Dalla prefazione di Antonella Sbuelz
<< Lo sguardo dei poeti non ha palpebre, è stato detto.
È privo di filtri, orfano di difese.
Il poeta è destinato ad accogliere in sé il sublime e l’orrido, i voli e gli schianti, la luce e il buio, la bellezza e la sua deturpazione. E a subirne la continua meraviglia, i profondi sussulti, le risonanze impreviste, l’eco che si propaga e si dilata in un rilancio struggente di note.
Ecco: c’è molto sguardo – e sguardo di poeta – in questi versi di Massimiliano Bardotti. C’è uno sguardo che sfida l’opacità della nebbia. Uno sguardo che non solo anticipa la poesia – quale sua premessa essenziale – ma è già di per sé poesia, poiché è sguardo capace di cogliere gli anfratti meno visibili del reale, gli interstizi più fragili dell’essere, la marginalità di un’esistenza colta – e accolta – in tutte le sue espressioni e in tutte le sue sfumature … E poi c’è ricerca. C’è domanda inesausta. C’è luce. Una luce capace di fendere la nebbia con il rigore di una disciplina declinata talvolta in forza ascetica e capace di ridimensionare la soggettività lirica, piegandola all’umiltà e alla bellezza di una fusione panica con un tutto percepito e introiettato con attenzione incondizionata. E con gioia, consapevolezza, slancio. E ancora, semplicemente: con amore >> …
Vegliare si deve su ogni stelo
che sorregge un petalo solo
ora che cadere non ha età
e i nomi restano nomi, sulle labbra.
Necessario si fa, vegliare
per intuire il mormorio del gelsomino
che fiorisce di nascosto nel buio
ma non cela all’occhio sveglio sua bellezza.
Venuto è il tempo della veglia
per chi ha visto il mare gonfiarsi
e la pioggia scendere irruenta
i fiumi esplodere, il fango scorrere.
Abbiamo guardato gli occhi
dei padri oscurarsi giorno dopo giorno.
Li abbiamo visti diventare estranei al mondo
dirsi battuti.
Non è più tempo di restare sulla soglia
fra il seme intatto abbandonato sulla pietra
e quello sotterrato, che germoglia.
*
Averlo saputo fin da bambino
che certe lacrime non lavano i volti
si consumano lente
e non si può versare una goccia in più
della tristezza che ci è data.
La felicità invece
quella non ha proprio misura
ma di cose così, noi abbiamo paura.
*
Tutti siano benedetti
i baci che sorprendono gli occhi.
*
Signore, benedici mio padre
quella sua ostinazione a non sperare mai
mentre qualcuno lo guarda
anche se dentro canta.
Benedici quando si commuove
perché gli accade all’improvviso
e sottovoce.
*
Benedico il sonno, quando prende
e tutti torniamo bambini
che si sforzano di non dormire
e se sorpresi mentono, che gli occhi
erano chiusi per immaginazione.
Massimiliano Bardotti (1976) è nato e vive a Castelfiorentino.
Poeta, è presidente dell’associazione culturale Sguardo e Sogno, fondata da Paola Lucarini.
Pubblica tra gli altri: Il Dio che ho incontrato (2017 Edizioni Nerbini), I dettagli minori, (2018
Fara Editore) opera di poesia e prosa dal quale è stato tratto l’omonimo spettacolo teatrale
interpretato insieme a Viviana Piccolo. Diario segreto di un uomo qualunque, appunti spirituali (2019 Tau Edizioni). A marzo 2020, sempre con Fara editore esce Il colore dei ciliegi da febbraio a maggio, scritto insieme a Gregorio Iacopini e con la prefazione di Filippo Davoli e la postfazione di Isabella Leardini. Nel mese di maggio 2021 esce Idillio alla morte, scritto con Serse Cardellini. Il libro apre la collana poetica: Fuori Stagione, di FirenzeLibri, della quale Bardotti, Cardellini e Iacopini sono curatori.
A giugno 2021, per Puntoacapo Ed. esce La terra e la radice. Nel 2017 a Castelfiorentino dà vita a: LA POESIA È DI TUTTI, percorso poetico e spirituale, presso l’associazione culturale OltreDanza. Dal 2018 conduce: “L’infinito, la poesia come sguardo: Ciclo di incontri con poeti contemporanei” al san Leonardo al Palco di Prato.
https://www.ibs.it/disciplina-della-nebbia-libro-massimiliano-bardotti/e/9788860682383