CRASTOLLA LUCA DELLA POESIA DICE

La poesia, nel suo atto creativo, è per me sempre mossa dalla necessità di restituirci a qualcosa che intuiamo, ma che non si lascia raggiungere. In questo senso, la considero della stessa sostanza del desiderio di cui conosciamo l’oggetto a cui mira, senza comprendere cosa lo muova. Il desiderio è alimentato da un qualcosa che si è perso nel tempo: “lacaniamente”, l’oggetto agalmatico. L’agalma, nel simposio di Platone, è quell’oggetto prezioso e nascosto che spinge Alcibiade verso Socrate, il sapiente, colui che potrebbe restituirgli l’oggetto perso. Potrebbe: con Freud comprendiamo trattarsi di un oggetto che confusamente intuiamo, un oggetto caduto nel magma dell’inconscio: la restituzione non avviene senza resto. Platone, ci dice diversamente; Platone è figlio della fiducia ellenica che tutto possa essere definito.

Partendo da queste considerazioni credo che  la poesia sia sempre in rapporto con il sentimento di mancanza. La poesia, come il desiderio, non si possiede, né possiede il suo vero oggetto, l’oggetto che la mette in viaggio verso il segno. La poesia, come Eros, è non un dio potente, ma un dio mendicante, un dio sempre in cammino. Questo mio pensiero giunge alla conclusione di sfatare il mito della scrittura terapeutica: la scrittura non cura, ma svolge senz’altro una funzione consolatoria attraverso il movimento estetizzante. Accedere al bello – qui non inteso riduttivamente, alla maniera degli ellenici (non è più tempo di celebrare la simmetria e l’armonia, ma di guardare in faccia la disparità, la discrepanza, il precipizio) – ci può dare un provvisorio riparo e l’idea di una pur minima e transitoria padronanza.

Quanto ho tentato di chiarire è rintracciabile nei miei versi pubblicati nella silloge L’ignoranza della polvere (Controluna Edizioni, 2019), ma sempre torna ad affacciarsi nella mia poetica come un tarlo fondante. In parte si potrà toccare nei tre inediti che ho scelto e che ho in considerazione per la prossima silloge.

 

LA SUA POESIA CI DICE

da un cammino a Craco

quel che rimane: materia che cede
tempo immobile. D’argilla
scafandri di fantasmi. L’aspra serenità
di trovarsi allo smarrimento tra simili
serenità disordinate, faglie, calanchi:
un urlo; un’intera Giordania muta
nella vertebrata polvere di quattro rabdomanti
caduti nella questua dell’acqua. Madre
che dormi un sonno di mille anni
poi scuoti il capo e radi al suolo le mosche

*

pensi di dire. Lo pensi chiuso sul retro
E non lo dici, non lo dici che ai ripostigli:
il pensiero che cade nell’orecchio
pesa un tonfo doppio ora che tutti
sono chiusi in casa e quei pochi
stazionano davanti ai market spiaggiati.
Non si distingue colore nella resa:
chi ti ripone il carrello per il piccolo soldo
chi, col carrello, si aggira in un disegno d’aria
viziata: le priorità impreparate. E le insegne
smagriscono nei parcheggi una luce, una luce
una luce insensata e di larga elemosina.
Il sordo pandemonio al tempo del contagio
chiede cinque volte del bitcoin al primo posto di blocco

*

l’esordio torna, ci attraversa
non la comprensione che cade di lato.
Perdonate le paure, i rovesci delle paure
le forchette, a rembi dolci di fame
pedalano la fortuna sui volti.
L’urlo delle mani, il silenzio
ha occhi colmi d’acqua
Piovana la piccola morte
negli anfratti. Penetrazione, alito di schiusa
grappolo a grappolo.
Grappolo a grappolo, nella supplica dello sconcerto
si spegne il frastuono, lo stadio, le auto indirizzate
la geolocalizzazione del sangue

 

DICONO DI LUI E DELLA SUA POESIA

Giuseppe Cerbino,  prefazione alla silloge “L’ignoranza della polvere”.

Nei versi del poeta pugliese Luca Crastolla, avvertiamo la sensazione che nulla di certo ci possa arrivare dalla parola (…) il poeta risolve sempre il disagio in una bellezza plastica, mai definitiva eppure imperscrutabile .

La bellezza/è sempre fragile, io credo/la bellezza ha sempre la morte tra i seni.

Questi versi indicano la tendenza a un documento poetico che trascrive il binomio ormai proverbiale tra l’incanto e il concedo estremo. Solo ciò che non permane e decade racconta il fascino nel solo modo in cui si può mostrare: l’abbandono totale. Questo binomio è una seduzione a cui non rimane immune la poesia di Crastolla che dispone i propri oggetti in maniera inedita.

Federico Preziosi, nota a margine a “L’ignoranza della polvere”.

http://frequenzepoetiche.altervista.org/federico-preziosi-nota-a-margine-de-lignoranza-della-polvere-di-luca-crastolla/

Bisognerebbe prendere in considerazione l’immaginario di uno Jodorowsky in strade sterrate, cammini infiniti, oggetti abbandonati e riutilizzati, portati a nuova vita, infatuazioni carnali, arte povera al servizio delle parole per farsi un’idea della poetica (…). Il quadro che ne emerge è ben cementato nei contrasti di una ribellione spirituale che, in parte, sfocia in un singolare meridionalismo non espresso per via linguistica ma simbolica, temporale, spaziale. (…). In questa ribellione non vi sono toni guerreschi: qui è l’anima ad occupare perentoria il proprio spazio vitale delineando i contorni tra il reale e l’irreale, giocando col surreale e denigrando il pressappochismo dimorante fino ad arrivare a sfidare la comune percezione. Luca Crastolla è un grande camminatore attraverso le idee e le immagini, varca limiti per conoscere la casa, spalanca le altrui porte per accogliere l’estraneo, condivide e vive con esso rituali sacri e patti di sangue.

Gerardo Iandoli, recensione a “L’ignoranza della polvere” https://limeslitere.wordpress.com/2019/10/03/luca-crastolla-lignoranza-della-polvererecensione-di-gerardo-iandoli/

Si assiste a un viaggio al contrario, dove l’io, da uno stato nirvanico, cerca di tornare alla terra (…). L’io fragile è un io che risiede sul piano della pura possibilità: dal possibile, quindi, attraverso la parola, l’io cerca di realizzarsi (…), cerca di ripristinare con la comunicazione la sacralità della vita.

 

LUCA CRASTOLLA E I POETI “INFLUENCERS”

Ho tre nomi sempre con me. Tre voci dello smarrimento: Nadia Campana, Amelia Rosselli e Milo de Angelis. È con loro che parlo spesso.
Con Nadia quando il mio smarrimento cerca il conforto di una grazia anch’essa smarrita. Con Amelia quando mi abbandono all’esasperazione. Amelia non viene dall’asprezza della mia terra, dalle contraddizioni che la trafiggono, eppure la sua poesia me la rappresenta.
Con Milo quando i miei versi si fanno più pensierosi e cercano un ordine, una possibilità del momento.
A volte mi capita di parlare con più d’uno nello stesso tempo. Facciamo un po’ di confusione in questi momenti. Una confusione non distante dal nostro tempo, io credo.

In dono a Luca Crastolla e ai lettori di larosainpiù, di Milo de Angelis, da  Millimetri, Einaudi, 1983

Ma il pane nelle fermate
del terremoto non basta più
e il ladro ha
una scarpa sola.
Così sia. Nella testa
sbranata da una primavera
porge il latte a chi
l’ha posseduto e l’ha rotto.
Con tutti i denari, soffiando pari o dispari,
un capogiro tornerà
tra i ferri vecchi. Allora
noi donne lo daremo, alla luce.

 

Luca Crastolla nasce in Puglia quarantaquattro anni fa, ma i primi dieci lì vive in un paesino del Varesotto, al seguito dei genitori emigrati in Lombardia per lavoro. Torna nella terra delle sue origini nell’85. La Puglia, che sino ad allora era stata meta vacanziera e di affetti, manifesta così, all’improvviso, il suo volto più feriale e aspro di luogo incapace di emanciparsi dalla più vasta questione meridionale; e la questione meridionale diventa presto una questione personale.

Le difficili manovre di avvicinamento a questa terra dalla ricca tradizione culturale e civile, ma incapace – o impossibilitata – a mantenere con la sua gente le promesse di un cambiamento che non la snaturi, durano tutt’oggi.

Nel 2016, Crastolla affronta un cammino in solitaria che dalla Puglia lo porterà in Irpinia lungo trecento chilometri di strade sterrate.

Un cammino polveroso che, a testimonianza del tentativo mai arreso di appartenere al sud, Crastolla condurrà senza soldi, con tenda, sacco a pelo e poesie da barattare per cibo semplice.

La decisione di queste condizioni estreme, affonda, tra le altre cose, nell’idea di mettersi in balìa della vita per una pur piccola parentesi: una rivoluzione minima, intima, contro il mondo della pianificazione. Il mondo dato.

Quello con la scrittura è un rapporto informale e complicato iniziato a sei anni. Si può dire che Crastolla scriva da sempre e da sempre lontano dai luoghi dell’accademia.

Dal 2016 è membro di Versipelle, comunità poetica che attualmente conta ventiquattro autori virtualmente riuniti nel progetto Versipelleblog.

I suoi testi sono stati ospitati in diversi luoghi della virtualità tra cui Word Social Forum e Nefele (qui, anche una sua intervista a cura dell’“enfant prodige” della poesia Mattia Tarantino).

Nel 2017 compare nell’antologia Paesaggi liberi, raccolta di poesie contro la violenza sulle donne.

L’ignoranza della polvere (2018), edito da Controluna con la prefazione di Giuseppe Cerbino, è la sua prima pubblicazione.