Chòra
È intristito da un assedio
di nuvole il corpovoce del cielo.
Come fluirà ciascuna cosa
che da lì ha nascimento
nel nostro giorno?
_____________ Zolla nutrice
della gola prepara un ricettacolo
di vocalizzi, accendi cantilene
dove la voce è latte
e il latte quel cosmo smisurato
fatto a misura di petto
dove a succhiarsi è un giglio
_____________ una preghiera.
Chòra, spazio illibato, orma
che fa del generato il generante
guarda a viso scoperto il cielo
occhi innanzi agli occhi
e pronuncia il figlio benedetto
che si fa cosa
figlio ritrovato
certezza delle quattro stagioni
battezzato nel nome
della resurrezione dei limoni
arance e melograni
nel nome dell’audace passerotto
che per sete e ardore
becca croste alle nuvole.
Il sonnolento Pitagora ancora
percepisce musiche nel cielo.
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Chòra, usata nel Timeo di Platone, è lo spazio-impronta ritmico avanti la parola: presillaba, preparola.
Iside – Sophia
Lasciami parlare intanto che la lucciola
s’addormenta sul diamante del proprio fuoco
domata dall’astro zecchino.
_________________ In quest’ora,
il suo segreto sostiene la ciotola
della gola che fruttifica l’ala sacra.
In quest’ora,
_________ per un bacio sublime,
la creatura distilla l’estasi creatrice
trasmutando il veleno in nettare.
Si adagia sull’orma del respiro
lei Mater Matuta. S’immerge
intera nel mio Oceano rappreso, conchiglia
dell’ipogeo.
________ (È proprio il mio, grazia
o conquista?)
__________ Il dio delle semenze
lui solo architetto di filigrana aurorale
spegne le stelle celesti e accende
il fiore nel crocevia del petto.
Chiama a raduno tutti i rosacroce
perché un segno sia radice
dentro i pori.
_________ Dal ventre casto
immagine – metafora d’acqua lustrale
s’alza il serpente piumato a posare
un flauto sulla fronte, a cingere
del nome benedetto. Sono
pagina nuova di foglia per l’uomo,
le tempie, e reggono il passo del vento.
Solo con l’amore, cresciuto sul gemito
del giglio, l’occhio vede l’Essere
e il cuore si fa conoscenza di tutte
le aiuole, di tutti i fiumi dell’Eden.
Sophia, così, novella Iside spigolatrice
d’alchimie, e ancora Maria che porta
la consonante del fuoco come perno,
raccoglie ogni domanda come fiori
di campo e li rende in parola,
a te, En Soph, giaciglio di silenzio.
*
Oggi, Mater Matuta, canto
le acque del tuo corpo
immaginifico. Dall’alta sorgiva
mi giunge la rugiada
della fiamma – arcobaleno
che non fa fumo,
resina di melograni e gigli,
saliva del re notturno
che m’ha accaldato l’anima.
A sorso a sorso ti bevo
e mi disegni galassie in petto
e mi detti i segni delle erbe
e mi concedi stupore d’occhi
che leggono sinfonie di pietre.
Attraversami, nome di donna:
quanto grande è il germoglio
che ha succhiato la tua linfa.
Quando la soglia di un istante consente di cogliere e andare oltre quella fessura che immette al mondo ctonio della propria interiorità, spalancandone cieli e viscere, vengono scardinati i punti fissi, la pienezza prensile del materico.
In questa cosmogonia dell’intimo vi è la consapevolezza che l’invisibile, l’incorporeo, può essere percepito solo da ciò che è
invisibile, incorporeo, cioè dall’anima: da un cuore “sottile” che sa, che sente, che non domanda poiché già è depositario di risposte veritiere; un cuore che trasmuta la tridimensionalità visibile in un profondo invisibile vitale.
Qui, nel silenzio di questa immensità adimensionale, a parlare è il sogno in quanto immagine, e il simbolo in quanto medium con lo spirituale.
Il cuore si fa mente immaginale, per dirla con James Hillman, cioè immagine simbolica che intende l’essenza vitale e che agisce trasmutando l’individuo.
Così è che il cuore, che si nutre ed è sogno e simbolo vissuti,
fa della coscienza un tempio.
Nella scrittura poetica la visione immaginale, resina saliva sangue del cuore, impregnata del Logos Spermatikos, è generativa d’essere, abita la dimora dell’Animus.
Il versus riconduce e riconsegna all’originario: il poeta aderisce,
penetra, si consustanzia alla vita metaforica; il mondo della “realtà” trasmuta nell’immaginifico creatore, il fenomenologico valica nell’ontologico.
L’Animus è alchimista: conosce lo stato dell’Essere, è consapevole del soffio supremo spirituale; per questo nell’athanor – mandorla del Sé prepara le “sacre nozze”.
Nella camera nuziale, tempio dove gli opposti si riconciliano
sublimandosi in un continuum circolare, per sacra seminagione
esplode il processo autogerminativo.
Così il poeta – alchimista (il cui batticuore pulsa dell’Essere divino) tocca l’insondabile mistero delle acque primordiali, respira il soffio universo, abita il fuoco balsamico dell’Eros che permane e non si consuma, rivive il mondo in un’Immagine teofanica con altro occhio, con altro sguardo.
Al deus absconditus viene restituito quel respiro circolare infinito che ha il lucore dell’oro, che ha il suono vivente del Nome.
L’Amore si manifesta in Bellezza.
Ester Monachino è nata a Realmonte (Agrigento), dove risiede.
Ha conseguito la laurea in Filosofia e Pedagogia presso l’Università degli Studi di Catania. E’ insegnante.
Ha pubblicato:
• Foglie sparse (Roma 1975)
• Geometria d’un cigno (Catania 1979)
• L’orizzonte verticale (Forum/Q. G., Forlì 1980)
• Sentieri d’erbe (Bastogi, Foggia 1983)
• Le labbra (Scheiwiller, Poeti del Montale, Milano 1987)
• Inchiostro di papaveri (Il Vertice Libri, Gli eredi del sole, Palermo 1987)
• Eclisse errante (Firenze Libri, Firenze 1989)
• Alchimie di Realmonte (Ed. dell’Ariete, Siracusa 1992)
• Un rito di frumento (Piero Manni ed., Lecce 1998)
• Dedicato a… (AICS-Regione Sicilia, Agrigento 1998)
• Tra luce ed ombra il canto si dispiega (Ed. Ila Palma, Palermo 2002)
• Laiche recitazioni (Giano Ed., Roma 2011)
• Logos Spermatikos (eBook n.173, La Recherche.it)
• Damareta (Aletti Editore, Roma, 2016)
Ha curato la prefazione di diversi volumi in prosa e poesia; opera attivamente nell’ambito culturale.
Collabora a diverse riviste, settimanali e quotidiani con testi letterari e note di critica.
E’ inserita in diverse antologie poetiche e volumi d’arte.
Critici autorevoli si sono occupati dei suoi scritti.
Fra gli altri, nel 1986 ha vinto il premio “E. Montale” per l’inedito; nel 1998 il premio “E. Montale” per l’edito con il volume “Un rito di frumento”; nel 1999 il premio “Firenze” con il volume “Dedicato a…”.
E’ stata inserita nel programma dell’edizione del 1999 del Festivaletteratura di Mantova.
E’ stata discussa presso l’Università degli Studi di Palermo una tesi sulla sua opera dal titolo “La lirica di Ester Monachino: tra effimero ed assoluto”.
Tra le varie opere di critica su di lei l’ultima in ordine temporale del marzo 2008 è il saggio critico “La parola alchemica nell’opera di Ester Monachino” di Stefania Monachino, edizioni AICS.
Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e radiofoniche sia concernenti la sua opera sia in qualità di critico letterario; tra le altre ha focalizzato particolare attenzione sulla sua poesia, nel maggio 2009, la trasmissione “Inconscio e Magia – Psiche” (RaiDue).
e-mail: estermonachino@virgilio.it estermonachino@gmail.com