Il sentimento barbaro
di Natalia Stepanova – La Vita Felice, 2014
nota di Rita Pacilio
La poesia è un accadimento che dovrebbe essere vissuto come un profondo atto di conversione e dedizione alla vita mettendo in discussione, pazientemente e continuamente, il proprio rapporto all’appartenenza religiosa, sociale, filosofica, politica, etica e culturale in genere. Natalia Stepanova, nel suo lavoro poetico Il sentimento barbaro, edito La Vita Felice, 2014, infatti, agisce la poesia in uno schema che pratica la nominazione delle cose nella rivelazione in cui traspare la continua ricerca dell’incontro con le tappe dell’esistenza. È così che le poesie stesse diventano pagine della quotidianità viva e vorticosa in cui il mondo è indiscreto e imprevedibile riapparendo, ogni volta, misterioso e spigoloso, ma sempre generoso e inarrivabile agli occhi di chi è solo e, nonostante tutto, corpo/unico che spera. Stepanova tratta le parole con partecipazione e gusto stilistico mettendo in risalto, nelle immagini chiare i dettagli naturali, e sentimentali che concentrano, esplicitamente, l’orientamento filosofico-concettuale della sua linea poetica. La poesia, per la poetessa russa, è un continuo sperimentarsi con l’incredibile vulnerabilità del reale. L’autrice si stupisce delle miserie umane, osserva la continua comunicazione tra lo spirito e la materia nell’evoluzione della memoria, legge lo smarrimento intellettuale dei figli del nostro tempo e il cammino esistenziale e intelligente dei poeti che cercano nella parola/immagine il visibile segreto di una essenza fuggitiva a cui ogni ambiente è sottomissibile. Non troviamo versi di retorica letteraria, altresì particelle di intensità e di levità poetica che spesso riportano alle letture di Cintio Vitier o di Marina Ivanovna Cvetaeva. La poesia e l’amore diventano l’asse sovrano e primordiale intorno a cui ruota la creatività e il dono incarnato dell’indicibile e del possibile: la natura, la vita, a morte, il tempo, l’amore, ogni dibattito poetico/filosofico si riproduce in termini liberatorio e catartico dando un volto all’identità della Bellezza tanto ben espressa da Charles Baudelaire e poi da Stéphane Mallarmé.
Il sentimento barbaro
Sarebbe cosa buona concedere
Al poeta straniero un vocabolo nuovo.
Sarebbe generoso riconoscere
Al cuore barbaro il sentimento.
Già i popoli antichi lo fecero per noi.
Il sangue della rosa scorre nelle vene
Del poeta straniero.
Neve
Il desiderio della neve è in me,
Del sentiero lindo che porta a casa,
Di fanciullezza rimane e stelle grandi.
Fermo è il fiume al guado di ghiaccio,
Dormono gli alberi di bianchi miracoli.
Il desiderio della neve rimane in me.
Tornare vorrei fanciulla nel sogno
Quando alla luce dei lampioni
Nella corte di casa scendeva la notte,
Quando – la neve a fiocchi e gaudio.
Villaggio all’uncinetto
Aveva fatto un villaggio intero all’uncinetto.
Iniziò con una tendina di merletto alla finestra
E continuò con la strada sterrata di palizzate,
Fino al cimitero. Ai morti lasciò del cibo e dei dolci.
Al ritorno fece i portoni di quercia e il monumento
Sulla piazza centrale, di un famoso poeta. Fece
Gli orti, gli ulivi, i meleti e le spighe di grano,
I campi mietuti al sole, la polvere spessa e calda
E i piedi dei bambini che vi correvano, giocando.
Fece anche un cane, un cane pastore da guardia.
Fece il bosco e i suoi alberi. E poi fece il tramonto.
Con uno scialle setoso coprì il fiume. Usò i fili di seta
Scura e qualcosa di rosso, non proprio scarlatto
Né porpora e fece qualche piccola ranocchia
Verdognola e snella e il suo gracidare monotono.
Sempre alla finestra, fece la notte e una scala
A chiocciola. Sospirando, posò l’uncinetto
E s’incamminò per la scala fatta poc’anzi.
Avevo una gonna rossa
Avevo una gonna rossa
Come scarlatta è una rosa,
Come un tramonto porpora,
Una gonna rossa, taglio a ruota.
Era una gonna assai vistosa,
La portavo come si porta
In dono un cuore,
Con trepidante cura e orgoglio.
E mi avevi amata come si ama il sole.
L’acqua del fiume raccoglie le voci:
«La rosa ha perso dei petali porpora!»
Nell’acqua del fiume cadono foglie.
Signore, quando peserai i cuori
So che ti ricorderai di me.
Oh, rose rosse, avevo una gonna
Di rosso scarlatto, taglio a ruota.
Natalia Stepanova, nata a Saratov, Russia. Vive e lavora a Roma dal 1972. Ha pubblicato due libri di poesia in lingua italiana. Interprete e traduttrice, ha tradotto in lingua russa, in collaborazione con E. Vaghin, il romanzo di Barbara Alberti “Gelosa di Majakowskij”. Varie pubblicazioni di sue poesie e di alcuni suoi saggi sono apparse negli anni sulle riviste italiane e russe. Ha ricevuto diversi premi per la poesia. Attualmente cura la rubrica “La Russia in versi” dell’edizione online di Russia Oggi.