Leggo e rileggo i versi di Daìta Martinez, dalla sua ultima raccolta nell’ora dell’aurora, editore peQuod. Sono una litania, un’invocazione; non raccontano una storia, vanno per assonanze, suggestioni, evocazioni. Provo a leggerli procedendo come bendata, percependo ciò che mi restituiscono, fermo il pensiero, non indago. Mi lascio coinvolgere. L’autrice prova nostalgia per un mondo unitario. Le sue parole sono una sfera dove il significante e il contenuto si toccano e non si dividono. Cerca l’estasi. Le sue parole sono un canto mediorientale che si perde nelle zone del cielo.

La poesia di questa autrice è un continuum quasi mai interrotto. A chi legge viene data la possibilità di pronunciare i versi in silenzio o ad alta voce, riceve sottilmente delle indicazioni. La grafica che ha scelto non è un elemento secondario, sembra far parte della sua poetica.

Influenzata, forse, dalla provenienza geografica dell’autrice collego la forma delle liriche alle decorazioni arabe – i rabbischi, in siciliano – così presenti anche a Palermo in palazzi, cattedrali, cappelle e non solo. La poetessa compone figure sulla pagina, le disegna con le parole (piccoli rettangoli formati da quartine, quadrati, colonne). Anche se sono racchiusi in uno spazio definito, gli arabeschi rimandano a qualcosa di più ampio, di fortemente simbolico. Inoltre, non hanno principio né fine – e Daìta Martinez non mette un punto alla fine di una lirica, o una maiuscola a segnarne l’inizio.

In quasi tutte le poesie di questa raccolta non manca l’accapo: è inserito poeticamente, è legato al loro ritmo. A pagina 43 del testo troviamo un testo privo di punteggiatura a esclusione delle spaziature particolari che non la sostituiscono, ma rivestono un senso anch’esse, assurgendo allo stesso status della parola: “perché timido è il regalare l’istante che sia ricordo e gioia da conservare e sapere che si allarga la mano sul mare  così nell’aria si sente…” La pausazione in quest’ opera è un respiro, è come la pausa in musica.
In questa lirica, prima di sospendere brevemente il flusso poetico Daìta Martinez lascia aperta una finestra con la congiunzione e (nel paragrafo successivo con “che”): “rosato è ora l’ovale dell’aurora / un nodo di fuga e d’incontrarsi / alzato il fiume corpo irregolare / dove imprevista la casa e dove / lei    senza testacuoretesta cade e

di nuovo cade cuoretestacuore / la luce delle sette nella settima / settimana di grazia e sua bocca  / a voce bassa la radica del cielo / il caldo pascolo sui fianchi che”.

Mi restano di questi versi altre impronte, le ricorsività tematiche legate alla terra, alla natura. Ricorre spesso il lemma “fiore” con tutte le sue varianti, anche inventate. Cito solo alcuni passaggi: “la donna senza testacuoretesta / infiora e si infiora lui la infiora” (pagina 15); oppure: “sulla collina del tuo tempo l’alba / come un paese di campagna fa la / casa che a breve fiora del silenzio”; o: “scoperto il paesaggio  i vecchi semi dal / nuovo sguardo  sulla mano del fioraio”. Altri termini di matrice non lontana affiorano qua e là dal testo, nomi di fiori (ciclamino, calendula, rosa, bucaneve, giglio, girasole) termini della natura (lucciola, seme, frutteto, ciliegio,  bosco, giardino, fiume, grano, firmamento, erba, foglia). Nell’insieme conferiscono alla scrittura una valenza ampia e intensa di vitale germinazione, un senso soave di crescita, in sintonia con il concetto centrale dell’aurora, individuato come fondamento dall’autrice, che lo pone nel titolo della raccolta. Tutto ciò che inizia, che nasce.
“nell’inciso / di un grembo bambino s’incatena / l’alba del frutteto.” Oppure: “la trottola del grano maturato sotto il / volto distratto dell’aurora”. O: ” “il firmamento e il vento offerto / venendo del perdono la collina / incontro al corpo addormentato / sul profilo dei nostri anni divisi / nell’ora dell’aurora e tutto cade”.

Il padre scomparso a cui è dedicata la raccolta è associato, quindi, a un universo che non muore per sempre, che non finisce. La poetessa è accarezzata da una nostalgia che è resa con delicatezza; la cara presenza/assenza è evocata con giri di frase che non sono composti soltanto al fine di una resa estetizzante: “quella volta di dicembre  / senza padre”; oppure: “negli occhi del padre la grazia / delle piccole parole che fanno il mare”. Oppure: “ l’insolenza dei ricordi rimessi a ogni / seno della luna caduta tra i fianchi di / martorana l’era bianca della bocca la / sua rivolta avvolta guancia del padre /e trema il tempo il bacio innamorato / di una figlia che tiene lui tra le ciglia”

Mi resta dopo aver letto quest’opera l’eco di una poesia unica e irripetibile, la traccia di una visita rispettosa e carezzevole a un mondo mitologico, ma di una mitologia personale, quella di Daìta Martinez e solo la sua, che la condivide con squisitezza con noi. 

Daìta Martinez, palermitana, ha pubblicato con LietoColle (dietro l’una), 2011, segnalata alla V Edizione del Premio Nazionale di Poesia “Maria Marino”, e nel 2013 la bottega di via alloro.  Vincitrice – sezione dialetto – del 7° Concorso Nazionale di Poesia Città di Chiaramonte Gulfi, è stata finalista, per l’inedito in dialetto, della 44° edizione del Premio Internazionale di Poesia Città di Marineo. Inserita nell’Almanacco di poesia italiana al femminile “Secolo Donna 2018”, edizioni Macabor, nel 2019 ha pubblicato la finestra dei mirtilli, suite poetica scritta a quattro mani con il poeta comisano Fernando Lena, Edizioni Salarchi Immagini, il rumore del latte, Spazio Cultura Edizioni, e nutrica, LietoColle. È vincitrice del Premio Macabor 2019 – sezione raccolta inedita di poesia – con pubblicazione, ‘a varca di zagara in dialetto siciliano. È presente in Anni di Poesia di Elio Grasso, puntoacapo Editrice, 2020. È stata finalista – sezione raccolta inedita – della 34° edizione del Premio Lorenzo Montano. Nel 2021 ha pubblicato Liturgia dell’acqua, Anterem Edizioni, e Le madri, raccolta di haiku accompagnati dalle acqueforti di Vincenzo Piazza, Edizioni dell’Angelo e nel 2023 Miros de mureOdore di More, con traduzione in romeno di Eliza Macadan, Cosmopoli Edizioni. È tradotta in francese, spagnolo, inglese e tedesco. Suoi testi sono inseriti in Contemporary Sicilian Poetry: A Multilingual Anthology, Italica Press, 2023.