L’INQUILINO DELLA CASA SUL PORTO

Romanzo di Biagio Balistreri, ed. Spazio Cultura

(Ester Monachino)

Inquilino

A lettura ultimata del romanzo “L’inquilino della casa sul porto” di Biagio Balistreri e ripercorrendo le dinamiche generali fondanti della narrazione, si può senza dubbio affermare che protagonista principe è la Parola. Non a caso nella quarta di copertina leggiamo:

Io credo che le parole corrano lungo il filo del tempo, e col tempo modifichino suono, colore e significato, legandosi indissolubilmente ai fatti accaduti, alle sensazioni provate, alle lacrime e al sole”.

La forma epistolare con cui è strutturato il romanzo ben dipana un linguaggio dell’immaginario, del senso intimo, intrecciandosi ad un corpus dell’Anima più che ad una contingenza degli accadimenti. Il senso è nella Parola non ambigua, non estranea, nelle sue intrinseche interrogazioni, nelle voci che ricercano e cercano di pronunciare il possibile senso del vivere.

In breve, il narrato: il protagonista, nuovo inquilino di una casa sul porto, trova in un cassetto delle lettere anonime di ben tre personaggi attorno a cui ruota la vicenda di amicizia, di amore, di solitudini, gelosie ed abbandoni. Del protagonista leggiamo quindici lettere; una lettera del giovane amico; sei lettere della donna, Tindarella, all’inquilino.

Sotto la rete significante del testo, certamente nucleo empatico assumono la casa, la terra, la città con i suoi odori: invero, questi elementi più che geografie esteriori sono inscritti nell’intimo, sono sue categorie, sue verità anche se non lineari ma ellittiche nel persistente rovello intellettuale e sensoriale. Leggiamo, a pag. 48: “Io credo che il mio amore e questa terra siano la stessa cosa. Tindarella è questa terra, ha il suo calore e la sua asprezza, possiede i suoi colori… Nella storia che ti sto narrando… la commistione fra scoperta e memoria, fra passione, ragione e fede… fra i tanti linguaggi della terra, del corpo, dello spirito, dell’intelletto e della storia.”

Versanti connotativi multipli di lettura, dunque, ma certamente fondante quello della Parola in sé, nella sua densità, nella sua architettura che fa dell’esperienza dell’affettività, degli accadimenti una “vista d’interno”. A pag. 45 leggiamo: “… io, che di parole intessevo reti avvolgenti, che talvolta vivisezionavano la realtà,… scardinandone relazioni e connessioni, soffrivo del vuoto nel quale queste parole sembravano cadere…”

Pure, la “vista d’interno”, prima in sospensione di leggerezza (“la leggerezza era il sentimento che distingueva quelle prime giornate: essa risiedeva nel corpo, nello sguardo, nel desiderio” p. 78), in seguito somatizza una gravità che appesantisce le interrelazioni per cui ciascuno diviene monade a se stesso. La vista sul porto, con le sue imbarcazioni e gru, che dovrebbe essere sinonimo di libertà, di forza cinetica, nulla restituisce alla forza salinica e raggelante quale può essere la gelosia e il senso di dominio e di possesso lontani interi universi dall’amorevole forza libera e liberante dell’altro o dell’altra, in questo caso: “… un uomo che baratta il miracolo dell’amore non con la grazia divina del dono, ma con la pretesa del possesso” (pag. 70).

Con la gravità subentra il silenzio.

Leggiamo: “Forse queste lettere sono inviate a me stesso” (pag.58); “per la totale incapacità, mia e sua, di comunicare” (pag.59); “… ti restituisco le tue lettere… scegliendo il silenzio” (pag. 71).

In questo silenzio metaforico, il protagonista è come se perdesse i connotati e la consistenza della parola animica e corporale per cui “… sei un’immagine i cui contorni si fanno incerti sullo sfondo di una grande vetrata che si affaccia sul mare” (pag. 89).

Il corpus narrativo possiede una colonna vertebrale di forte densità introspettiva sapiente nel coniugare il pensare e il sentire; usa un tocco delicatissimo e impalpabile quando a parlare sono le scene dell’amore; con minuzia di dettagli senza incertezze, senza occultamenti parla d’abissi, di cieli e d’Anima. Dell’Esserci terrigeno con le sue molteplici strade.

Gran Narratore, Biagio Balistreri.

Ester Monachino

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Ester Monachino è nata a Realmonte (Agrigento), dove risiede.
Ha conseguito la laurea in Filosofia e Pedagogia presso l’Università degli Studi di Catania. E’ insegnante.
Ha pubblicato:

• Foglie sparse (Roma 1975)
• Geometria d’un cigno (Catania 1979)
• L’orizzonte verticale (Forum/Q. G., Forlì 1980)
• Sentieri d’erbe (Bastogi, Foggia 1983)
• Le labbra (Scheiwiller, Poeti del Montale, Milano 1987)
• Inchiostro di papaveri (Il Vertice Libri, Gli eredi del sole, Palermo     1987)
• Eclisse errante (Firenze Libri, Firenze 1989)
• Alchimie di Realmonte (Ed. dell’Ariete, Siracusa 1992)
• Un rito di frumento (Piero Manni ed., Lecce 1998)
• Dedicato a… (AICS-Regione Sicilia, Agrigento 1998)
• Tra luce ed ombra il canto si dispiega (Ed. Ila Palma, Palermo             2002)
• Laiche recitazioni (Giano Ed., Roma 2011)
• Logos Spermatikos (eBook n.173, La Recherche.it)
• Damareta (Aletti Editore, Roma, 2016)

Ha curato la prefazione di diversi volumi in prosa e poesia; opera attivamente nell’ambito culturale.
Collabora a diverse riviste, settimanali e quotidiani con testi letterari e note di critica.
E’ inserita in diverse antologie poetiche e volumi d’arte.
Critici autorevoli si sono occupati dei suoi scritti.
Fra gli altri, nel 1986 ha vinto il premio “E. Montale” per l’inedito; nel 1998 il premio “E. Montale” per l’edito con il volume “Un rito di frumento”; nel 1999 il premio “Firenze” con il volume “Dedicato a…”.
E’ stata inserita nel programma dell’edizione del 1999 del Festivaletteratura di Mantova.
E’ stata discussa presso l’Università degli Studi di Palermo una tesi sulla sua opera dal titolo “La lirica di Ester Monachino: tra effimero ed assoluto”.
Tra le varie opere di critica su di lei l’ultima in ordine temporale del marzo 2008 è il saggio critico “La parola alchemica nell’opera di Ester Monachino” di Stefania Monachino, edizioni AICS.
Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e radiofoniche sia concernenti la sua opera sia in qualità di critico letterario; tra le altre ha focalizzato particolare attenzione sulla sua poesia, nel maggio 2009, la trasmissione “Inconscio e Magia – Psiche” (RaiDue).

e-mail: estermonachino@virgilio.it estermonachino@gmail.com

Biagio Balistreri : è nato a Roma ma vive da oltre venticinque anni a Palermo.
Ha pubblicato: Respiro l’aria del Sud (I Testi, Lacaita Ed. Manduria, 1980) segnalato al Premio Viareggio – Opera Prima e al Premio Vallombrosa e vincitore del Premio Campofranco 1981; Generazioni (I Testi, Lacaita Ed. Manduria, 1985) e Tracce (Arnaldo Lombardi Ed. Siracusa, 1988).
Un suo racconto “il ficus di piazza Marina” è stato pubblicato in Raccontiamo Palermo – Nuova Ipsa Ed. Palermo, 1997.
Il fabbricante di parole (Spazio Cultura Edizioni, Palermo, 2013) è il suo ultimo lavoro poetico.
Giornalista pubblicista, sue poesie, racconti, interventi critici e interviste sono apparsi su numerose riviste.
Con un suo omaggio a Renato Guttuso è presente nel Catalogo della mostra del pittore, organizzata dalla Provincia di Siracusa nel 2001.