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Montacala
a Elda
Ti so condannato a sospingere senza interruzione
su un piano inclinato il tuo masso fino in cima
a lasciarlo ricadere con tellurico squasso
per risospingerlo di nuovo verso quel cielo mitico
che è ormai un uovo troppo riempito.
Ugualmente, mi tocca affrontare, ogni giorno
pur non essendo mai partito, il viaggio di ritorno.
Viaggio perturbante dover la vita ripercorrere
a ritroso, un attimo prima che sia finita.
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L’avanzo
L’automobile s’era fermata.
S’impuntava come un mulo carrettiere.
Non voleva saperne di ripartire.
In officina il motore è stato smontato e rimontato.
Dopo molte cristonerie del meccanico e mie,
alla fine è ripartita. Eppure non avrebbe dovuto,
perché un pezzo misterioso avanzava:
a guardarlo mostrava una sua informale forma,
quasi si fosse staccato da un dipinto di Riopelle.
L’avanzo è stato a lungo indagato.
Non si è capito quale funzione avesse all’interno
del motore. Per me ha finito per simboleggiare
il libero arbitrio; per il meccanico lo smacco
di un sistema che credeva di precisione.
Da allora l’automobile ha tuttavia continuato
a funzionare. Quel pezzo avanzato è diventato
un fermacarte della mia scrivania; ma soprattutto
un arcano, che interrogo ogni giorno.
Sembra riemerso, o sfuggito alla riorganizzazione
tellurica degli inizi. Perfino nell’officina di Dio
non fu previsto l’avanzo del Terzo Giorno.
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L’indefinito
Ancora verde nella sottana, ma già seccata in cima,
l’albera grande è stata tagliata alla radice.
Intorno alla sua tavola rotonda, ci divertiamo
a fingerci arturiani. Ma quando contiamo
i cerchi del ceppo, innumeri ci sembrano.
Con scrupolo, ricominciamo ogni volta a contare;
ma i troppi cerchi sfumano nell’indefinito.
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A sipario chiuso
A sipario chiuso, se vero dialogo non c’è stato
si fa interiore l’atto teatrale, monologante.
Un solo costume di attorgiovane
indossato da un anziano ripetente.
Le parole del testo, però, le ha cambiate:
sono diventate le parole della primadonna,
ingessata nella parte. Ma non se ne accorge
nessuno, nessuno è presente nell’emiciclo del teatro.
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Il congedo
La struttura scheletrica del paesaggio invernale,
il sole declinato come un verbo al transitivo
si rispecchia nel pallore dorato della finestra.
La sintassi sembra crogiolarsi in se stessa.
Misuro la distanza di vita maldestra,
saluto tutti, anticipatamente, fingendomi
sereno considero che sufficientemente a lungo
ho vissuto (ma al 5% anch’io, più o meno),
eppure non voglio che sia, come quell’altro,
il mio un congedo cerimonioso.
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Beppe Mariano, Attraversamenti. Poesie 2011-2017, prefazione di Giovanni Tesio, con un omaggio di Gianni D’Elia, Interlinea, 2018

Beppe Mariano è nato nel 1938 a Savigliano e vive ai piedi del Monviso, sua montagna totemica. A metà degli anni Settanta è stato fondatore della rivista letteraria “Pianura”, insieme con Sebastiano Vassalli, che la diresse, Giorgio Bàrberi Squarotti, Cesare Greppi, Roberto Mussapi e altri. Ha condiretto, prima a Milano poi a Roma, la rivista “Il cavallo di Cavalcanti” e ha collaborato a “In Limine”, redatta dall’Università di Tor Vergata. Collabora alla rivista “Mosaico Italiano”, edita dall’ Istituto Italiano di Cultura e dai Dipartimenti di Italianistica delle Università Brasiliane. Tra le sue pubblicazioni di poesia: Il passo della salita (Interlinea, 2007) e Il seme di un pensiero. Poesie 1964-2011 (Aragno, 2012), che ha vinto il premio “Sulle orme di Ada Negri”, il “Guido Gozzano”, l’“Arenzano-Rodocanachi”. Negli anni novanta ha vinto il Premio Cesare Pavese per l’edito e per l’inedito. I libri più recenti sono: Attraversamenti (Interlinea, 2018), Il Monviso e il suo rovescio (Ugo Mursia Editore, 2019), La guerra di Annina e i camminanti (Di Felice Edizioni, 2021). È presente in una quindicina di antologie poetiche. Sue poesie sono tradotte in francese, tedesco, rumeno e portoghese. Sono state discusse alcune tesi di laurea sulla sua poesia. Presentato dal critico e pittore Albino Galvano, per un decennio ha svolto attività di poeta visivo. Per il teatro ha scritto il dramma Il caso Molineri e alcuni monologhi.