20210415_202814La poesia è la scrittura che ho imparato andando a capo. La scrittura “scritta in versi”, che prosa non è, nonostante Baudelaire abbia insegnato come il confine tra le due forme sia meno preciso di quanto si possa o si voglia definire. La poesia è un incontro che non dipende da me. È un fuoco che arriva da fuori, attraverso l’intimo, o il pensiero. Non è fine a sé. Sono momenti di chiarità, di uscita dal tempo, di eterno, di verità: e un bisogno di capirli, di non dimenticarli, di contemplarli per come si offrono. Poesia, quando c’è, è dono immeritato, che viene e che va (e fa male, molto male quando va).

 

 

 

 

‘96

È morto prima di morire,
guarito un giorno per andare
avanti a morire un altro giorno.
E lì, bambino, ho saputo
della fine, che cosa è terra
e cosa Cielo: muore, mio padre,
prima di morire.

*

La collina che li aspetta

Molti dei padri non ci vogliono più andare
sanno la collina che li aspetta,
li rinutre, ma rimangono avvinghiati alle case
a guardare da vuoti balconi i parcheggi,
perdite d’olio su asfalti macchiati:
l’hanno dentro ancora, nelle loro preghiere –
loro da bimbi salivano al Cielo.

*

In un parco che nessuno conosce

Come due tuttora sconosciuti
ci prendiamo le misure, le aperture
alari delle gambe; certo
è difficile naturalizzare un abbraccio,
starci dentro e vedere che succede,
se qualcosa domesticamente
conviene.

*

Versi a Claudia

Sei già nel tuo nome zoppicante,
quasi nuvola in inglese –
è come se vestissi un lutto antico
che tieni nella festa e ti trattiene.
Hai la luce che vorrebbe ma rintana,
la luce che riprego sotto cielo.
E veronica risbuchi, primavera,
miracolo di prato che fora la terra,
l’inverno interminato.

*

Veroniche

La primavera è una pratica di lunghezze
di polmoni più aperti nel sole
sul laborioso procedere di tutto
occhi di madonna, materno
calore gonfiamento del ventre
sempre giorno sempre dopo
ogni sfascio rossastro
di tramonto.

2016

*

La casa visitata dalla mia fresca morte

Sono fermo, immobile
come immobili sono stati i miei nonni,
ne ricordo distinto il sorriso. Si dice
che si possa così partire, con un sorriso,
ma stasera soltanto mi vedo inanimato,
il mio uomo inerte. Non ho piaga né sorriso,
solo un mucchio di vuoti lasciati,
amori a meno di metà e un muro
di cose accumulate con adesso
chissà quale nuovo padrone.


Giorgio Casali è nato nel 1986 e vive in provincia di Modena. Laureato in Storia all’Università di Bologna, ha pubblicato i libri di poesia Attaccamenti (Albatros, 2010), Notte provincia (Edizioni clandestine, 2011), Poesie (edizione privata, 2012), Sotto fasi lunari (Incontri editrice, 2013), Diarietto cattolico (Giuliano Ladolfi editore, 2016), Domestiche abitudini (Edizioni Contatti, 2020) e Altre poesie (Convivio editore, finalista al Premio Carrera 2020).
Con il pittore Andrea Chiesi ha dato alla luce il catalogo d’arte 19 paintings 19 poems (Italian Cultural Institute of New York, 2014), dal quale è stato estratto uno spettacolo con la musica dei Divisione Sehnsucht. È uno dei centoquattro poeti dell’antologia Come sei bella (Compagnia Editoriale Aliberti, 2017) curata da Camillo Langone e dedicata all’Italia.