingua araba, partecipa ad un corso di giornalismo per inviati di guerra della fondazione Cutuli e va a vedere con i suoi occhi il Libano e Israele. Ha pubblicato per numerose case editrici tra cui Lietocolle, Perrone, Vitale e Pesa Nervi. Attualmente lavora all’informazione di Radio1RAI, scrive per FocusMediterranèè di Independent News e sta lavorando al suo primo romanzo.
Dice di sé che sottovaluta da sempre le conseguenze dell’amore.
Paola De Benedictis: accidenti!! La seguo da tempo, la stimo tantissimo e la trovo geniale. Mi ritrovo nelle sue parole, nel suo stile e lei lo sa. Complimenti Paola, dal cuore e con la testa.
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sono commossa. la mia poesie o “serve” a chi legge o è carta straccia. meglio usare i miei libri come “zeppa” sotto i tavoli instabili…
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