Il 2020 su Larosainpiù comincia con la poesia di Antonio Scotellaro, artista su diversi fronti, dalle arti visive a quelle musicali, passando per quelle letterarie. Piemontese di nascita, ma di origini pugliesi, ha viaggiato in lungo e largo, vivendo in diverse città italiane. Dopo diciassette anni dedicati ad organizzare mostre ed eventi culturali, Scotellaro torna alla poesia con “La comunione dei beni”, edito Pacilli edizioni, una raccolta di versi in cui racconta l’amore. L’autore ha reciso il libro in due sezioni: nella prima il tutto è centrato sulla famiglia nei rapporti tra coniugi, tra genitori e figli, affrontando il dolore per la malattia di una madre e la morte di un padre, la preoccupazione per le fragilità degli adolescenti o di un’amica. Ma è anche gioia per i fiorellini che crescono sulle mani di Vittoria. Nella seconda parte l’amore si tinge di rosso melagrana e l’innamorato si porta a casa “l’odore delle gambe” di lei. Gli arilli sono piccoli chicchi sgranati dal frutto dell’amore, un amore che diviene carnale, mantenendo intatta la purezza del sentimento. Diamo spazio alla poesia di Antonio

SCOTELLARO DELLA POESIA DICE

“Se sapessi cos’è la poesia, smetterei di esprimerla, di tollerarla, ma ho bisogno di questa strada impervia, di questa arroganza, del dubbio, delle tubature guaste, delle analogie dove si perde coscienza e bile, purezza e castità, dove si perdono i sensi. Di sicuro è una faccenda serissima, mai così imprescindibile quanto la vita. La poesia, in quanto arte, ti chiede in cambio la vita, chiede sangue. Ho imparato a convivere con Lei, a farmi amica la solitudine. E’ una presenza interiore ingombrante, talvolta un accidente. Rifletto sul mio fare, concretamente: la poesia è tutto ciò che non saprei esprimere altrimenti, tutto ciò che non riuscirei altrimenti ad essere. Credo sia nata con me, per lo meno si è rivelata con me, cordone del nutrimento e talvolta della rinuncia. Dove poi si nasconda la poesia, non saprei: nell’utopia, nell’eros, nella rivoluzione, nella sintassi? Certo è che nella poesia sono le parole che ci inducono all’errore. Cerchiamo parole, le usiamo come se fossero esche e Lei ci ripudia. Poesia è dolcezza, ferocia, insidia, è cura e malattia. Lo confesso: sono un disertore della facilità, sotto torchio rendo meglio, sono un disadattato delle pagine bianche, sono magma in cerca di ghiaccio e non ho bisogno di parole; per scrivere devo prelevare vita e sangue, amore e coagularmi in poesia. Ecco, questo è per me poesia: il mio modo di stare solo e ascoltarmi nelle voci che ho dentro; un collasso talvolta. Inesauribile la poesia, esauriti noi. Chiosa indispensabile alle mie divagazioni”.

LA SUA POESIA CI DICE

Da La comunione dei beni, edizioni Andrea Pacilli, 2020.

15 GIUGNO 1944

Merita tanta cura la sepoltura
per mantenerti ancora in vita
Ti cambio i fiori e l’acqua spesso
la mente sanguina
E’ tanto chiara la mia inutilità
nell’ordine complesso delle cose
delle persone matte
che ti parlano e ti chiedono
se stai bene dove stai!
Affogo solo nel pianto
busso a questo marmo
e t’imploro d’ascoltarmi
è tutto morto l’amore per i vivi

MI SONO PORTATO A CASA L’ODORE DELLE SUE GAMBE

Mi sono portato a casa l’odore delle sue gambe
Ci buttano fuori strada le curve di una donna
Ci espongono a precipizi incantevoli
Dopo un bacio
è tanta la creanza
è tutta curve tutta tornanti
Perdo il controllo del mezzo
C’è il brivido delle curve a gomito
Mi manda in visibilio la velocità del cuore
tutta quella emotività in un solo corpo
Imbocco il collo e prendo il raccordo
dietro i lobi le sue tangenziali nude
I vuoti sono mesti
immensi rettilinei le sue cosce
I vuoti sono voragini
si allargano orifizi
Ascendo i precipizi delle rotule
Dei tuoi inganni scriverò epigrammi
Berrei ora i miei magoni
li manderei giù con sorsi di cicuta
Ti prendo le natiche
perirò dolcemente e con furore
Le mie labbra cadono ai tuoi piedi

CADDI NEL POZZO DEI TUOI OCCHI

Era così fulgida la notte al molo,
era così quieta la baia quando attraccammo i cuori,
usciti a largo per la pesca di frodo degli amanti.
S’estinse ogni tenebra e fu magia.
Quelle stelle inchiodate da Dio,
scalpellate nell’ardesia
dove ci promettemmo eterno amore.
Mai procrastinammo attimo;
poco tempo hanno le storie
per finire a lieto fine.
Solcarono il mondo prima di noi
saraceni e greci.
Era deserto il borgo;
udirono la tua tosse i pescatori in mare.
Intrecciammo le mani.
Così rapace la luna nel mare;
ci concesse abbastanza lenza
prima che l’alba abboccasse
all’amo del rientro.
Poi caddi nel pozzo dei tuoi occhi
per raccoglierla e risalire
dentro il secchio pieno di pescato.
Eri così scossa dall’ardore del peccato
così intensa da rompere le catene.
Ma quale dio non perdonerebbe peccati all’amore?
Le falene bisbigliavano sotto il neon,
mormoravano i ciottoli risucchiati dalla risacca.
Nettuno irruppe dal mare
per cingerci i fianchi.

DICONO DI LUI E DELLA SUA POESIA

Cristanziano Serricchio, candidato Nobel per la letteratura 2012 note su Breviario Semantico, 20 febbraio 2004. “In un tempo in cui le parole sono rimaste inascoltate e la poesia d’impegno politico riguarda avanguardie e movimenti esauriti, torna a destarsi nell’animo dell’autore, non dimentico di “remote fanciullezze crudeli”, il desiderio di comunicare in un Breviario Semantico, colloquiale, ardito e a volte volutamente gergale, desideri, speranze, passione, amore della scrittura per combattere la propria battaglia esistenziale e far partecipi gli uomini un moderno messaggio d’amore e di umana solidarietà nel mondo. Antonio Scotellaro vuole riaprire il dialogo col mondo, ma più con sé stesso, forse anche con Rocco e i poeti che ama, per un atto autentico di liberazione: “e tu che non saprai mai perché predilessi i sassi alle rose, i naufragi agli agi, perché tacqui un silenzio difeso e rimescolato”.

Antonio Petrone, psicoterapeuta, psicologo, esperto di psicologia nell’arte su Breviario Semantico. “Il poeta Antonio Scotellaro è un bambino polimorfo destinato a vivere come nomade. Come in esilio. Si è in esilio non solo geograficamente, ma anche nei siti dell’anima. In lui parla più di altro il suo corpo. E’ vulcano in eruzione quando cammina senza sosta per ore, perso; i suoi passi sono pensieri che scalpitano, cammina come se volasse . E’ come il vento che s’infila, lambisce le superfici, i vicoli, topografico, sfiora i volti e li penetra, entra negli sguardi…

Tony di Corcia, giornalista e scrittore, nella postfazione di “La comunione dei beni”. “Diagnosi, terapie, agonie, lapidi. Così come Carol Rama riusciva a rendere accattivanti protesi e stampelle, così Antonio Scotellaro riesce ad incanalare la lezione del dolore nelle forme della poesia. Sarebbe suggestivo affermare che queste poesie testimoniano e celebrano un ritorno alla vita, ma si tratterebbe di un’imprecisione. Queste parole, guizzanti del rosso che i semi della melagrana usano per imbrattare le labbra e le tovaglie, sono il felicissimo ritorno di Antonio Scotellaro da un luogo che il poeta non aveva mai abbandonato completamente. Ci guardano dritto negli occhi le parole di Antonio. Ci imboccano con due mani: un cucchiaino di miele da un lato, uno di dolore dall’altro.. beviamo dal calice di un tulipano, deglutire queste immagini è meraviglioso… E se non fa male, se non provi dolore, se non viene a stringerti l’intestino con una mani, mentre con l’altra ti accarezza la nuca, non è poesia. Conoscono il loro compito e le loro parole, le parole di Antonio Scotellaro. Come giovani sfingi che nascondono un milione di anni, ci guardano negli occhi. E sostenere uno sguardo non è mai stato così piacevole”.

ANTONIO SCOTELLARO E I POETI “INFLUENCERS”

“Ho consigliato sempre la vita piuttosto che i libri. Ho letto interpreti indistintamente, prosa, poesia, saggistica; ne ho compreso il pattume e la vertigine. Una volta divorati, ci ripudieranno: mi hanno divorato e c’è stata una sorta di recrudescenza dell’abisso loro con il mio. Autori che mi hanno sparato in faccia la paura di vivere, indicandomi anche la possibilità di farcela. A quelli che mi hanno letto dentro, che mi hanno sovvertito la vita, la mia riconoscenza. Il colpo sempre in canna dell’inquietudine. Mi tengo stretti gli strapiombi miei e tutti i poeti che ho letto e che mi hanno fermato in tempo. I libri scritti bene che non dicono nulla non mi interessano. Oggi bucherei le gomme a tutti i poeti che escono dall’incubatrice. Non c’è nulla di speciale nell’essere poeta: è l’uomo che deve fare i conti con tutto. I libri sono naufragi; quelli con approdi sicuri, con il pilota automatico che mi scaraventano in tristi amplessi non mi interessano. Il mio invito alla lettura: Giorgio Seferis, Emily Dickinson, Wladimir Majakovskij, Jana Cernà, Renée Vivien, Berthold Brecht, Czeslaw Milosz, Jorges Luis Borges, Attila Jozsef, Dylan Thomas, Djuna Barnes, Ingeborg Bachmann, Wystan Hugh Auden, Rainer Maria Rilke, Anne Sexton, Silvia Plath, Vladimir Holan, Wislawa Szymborska, Marina Cvetaeva, Alda Merini, Derek Walcott, Octavio Paz, Amelia Rosselli e Maya Angelou”.

Ad Antonio, che ringrazio, e ai lettori di Larosainpiù proponiamo la poesia Fedeltà di Vladimir Holan (da Poesia del ‘900. Vladimir Holan. A tutto silenzio. Poesie, 1961 -1967, a cura di Vladimir Justi traduzioni di Vlasta Fesslova).

Ecco che cos’è fedele: il muro che si sgretola,
ma non è da solo in questo,
poiché si sgretola anche con la statua
che in cima reca…

Come dunque dimenticare
quello che accadrà quando l’universo
che è in fuga dinanzi a se stesso
si incontrerà con se stesso!

Antonio Scotellaro, Novara 1972. Studia al DAMS di Bologna, vive e lavora a stretto contatto con artisti, creativi ed editori. Art director, interior designer, curatore di mostre d’arte contemporanea, organizza masterclass, workshop e progetti culturali didattici anche per l’infanzia, grandi eventi, festival rock, esposizioni in musei, gallerie in Italia e all’estero. Giovanissimo esordisce come musicista, dedicandosi alla poesia e pubblicando a 16 anni “Il giardino appassito”. Seguiranno “Tragitti in sosta”, 1990, “Bassorilievi sentimentali” 1994, “Aerobica genetica” 1995, “Effimera Prosodia dei viventi”, 1996, “Breviario Semantico”, 2003. Ritorna alla poesia con “La comunione dei beni”, 2020