“In ira contro siepi di spade cerco una piccola poesia”
In questo verso di Fortini, io credo di ritrovare tutto il senso della poesia. La poesia che cerco e che voglio, è quella poesia che tenta di rivoltarsi allo sdegno che accompagna il disincanto, a cui la realtà indurita dalle “siepi di spade” sembra evolvere. Io vedo la poesia, come luce, urlata agli occhi ciechi di futuro, come forma di Bellezza che si impone sul niente che sovrasta.
*
sono il nero intero dei capelli rotto
da scampoli di luce di questa stagione
piena di parole che ne è muta
e muove giorni inermi
sono anime di pietra invisibili presenti
sono vicoli di freddo dove vivo perché vedo
come alito e respiro la chiarezza odiosa della luce
come muore in un abbaglio amaro.
*
penso all’isola greca nel grembo della poesia
e noi tra il sonno e il giorno
penso al tuo profilo generoso prodigio
e sei tra le colonne sorde
voce che mi hai strappato alle facciate ghiaccianti di sole
voce che si è gettata al seno caldo
di seme
un gorgo silente di brivido e di guerra
penso all’isola greca
e noi alzati salvi dal sipario delle nostre mura
le muse e i poeti
i figli della nostra fuga dove nascemmo vivi
su quelle pietre che chiamano alla storia
la voce delle cose
e dell’amore ché non si nasconda.
*
sono di pietra ma suonano su vetri cristallini i giorni
ci sferzano le luci
ma come muschi noi
noi in frescure buie
viviamo amanti umidi
ore delicatissime
e c’è una soglia calda nell’eco dei tuoi passi
un tempo che ritorna
una musica che sai
tu aspetta
aspetta che finisca quel viso di geranio
di uno scarno aprile
che mi sorride e parla ventriloque tristezze.
*
usami parola nuova nel vocativo
offriti voce spiovente
precipizio lettera maiuscola
formami poi lasciami
non tenermi tra le dita
con le dita brucia nelle piaghe
dove scudi e lance lunghe
combattono la tua fame antica
come l’uomo della storia
plasmami al modo conveniente
ché non mi veda informe
scala a chiocciola
disequilibrio trattenuto da una spalla
cui non piange più neanche l’assenza
apriti via chiara
sfonda il parapetto delle oltranze immobili
feriscimi di fogli sparsi e segni di matite
dove poggia coi gomiti pesanti la ragione
omicida della morte
che ti sbrana
che non ti vuole a pillole
ma a fiamme di elisir di lunga vita offriti parola nuova
stilla risanante per questi occhi fermi.
Sono nata, a Palermo, dove insegno nella Scuola Primaria.
I miei testi compaiono in qualche blog e sono stati presentati in occasione di alcuni incontri di letture poetiche, tenutisi nella mia città.
A tutt’oggi, la mia produzione poetica risulta interamente inedita.