castrovinci inverni

Nacqui in inverno, il ventritré gennaio
a un’ora tarda della notte, Acquario:
sarà il mio segno, l’ascendente,
la vita scorsa, che in febbraio
compiva gli anni lei, come me Acquario;
saran sciocchezze cui appellarsi nel silenzio
ma era l’unica con cui mi ritrovavo.

E adesso che sia estate primavera autunno inverno
vuoi tu che muti una stagione, un tempo
se in noi precisamente reo si impone
lo strazio per respiri piovaschi di umidore,
per girasoli folli nel giallire,
per rubescenti aceri rossi contro il cielo?

Non è l’inverno se non d’anima stagione.

*

Solitamente in me l’inverno scaccia
col suo gelore ogni pensiero greve:
dalla finestra vedo il grigio monte
tremano i pini sull’aereo picco;
batte sui vetri, bianca, chicco a chicco
grandine tinnula in sciami dal monte.
A volte è pioggia, ghiaccia ma non neve;
nulla oggi è lieve, madre, ma minaccia.

*

Mi adagio tra nuvole stanche
guardando il mio nulla, che resta
in questo perenne grigiore:
non vedo dolcezza, né amore
che possa ridarmi una mesta
ma dolce tristezza… le bianche
tue labbra mi sono un ricordo
lontano, un ingordo rimorso:
non amo che il male, il mio cuore straziato.

*

È il crepuscolo, placasse la luce, no
sparire
o imparare l’aurora come i giorni
che fino a quando hai luce nelle pupille
niente
muore.
Ma al confine
(è proprio lì, la vedi?)
si carica impazzita d’altro
(non la colgo)
la rosa! La rosa!
Ma non la colgo
non la colgo
piango.

Ma dove sei,
e che cos’è questo crepuscolo,
come difendermi da questa luce, dall’improvvisa
intuizione del buio che mi abbraccia?

*

Solo con te era il dialogo e dunque
una conoscenza
non dico esatta, ma accettabile.
Labile scorro del tempo lo scorno:
l’Amore puro che ti porto in vita
è un’ecatombe di parole assenti,
un dilaniarsi, un distillare assenza
debito eterno contro il prezzo madre.

*

Il golfo di rosa del cielo
riflette l’imbuto; su un velo
d’azzurro una nuvola sola
rosesce rosseggia s’inviola;
tardiva un’ape legnaiuola
lucendo d’azzurro e di viola
ronza a un gelsomino, poi svola
vibrando all’aiuola vicina
che odora, lieve, di cedrina.
La mia fantasia bambina
ti rivede, viva, in cucina,
in quel giardino interno: il gelsomino
al crepuscolo d’insetti vibrava,
qualcuno si chinava
a coglier rosmarino…
Forse ero io, a San Vito, da bambino.

*

Passano mesi, anni,
e chiedo come mai, anziché una torta
mimosa, a te portai
versi,
versi e inutili versi!
Più non mi parli:
perduta è la gioia di quei tersi
tramonti rosazzurri di febbraio.


Andrea Castrovinci Zenna, nato a Palermo nel 1988, è docente di Italiano e Latino nei licei. Il nome di mia madre è la prima raccolta poetica (Ensemble 2018); arriva terza al Premio Pascoli, L’ora di Barga (2018) e, con l’ultimo testo, vince la terza edizione del Premio Isola Pino Fortini (inediti sono apparsi sul web attraverso riviste specializzate nel settore poetico, alcuni tradotti in lingua spagnola.2018). Inverni è la seconda raccolta, edita da Terra d’ ulivi edizioni (2022). Con l’inedito Riposi placida al cuscino stretta vince il primo premio Edizioni del Mirto – Pino Fortini 2019-2021.