poi cosa resta dopo essere stati spogliati.
Poi cosa resta dopo la notte che rinuncia alla prima casa del corpo lasciato cadere sul risvolto della terra sbalzata da antiche ombre sul precipizio a confine di un tempo che nasconde e in sé trattiene, dopo l’urto delle fronde, la pronuncia di una traccia franata su luoghi / di sangue più che sogno, come traccia è la voce dell’uomo che cede all’odore del legno, segnato e scorticato sulle spalle del vento mentre tuona la marea in direzione di Orienti, l’ultima raccolta di Elio Grasso, edita puntoacapo. Orienti che il poeta avverte in uno stare specifico di solitaria essenza con piglio di donna / e volta al mare fino a circondarsi per sfuggire alla minaccia del vuoto intanto che sulle alture s’incontra la timidezza del mondo rifratta nella profondità di una moltitudine d’acqua con tutto attorno il verde dei colli, ritorno e riparo dentro le nervature del Novecento, àncora di salvataggio e risucchio inevitabile laddove sono gli occhi a farsi custodi e condanna di una profezia resistente d’ogni oltre: oltremodo, oltremare, oltremonte, oltrevampa. Profezia che nel linguaggio trova causa e senso di sua malinconia. Una malinconia che odora consapevolezza della parola, ed è in questa consapevolezza che prende respiro la memoria per tornare interi nell’intero della verità nuda davanti alla terra / dove il mare si piega alle labbra e dalle labbra fors’anche la pioggia / richiede cura a misura di un equilibrio tonale che ricongiunga l’esistente nell’interrogativo risoluto di un andare che intenda, dell’origine, la folgore marcata nella luce di un secco dialetto necessario a rallentare la decomposizione del pensiero mentre la storia non si cura dell’immaginazione sperduta tra molecole amorfe dentro a uno spazio scontroso, lo spazio di un progressivo allontanarsi dalla consonanza gentile dello sguardo a nome di un violento prestarsi all’effimero del superfluo quando basterebbe avere solo il coraggio di insistere sull’Agnello.
Daìta Martinez
Cosa nasce dopo di noi, le api
sorvoleranno il filo del confine
portando la memoria
occasionali fedeltà alle cime degli alberi
e la consueta rovina delle generazioni.
Chi nasce dopo di noi sognerà l’oltremare
e forse le malattie spariranno,
mani straniere per antichissime rovine.
*
Tu salva gli amuleti, ricaccia l’inquietudine indietro, che forse non è così tardi. Le tue parole sono riposi rari fra la matita e le labbra. Nella tua campagna appari sui sentieri. Qualche decennio dopo, correggi le pietre.
*
Dal sollievo al sollevarsi, in ogni
gesto tuo rinveniamo la venuta
al mondo, certe volte una ballata
o conseguente elegia dov’era la strada
immutata dalla guerra, e forse le sirene.
Radicale, e pure morbida, l’ombra
rimane ai piedi del folgorato monte
non più lontana della vetta riunita
al cielo uguale di tutti, d’improvviso
schierato e posto nell’alto folto.
Elio Grasso è nato a Genova, dove vive. Tra i suoi libri di poesia: Avvicinamenti (Ripostes 1983), L’alleanza della neve (Laghi di Plitvice 1996), La soglia a te nota (Book Editore 1997), L’acqua del tempo (Caramanica 2001), Tre capitoli di fedeltà (Campanotto 2004), E giorno si ostina (Puntoacapo 2012), Varco di respiro (Campanotto 2014), Lo sperpero degli astri (Macabor 2018), Novecento ai confini (Campanotto 2021), L’angelo delle distanze (nuova edizione, Puntoacapo 2021). Nel 2015 il romanzo Il cibo dei venti (Effigie).
Traduzioni: E. Carnevali, Ai poeti e altre poesie (Via del Vento 2012), T.S. Eliot, Four Quartets (Raffaelli 2017, W. Shakespeare, 60 Sonetti (Raffaelli 2022).
Scritti sulla poesia: Anni di poesia. Recensioni e interventi 1985-2019 (Puntoacapo 2020).
Per molti anni ha lavorato nelle redazioni delle riviste “Anterem”, “Tracce”, “Steve”, “Arca”, “Capoverso”, attualmente è redattore di “Pulp Libri” e collaboratore di Puntoacapo Editrice.