Da un recente scambio di mail con il Poeta Lucio Zinna, nasce la seguente riflessione sul mio libro.
La pubblico di seguito, su suo permesso.
Ho atteso di poter leggere la Sua nuova raccolta di versi (“Ogni volta che pronuncio te”) con calma; disdegno leggere poesia – che sia tale – frettolosamente.
Trovo, intanto, la Sua una poesia riconoscibilissima, intendo dire dallo stile immediatamente riconducibile al suo autore: non capita spesso, oggi, in cui parecchi si muovono in una sorta di omologazione formale che li rende, per così dire, intercambiabili, signori di un poetichese solitamente tanto impeccabile quanto indistinguibile. La Sua poesia (già avevo avuto modo di conoscere e apprezzare “Arance mandarini e mandaranci”) si connota, in particolare: per la freschezza e novità delle immagini; per il modo, mai prevedibile, di “risolvere” esteticamente un testo; per un certo profumo bohémien che si avverte qua e là e che rende ora un paesaggio urbano ora uno squarcio di vita domestica o anche un semplice gesto, uno ‘spazio’ privilegiato in cui va a ritagliarsi una vita d’artista. E soprattutto, per la tendenza a calarsi nel quotidiano e risalirne in altra dimensione, ampliandone gli àmbiti, cogliendone aspetti inusitati che lo rendono, per così dire, altro da sé, con le sue punte di eccezionalità che, a loro volta, si guardano bene dal presentarsi come tali, ma ti lasciano un segno dentro e le avverti, allora, per quelle che sono, vale a dire per il loro sapido consistere nella sfera dell’essenza e non (più) in quella dell’apparenza.
Ho trovato i Suoi testi vicini al mio modo di sentire, nel segno di quel “piacere della condivisione” cui Lei accenna nella Sua dedica. Ho gustato, in particolare: “Tintoria Graziella” (splendida), “Come noi”, “Invidio il mare”, “Silenzi”, “Di fiori rossi”, [Restare ore ed ore].
Queste, le mie impressioni, a caldo. Gliele comunico così come emergono.
Grazie del gradito dono e complimenti vivissimi.
Lucio Zinna