Favolismo lirico nei romanzi di Franca Alaimo

Solo a Venezia la realtà è immaginazione e l’immaginazione è realtà. Solo qui, come ha detto Rilke, ci si ritrova tra cose indicibili.”

Con gli ultimi due romanzi decisamente atipici, Vite Ordinarie e La gondola dei folli, editi rispettivamente da Ladolfi (2019) e da Spazio cultura (2020), Franca Alaimo, poetessa di lunga militanza e critica, esordisce (dopo qualche approccio narrativo precedente breve) come narratrice straordinaria. Se Franca Alaimo nasce poeta, anche i romanzi si fanno parola dentro la poesia, in essi infatti sono presenti tutti i temi e le scelte poetiche e stilistiche che sono caratteristici dell’autrice. Non è facile delineare in entrambi i romanzi un vero intreccio, una trama forte e strutturata. La Alaimo preferisce ricreare ambienti, il senso di una mentalità, ricostruendo con attenzione, particolari, dialoghi, scenari, personalità, grazie al modo singolare con cui ha intrecciato tra di loro i diversi piani spazio-temporali della narrazione. Si crea così, attraverso una struttura espressiva, spesso espressionistica, (frutto della sua formazione artistica e storico-letteraria,) il ricorso sistematico alla memoria e alla deformazione fantastica, dove l’autobiografia costituisce uno dei momenti di più forte impatto con la realtà quotidiana. Nelle sue opere però quasi nulla è inventato: il suo universo narrativo nasce dalla memoria e dal bisogno di ricostruire gli avvenimenti e le figure della propria vita con uno stile intonato alla volontà di riprodurre i piccoli centri rivelatori, spie di un quadro più vasto. Vite ordinarie è in apparenza un romanzo di” memoria” in cui l’io narrante , la protagonista Giovanna, racconta la storia di un rapporto speciale con la cugina Nina, ma la storia si dilata alla famiglia che rappresenta un microcosmo di affetti e di quei riti familiari e domestici ( come i modi di dire più volte citate nel libro ) ‘ a so picciridda , una “ cartaredda i quacina”, tutti “sti fimmini nuri e si iddi sunnu svriuggnate, tu fissatu sì, fìssatu!”, riti consueti che accompagnano la morte ( il viavai di visite, i fiori, le varie manifestazioni di condoglianze) che costituiscono appunto il lessico delle famiglie, il loro linguaggio separato e segreto. L’autrice descrive, accumulando particolari e ricordi, senza dare un’interpretazione generale dei fatti e l’ottica narrativa coincide con lo sguardo di Giovanna che vede sfilare nella casa ospiti senza peraltro degnarli di un’attenzione privilegiata. La struttura formale di Vite ordinarie è organizzata in modo che ogni capitolo risulti autonomo. Questa apparente frammentarietà non comunica però al lettore un senso di estraneità, perché l’autrice ricostruisce i minimi avvenimenti con uno stile sempre privo di retorica o sentimentalismi. La Alaimo usa moltissimo la paratassi, una struttura a brevi frasi contrapposte, che coglie e rappresenta pensieri e riflessioni di tutti i personaggi. In apparente contrasto con questa scelta di semplicità e di “minimalismo”, Vite ordinarie è però un libro ricco di significati, che si presta a letture differenti. È infatti un libro di memorie e, allo stesso tempo, un romanzo realista: all’autrice interessava la vita all’interno delle famiglie, il comportamento dei figli, l’esistenza dei giovani sullo sfondo di una città e di un paese in profonda trasformazione, la strage di Palermo del ’60 durante il governo Tambroni e la contestazione studentesca del ’68. Emerge chiaramente dalle parole dell’autrice, l’intento realistico del romanzo “Ciascuno di quelli che ho incontrato era una storia e, qualche volta, più di una storia e le ho scritte per non dimenticarle”. Luoghi, fatti e persone sono, in questo libro quindi reali, ma i libri tratti dalla realtà non sono spesso che esili barlumi e schegge di quanto abbiamo visto e udito e forse, parte del significato del libro consiste nell’idea che la scrittura sia una possibile traversata verso una conoscenza umana, il cui ultimo volo resta comunque sfuggente anche alla più accanita ricerca. La Gondola dei folli è la storia di una ragazza adolescente e del suo papà, innamorato del ruolo di professore di storia dell’arte che traccia la strada della protagonista Franziska, una ragazzina di tredici anni, affascinata dall’arte e dagli artisti del passato. Nel libro, infatti, che può considerarsi una favola per adulti, convivono le due arti, la pittura e la letteratura mentre, i personaggi o sono tratti da alcuni celeberrimi romanzi della letteratura anche straniera o dai quadri altrettanto celebri che portano nel libro echi lontani e suggestivi. La scelta della favola non contraddice il gusto razionale dell’autrice perché la sua struttura narrativa obbedisce sempre a un ordine rigoroso che organizza perfettamente il mondo immaginario. Un po’ come, nella prefazione Giannino Balbis, i personaggi del romanzo presentano una fisionomia complessa, sospesa tra sogno e realtà, ma nella apparente libertà ed estrosità della fantasia, che il titolo, La gondola dei folli, indica con l’efficace semplicità di un sigillo didascalico, c’è però una radice acutamente intellettuale, un concetto filosofico e morale, senza il quale la vicenda non avrebbe avuto sviluppo. È sempre stato difficile per chiunque comporre realtà e fantasia assai più arduo comporre una fantasia al limite del surreale, quasi simbolica, con una realtà che scaturisce dall’immaginazione “La realtà è immaginazione e l’immaginazione è realtà”. Questo connubio costituisce il punto più alto e letterariamente più ambito della creazione, l’approdo ambizioso di un autore proprio per questo diverso da tutti gli altri. Nel raccontare una storia, l’imperativo resta sempre partire dalla realtà, dal dato storico-sociale e personale; sono poi il linguaggio, il ritmo, la qualità fantastica a operare la trasformazione grazie alla quale s’ intrecciano secondo altri legami, altri nessi, inventati da regole intellettuali piuttosto che dettati dalle leggi della casualità del reale. Ricordare equivale a scoprire” ciò che siamo da sempre” e cioè dalla nostra infanzia e mi piace pensare che l’esperienza narrativa di Franca Alaimo sia nata dall’esigenza di scoprire fino in fondo se stessa e quindi il proprio destino, pertanto, i temi dei suoi romanzi si possono ricondurre a una sorta di proiezione esterna dell’io che si trasforma in nuclei poetici simbolici. Non stupisce perciò se a fianco della Alaimo narratrice, c’è una Alaimo poeta e saggista, la quale, com’è noto, ha dato pagine lucidissime e note critiche che riguardano quasi esclusivamente la poesia.

© Maria Allo


Franca Alaimo vive a Palermo. Esordisce come poeta nel 1989 con Impossibile Luna a cui sono seguite altri diciassette libri di poesia, tra cui più recenti: Sempre di te amorosa (2013), Traslochi (2016), Lieto Colle Editore; e nel 2018 Elogi, Giuliano Ladolfi Editore. Sulla rivista digitale la Recherche, del cui team fa parte, la pubblicato quattro e-book, e ha al suo attivo una pubblicazione con Pulcino Elefante. Ha scritto cinque saggi sugli autori contemporanei: Domenico Cara, Tommaso Romano, Luciano Luisi, Franco Loi, Gianni Rescigno. È presente in numerose Storie della Letteratura italiana, in antologie di prestigio (Newton Compton, Aragno, Lieto Colle, Marcos y Marcos, etc…) e in riviste quali “Poesia” e “Anterem”. Ha tradotto dall’inglese due brevi sillogi del poeta irlandese Peter Russell. Ha scritto centinaia di recensioni sulle opere dei poeti contemporanei. Ha curato per Ladolfi l’antologia internazionale L’eros e il corpo. E’ presente sul sito Italian Poetry. Alcuni suoi testi sono stati tradotti in spagnolo, francese e tedesco. Un inedito è stato recentemente pubblicato sul settimanale “Panorama”. Tra breve sarà editato da Ladolfi il romanzo “Vite Ordinarie” e con le Edizioni Spazio Cultura il racconto lungo “La gondola dei folli”.