Ho sempre avuto una certa difficoltà, o meglio, una certa ritrosia di fronte a qualsiasi dichiarazione di poetica che mi riguardasse. Forse perché lo ritengo un abuso, una barriera- soprattutto adesso- nella quale infingersi, nascondersi dietro una formula asettica, miope che nella sua ricerca di intenti nasce in partenza mutile cercando di dare un programma e un ordine a un qualcosa che preme e si muove libera: la poesia, appunto, per questo allora non esprimibile entro nessuna sintesi. Io credo, più semplicemente, in una parola e in un ascolto che sia al centro delle cose e del mondo, a partire dunque dalle dinamiche che ci determinano a noi stessi e agli altri. Soli non siamo nulla, mi ripeto e avverto continuamente. Soli non ci salviamo. E se la verità dell’uomo è nella condivisione, la natura e la forza di ogni vera poesia è dare dignità e racconto a questo vincolo fatto del medesimo respiro e del medesimo tormento. Io provo a muovermi in questa direzione, conscio della cura e dell’amore ma soprattutto della responsabilità che abbiamo negli accenti che andiamo a riporre nel percorso. Nessuna parola è neutra, nessuna musica: e la parola poetica ce lo ricorda ogni giorno traendo proprio da qui il suo germoglio principe. Lo sguardo nuovo che andiamo ad aprire, infatti, non deve incrinare la fede del mondo ma rinsaldarla, farla tornare alla luce proprio dove manca: nella carità e nella prossimità, là dove davvero noi solo siamo.
UOMINI
Ha pagato per essere amato-
per avere parola-
in quest’ansia che non fa respirare.
Ed ora versa acconti
perché qualcuno lo neghi
dentro un sonno che non ha rimanenze.
Saremo ricordati
per la corrispondenza dei crediti,
per i vetri appannati là dove ci sono le strisce.
*
RESTA
Resta nella casa che attende gli uomini
ora che l’autunno annunzia la polvere
e la misura è data dalla rimessa della luce.
Resta dove manca la chiave,
dove la finestra è sbarrata. Disponi i piatti,
prepara il calice per l’arrivo del pane.
*
LETTERE
per M.B.
Sappiamo che la vita finisce
e cerchiamo di farcela,
o così almeno ci scriviamo
ogni volta che qualcuno ci lascia.
Eppure, nella nudità dell’anello,
tutte le sere, sfilata la maglia
ci sorprende nel buio l’orrore di un amore
che non indovina più labbra.
Gian Piero Stefanoni nato a Roma nel 1967 ed ivi laureato in Lettere moderne, ha esordito nel 1999 con la raccolta In suo corpo vivo (Arlem edizioni, Roma) Nel 2008 ha pubblicato Geografia del mattino e altre poesie (Gazebo, Firenze) a cui son seguiti nel 2011 Roma delle distanze (Joker, Novi Ligure) e gli ebooks La stortura della ragione (Clepsydra, Milano) e Quaderno di Grecia (Larecherche.it, Roma).
Nel 2014 di nuovo per i tipi della Gazebo è uscito Da questo mare. Ancora in ebook è La tua destra (LaRecherche.it, Roma 2015), come il saggio La terra che snida ai perdoni (LaRecherche.it, Roma, 2017) ed Il calciatore è un fingitore (LaRecherche.it, Roma, 2019). Sempre del 2019 sono Lunamajella (Cofine, Roma) ed il diario di Terra Santa Al mût labben per la “Artcurel.blogspot.com” di Carlo Sarno per la cui cura, e sempre per “Artcurel”, nel 2020 è uscito Il dolore della casa, compianto per gli scomparsi per Covid.
In ultimo, di nuovo su blog, “La poesia e lo spirito” di Don Fabrizio Centofanti, il poemetto Il tuo sacerdote (2020).
Presente in volumi antologici, suoi testi sono apparsi su diversi periodici specializzati e sono stati tradotti e pubblicati in greco, maltese, turco e spagnolo oltre che in Francia e in Italia nel dialetto di aree romagnole, abruzzesi e sarde.
Già collaboratore con “Pietraserena” e “Viaggiando in autostrada” è stato redattore della rivista di letteratura multiculturale “Caffè” e, per la poesia, della rivista teatrale “Tempi moderni”. Dal 2013 sempre per la poesia è recensore di poesia per “LaRecherche.it” e dal 2014 giurato del Premio “Il giardino di Babuk- Proust en Italie”.
Tra i riconoscimenti per l’inedito ama ricordare i premi “Via di Ripetta” e “Dario Bellezza” entrambi nel 1997 e l’ultimo, sempre per l’inedito e nella sezione poesia religiosa di “Arte in versi” nel 2021.