La mia poetica è stata fino al 2013 orientata verso i problemi sociali, Allen Ginsberg, Juan Gelman e Luigi Di Ruscio sono stati i miei poeti di riferimento. Poi la vita in comune con Patricia Darrè, la lettura di alcuni testi di fisica quantistica di Carlo Rovelli, le poesie di Philippe Jaccottet, hanno ampliato la mia visione del mondo, facendomi comprendere che noi umani non siamo al centro dell’universo, ma ne siamo solo una piccola parte. Se se si ascoltano i suoni che abitano l’universo ci si rende conto che tutto l’ego che pervade il mondo dei poeti è abbastanza ridicolo.
Noi non siamo altro che voci, di un canto generale, ed è questo il senso del canto dei poeti. Siamo piccole voci nell’universo, un po come le cicale, che pero’, più sagge, non ambiscono ad un riconoscimento individuale. Il vero senso della poesia, secondo me, sta appunto nel canto corale, nella consapevolezza di essere una piccola parte del Canto Generale.
Poi negli ultimi anni mi sono accorto che il mondo della poesia militante, trascura valori come la bellezza, e allora mi sono dato alla lettura di Rilke, e poi ai poeti di altri mondi come Adonis e di qui alla poesia sufi. Infine ho scelto di leggere molta poesia femminile, che mi pare più pronta al cambiamento, all’accettazione di una rivoluzione del pensiero e del linguaggio. In questo sono stato fortunato, godendo dell’amicizia pluriennale di poetesse come Anna Maria Farabbi, Paola Febbraro e Loredana Magazzeni.
Prologo
Mia dolcissima sposa
non ho potuto fare il pane con parole fresche
perchè mancava l’acqua oppure la farina oppure il fuoco
mancavi tu e quindi non c’era tempo
allora stavo seduto con la mente
estasiato di te dentro di te
portando un mazzo di fiori appena fatti
che ho lasciato sul tuo fondo
I
ho fatto il possibile per avere una vita libera
un’innocenza clandestina
aderendo dopo le lotte armate di violenza
alle cospirazioni degli angeli
agli scontri nei vicoli di notte
tra giovani stregoni streghe schiavi e polizia
ho disegnato una geometria della passione
ma con il passo incerto e un po’ sperduto
del desiderio folle e marginale
voglio solo vedere ora quanto é lungo il vivere la morte
in questo amore che gocciola elisir da un magico alambicco
Dove sono i sogni dei poveri?
al piano di sopra o al piano di sotto?
Io non voglio granchè solo piccole indomabili eresie
mentre ti scrivo tra le tue righe nel solco profondo
delle tue mammelle.
Forse ho cambiato idea sai? Sull’incenerimento di me stesso
Vorrei piuttosto che tu mi attendessi fatto d’ossa
e poi fare di me degli strumenti a soffio per il vento
quando tira forte. Sarebbe la mia voce tutta nuova.
per te. Solo per te.
Epilogo
Nella mia piccola eternità tutto è cosi vero
e il sogno è un confine che mi segue
come questo dolore che mi chiama
ed esige una potatura dei ricordi
me ne sto nella mia pallida stanza
e vedo l’autunno come una liberazione
ogni foglia è una menzogna che cade
-ma poi che cosa resta-
Forse è una voce che mi tiene in vita
nel nuovo giorno in atto canta
la sua assenza che si fa sublime.
Marco Ribani è nato a Bologna nel 1943. Operaio, sindacalista, oste, operatore culturale e poi poeta. Ha frequentato la Libra Università dell’Autobiografia di Anghiari diretta da Duccio Demetrio e come docente ha poi condotto diversi laboratori di scrittura autobiografica.Ha iniziato a scrivere poesia a 50 anni, frequentando un corso della Università Popolare Primo Levi.
Ha vinto il premio Navile nel 1996 e Il premio Spina nel 1998. Ha creato e diretto la Piccola Editrice La volpe e L’uva, pubblicando, tra gli altri, le raccolte di Andrea Trombini, Elio Talon, Loredana Magazzeni, Alessandra Berardi, Donatella Ariotti e Paola Tosi. Sempre con la stessa editrice ha pubblicato due raccolte di poesie. E’ stato per molti anni organizzatore dei Lunedi del Montesino, serate di letture
poetiche tenute presso la propria omonima osteria. Attualmente vive in Francia, ospite della scrittrice e medium Patricia Darrè, che lo ha scelto come poeta residente e lo ha iniziato alla conoscenza di altre dimensioni, influenzando fortemente il suo pensiero e la sua poesia.
Un saluto affettuoso a te Marco, che mi hai aperto le porte della poesia e dell’umana comprensione. Leggerti è un dono.
Cara Daìta senza null’altro dire ti abbraccio.
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