Divagazioni d’inizio d’anno 1 e 2
1.
penso a tante cose
e tante cose sono ingiuste.
in questo micro/macrocosmo ingiusto
la geografia è fonte di fortuna,
il – casato – un’altra
e ognuno se li difende a denti stretti
a mali estremi: “io ti escludo
perché è sicuro! tu, escluderai me!”.
e la speranza … dove sei sparita?
vorrei tornasse uno sbaglio nel vissuto,
un gatto che cresce e coccola un criceto
tigre umana fratellanza e e dignità
indifferente a chi vuol nuocerl’e paura.
01/01/2012
2.
qualche mille e venti secoli di stili e malte
struttura fanno ai nostri muri.
a casaccio ammonticchiati sui però
blocchi gotico/neosismici e barocchi
costumanze e riti, e pesti ebree di rom e ‘700
raccolti e offerti poi, dai monatti sui barocci.
e le guglie in materiale riciclato,
cartapesta spessa, e collanti di bucato:
madonnine d’ottone,
bandierine di cartone
…
scendete dal piedistallo che crolla,
Caio Mario, fratello Cicerone!
‘ché il divo Toma* lancia strali
e Teresa** benedice a suon di spasmi
terremoti lesti a soppiantar – le nuove lune.
*San Tommaso D’Aquino
**Santa Teresa della famosa Estasi
03/01/2012
*
Viale Prenestae
A sorsi lunghi tante Menabrea e figli.
Reni sul muro e nell’aiuola pochi gigli.
Vivo i punkabbestia e il popolo dei nerd,
yuppie senz’anima and three-day beard.
Torri composite fasciate di paranchi
e cielo rosso a sera che se nuvolo dispera.
Vetri a schegge sul passo d’ubriachi
e sangue denso, da spuntoni a ciminiera.
La sera avrebbe molti altri ragioniamo
da raccontarci, se non fosse costretta
da grondaie, antenne quasi a falci e croci.
Sì! Amore mio, fuggiamo soli tra le voci
ch’è solo piano e mai giunger a una vetta;
né un’occasione provo e trovo a dirti: t’amo!
16/11/2011
*
Ballata per Carlo Levi
Secche e vaste e sparse
piantagioni malariche.
Poveri e vani filari
di fichi pruni e vespai
di cespi e piante arse
come polveri e scarse.
(Perso nel giorno è lo sguardo
sui colli.)
Se la pittura amplia e riduce
la fotografia cattura.
Lo scrivere pone
argomenti elenchi storie.
Ma chi guarda o legge ascolta,
apre mondi, di fuga …
Intravisto dagli usci di greto
il guardo dai gelsi di vetro
è argilla che digrada
oltre e dopo il salto.
Qui una Madre, miracolosa,
ha il viso e gli occhi di legno
scolpiti di eco e di segno
di una Cerere scura; vi si chiede
in grazia un’abbondanza
di braccia di uomo e di garza,
di America e fatica – chinino!
(E gli spiritelli Suoi sodali hanno
l’assemblaggio dello specchio quando,
tale umanità difforme
– sua natura di malanno –
si ritrae a far di conto,
negli antri bui del sonno
coi brutti sogni suoi …
dando vita ai Pan ed ai Satìri
con le vesti bianche dei bambini
mai nati o che cresciuti malandatati,
cacciati a via raminga,
a passi solitari)
Così scrisse l’uomo
– almeno per me –
ch’ebbe di sventura un dono
di streghe un cane un libro
– unico coro.
15/06/2011
——————————————-
“La mia poesia nasce da tutto ciò che mi piace: il paradosso, il surreale, il bizzarro, le piccole cose della vita e della natura e gli essere umani. Le prime tre hanno un’importanza più marcata, governano le altre due che costituiscono i soggetti della mia poesia. Infatti all’interno di queste due macroaree vado a ricercare e a ricreare proprio quei tre elementi.
Mi interessano particolarmente gli effetti, i teoremi e gli assunti apparentemente strani che la scienza umana produce, l’irrazionalità umana nello spiegarsi certe cose, le religioni, l’irrazionalità all’interno della scienza stessa, le ideologie economiche e socio-politiche in genere, i loro effetti imprevedibili, ancora la loro componente irrazionale e la loro possibile demolizione.
Mi interessano particolarmente, inoltre, la comunicazione, l’arte e la letteratura e insieme a questi, gli errori delle persone nel capirsi, il tema dell’indifferenza e dell’incomunicabilità in tutti i tipi di rapporto interpersonale, compreso l’amore.
Ancora, il tempo e lo spazio, le epoche remote e i luoghi esotici, le cose che ci possono apparire lontane, le cose nascoste negli angoli, solitamente tralasciate.
Stilisticamente, soprattutto negli ultimi tempi, vado sempre più alla ricerca di quello che potrebbe essere un mix di classico e moderno. Per quanto riguarda il primo, intendo l’utilizzo di espressioni vicine al lirismo e di forme poetiche che ultimamente sono andate in disuso come le rime e i sonetti. Per quanto riguarda il secondo, invece, intendo l’uso di linguaggio gergale, espressioni giovanili, fusioni linguistiche tra italiano e lingue straniere, cose che soprattutto nella poesia italiana, a mio parere, vengono lasciate da parte.
Posso dire, infine, che i “motori” della mia poesia sono la curiosità e il desiderio di libertà. Libertà di guardare il mondo e sé stessi sospendendo il giudizio in termini di bello – brutto, buono – cattivo, morale – amorale, felice – triste … almeno al momento della creazione poetica e nell’ispirazione/ideazione/scelta del tema.”
Fernando Della Posta è nato a Pontecorvo, in provincia di Frosinone e vive e lavora a Roma nel campo dell’”Information Technology”. Ha scoperto la poesia da pochi anni e come per Pessoa, anche per lui la poesia non è un’ambizione ma una maniera di stare solo. Molti suoi testi sono apparsi sul web, riviste e antologie. E’ redattore del blog di letteratura e poesia Neobar, http://www.neobar.wordpress.com/.
Ha partecipato con suoi testi al poemetto collettivo “La Versione di Giuseppe. Poeti per don Tonino Bello”, edito da Accademia di Terra d’Otranto, Neobar 2011.
La sua prima raccolta di poesie, “L’anno, la notte il viaggio” nella collana “Le gemme” edita da Progetto Cultura, 2011: http://www.progettocultura.it/le-gemme/379-lanno-la-notte-il-viaggio-9788860923875.html
Il suo blog personale, “L’anno e la notte.poesia”: http://versisfusi.wordpress.com/